Tempo di Invalsi per gli alunni della scuola primaria. Da giovedì scorso (3 maggio) 561.770 bambini delle classi seconde e quinte devono affrontare le prove elaborate dall’Istituto nazionale per la valutazione del sistema d’istruzione. Un quiz? Un test? E soprattutto come viene fatto e a cosa serve? Si può essere a favore o contro l’Invalsi ma una certezza che unisce tutti è che non sempre i genitori hanno compreso di cosa si tratta.
Che cosa sono le prove Invalsi
Partiamo dal principio. L’Invalsi è stato introdotto in Italia con la Legge 176 del 25 ottobre 2007. Lo scopo della prova è quello di valutare i livelli di apprendimento in italiano e in matematica e da quest’anno anche in inglese degli studenti in modo da avere una fotografia dell’efficienza del sistema formativo italiano ed evidenziarne le criticità. Si tratta di una valutazione esterna ed oggettiva, standard per tutto il territorio nazionale.
A cosa serve l’Invalsi
È sbagliato, pertanto, pensare che l’Invalsi serva a misurare la capacità di insegnamento di un insegnante o le abilità di un singolo bambino.
Invalsi, infatti, non misura tutto ma solo alcune competenze in italiano, matematica e inglese, appunto. Altre capacità come quelle della comunicazione verbale o quelle affettive e relazionali altrettanto importanti per lo sviluppo di un alunno non sono valutabili con una prova che è necessariamente a tempo.
Le prove Invalsi nelle varie classi
Alla primaria dove si fanno ancora su carta (alla secondaria di primo grado sono al personal computer dal 2018) giovedì 3 maggio si è tenuta la prova d’inglese per la quinta che ha riguardato le competenze della lettura e dell’ascolto. Dalle 9 alle 11,15 con una pausa di 15 minuti i ragazzi hanno svolto il test. Il 9 maggio le classi seconde e quinte svolgeranno la prova di italiano e l’11 toccherà alla matematica.
La prova preliminare di lettura per i più piccoli ha la durata di due minuti: un test che prevede la lettura di una parola e la scelta della figura corrispondente. Ai bambini di sette anni viene poi letto un racconto e devono rispondere a delle domande con una crocetta nel quadratino in modo da verificare la comprensione del testo. Un test con domande a scelta multipla semplice o complessa e a risposte aperte dove lo studente deve formulare lui stesso la risposta.
Così anche in quinta i ragazzi in genere hanno due testi da leggere e una serie di domande a risposta aperta e chiusa per misurare le competenze di lettura ma anche quelle grammaticali. Il tutto con dei tempi ben precisi da rispettare per ogni prova: la prova di italiano in seconda ha la durata massima di 45 minuti senza le pause e il tempo per la consegna; quella di italiano in quinta ha a disposizione 75 minuti.
“Le domande – come spiega l’Invalsi – per le prove in seconda e quinta sono incentrate su punti nodali per la ricostruzione del significato del testo. In particolare indagano quei punti che possono rappresentare degli ostacoli alla comprensione dei testi che possono annidarsi a livello lessicale o sintattico oppure al livello della strutturazione logico- concettuale. Le domande richiedono la messa in atto di operazioni cognitive e la riflessione che concorre a sviluppare le capacità di connettere, analizzare, indurre e dedurre”.
I risultati dell’Invalsi e l’elaborazione dei test
I risultati di queste prove vengono poi trasmessi dall’Invalsi ad ogni singola scuola che li presenta ai docenti. Anche le famiglie li possono vedere, anche se spesso serve una laurea in statistica per comprenderli.
Resta una domanda tra le tante: chi pensa all’elaborazione dei test? Non certo gli insegnanti dei nostri figli. Il lavoro di preparazione delle domande è affidato a 200 autori selezionati tra docenti e dirigenti scolastici appositamente formati dall’Invalsi, affiancati per gli aspetti metodologici da ricercatori dell’Istituto e da università nazionali ed internazionali.
Esercitazioni pre-Invalsi: sì o no?
Un’ultima questione: molti bambini prima delle prove ufficiali per mesi a scuola fanno delle esercitazioni ai test Invalsi. Va detto che non sono assolutamente obbligatorie. L’istituto nazionale Invalsi chiude gli occhi ma non è per nulla favorevole a questo “addestramento” che spesso viene fatto proprio da quegli insegnanti che pensano che i test servano a giudicare il loro lavoro e non il sistema d’istruzione del nostro Paese.