Come si diventa volontari della Protezione civile? Quale strada bisogna seguire per poter dare il proprio contributo, sulle scene di catastrofi e tragedie, all’interno del sistema strutturato di soccorso e aiuto? A chi ci si deve appoggiare, per essere di aiuto e non di intralcio? E poi, come ci si regola al lavoro durante le assenze per le missioni?
Ci rispondono da Roma, dal Dipartimento della stessa Protezione civile.
Primo step: iscriversi a un’associazione
La prima cosa da fare, obbligatoria, è iscriversi a un’organizzazione privata no profit registrata e riconosciuta, oppure a un gruppo comunale o intercomunale.
Le possibilità sono migliaia. Il consiglio è quello di orientarsi in base alle proprie competenze, alla vicinanza alla propria abitazione, alla specializzazione operativa dell’associazione e all’ambito territoriale di intervento, che può essere locale, regionale, extraregionale, esteso a tutto il territorio nazionale e all’estero. Nella sola Lombardia le associazioni tra cui scegliere sono 894 e operano nei settori più disparati, dal soccorso alpino ai servizi antincendio, dagli interventi in cave e grotte alla rete di comunicazioni via radio. Bisogna però avere almeno 18 anni, essere in buone condizioni fisiche e possedere “requisiti di moralità, affidabilità, buona volontà e disponibilità”.
I recapiti di associazioni riconosciute e gruppi cui iscriversi si trovano online, partendo dal portale www.protezionecivile.gov.it., dal quale si arriva anche ai siti regionali e agli elenchi territoriali. Informazioni vengono fornite pure dai singoli comuni.
Secondo step: seguire il corso di formazione
Il passo successivo è l’addestramento, che avviene con corsi di formazione ad hoc ed esercitazioni periodiche. Le prestazioni, in caso di chiamata e attivazione nei luoghi di intervento, sono gratuite. Ma per i volontari, così come avviene per i donatori di sangue, ci sono una serie di garanzie.
Le associazioni e i gruppi di riferimento devono stipulare una assicurazione.
Al lavoro come si è tutelati?
I lavoratori dipendenti, pubblici e privati, hanno diritto a mantenere l’impiego e la retribuzione base. Il datore di lavoro paga loro lo stipendio durante i periodi di missione e poi chiede il rimborso alla Protezione civile.
Quanto ci si può assentare per le missioni?
I volontari di Protezione civile possono essere impegnati al massimo per 30 giorni consecutivi, anche se nelle situazioni più critiche e pesanti a volte i turni sono meno lunghi. Il tetto annuale è di 90 giorni complessivi. Per le emergenze gravi i tempi raddoppiano. Anche per i “civili” è previsto l’utilizzo all’estero, come è successo ad esempio dopo il terremoto in Nepal. Occorre avere le specializzazioni richieste dallo scenario. Cambia la “regia”, non più italiana, ma europea.
Servizio civile e pompiere volontario
Un’altra possibilità di partecipazione agli interventi strutturati di Protezione civile è offerta, per i giovani, dal servizio civile (www.serviziocivile.gov.it). Un’altra ancora, se si hanno meno di 45 anni, è quella di diventare vigile del fuoco volontario (www.vigilifuoco.it).
I gruppi spontanei
Poi nulla vieta di impegnarsi al di fuori delle strutture organizzate , in modo spontaneo, sganciato dalla “macchina” ufficiale dei soccorsi. Il rischio è di essere tenuti lontani dalle zone rosse e di essere considerati d’intralcio, più che di aiuto. “I volontari – è il messaggio ripetuto in questi giorni dal cratere sismico – devono essere preparati e organizzati. Altrimenti non servono e aggiungono problemi, anziché risolverne”.
Per le reti informali e spontanee in genere si passa dai social. Un esempio? Le Brigate di solidarietà attiva, nate nel 2009 per prestare aiuto alle vittime del terremoto a L’Aquila, contattabili via Facebook.