La casella mail che si riempie al solito ritmo, ma di eventi cancellati. La ressa dei primi giorni di Fashion week milanese, quando l’argomento principale era l’assenza della stampa cinese, che lasciano il posto alle prime sfilate a porte chiuse di cui io abbia memoria. Le chat di classe che annunciano la chiusura di scuole e attività pomeridiane. E la forzata presenza dei bambini a casa che costituisce un problema solo per pochi minuti, il tempo di ricevere una comunicazione dalle aziende di mamma e papà: chi può lavori da casa. La certezza è che stiamo vivendo qualcosa per la prima volta. Fuori c’è il sole, un anticipo di primavera. E noi, improvvisamente, abbiamo il tempo per farci accarezzare dai suoi raggi.

«Non si può bloccare la vita contemporanea, il mondo globalizzato di oggi fatti di spostamenti di persone, scambi commerciali, immediatezza» dice la nostra esperta Barbara Gallavotti. E lo ripetono in tanti, stimando le perdite quotidiane dovute al blocco di attività e fabbriche. Eppure è proprio quello che sta succedendo. E visto che sembra essere l’unico modo per contenere un’epidemia, non particolarmente pericolosa, ma che potrebbe danneggiare i più deboli e mandare in tilt il sistema sanitario, forse il modo giusto di viverla, per noi che non siamo in prima linea negli ospedali e nei servizi di assistenza, è fare prove tecniche di “downshifting”. Termine inglese che sta per “scalare di una marcia, rallentare”, arrivato poi a significare “la scelta di uno stile di vita meno faticoso e più gratificante, attuata riducendo l’impegno dedicato all’attività professionale e la rinuncia a una carriera economicamente soddisfacente”.

Non è questo il caso, perché non si tratta di una nostra scelta e in capo a pochi giorni torneremo alla vita di prima come nulla fosse. Ma vale la pena di ragionarci su. Cos’è che ritenevamo fondamentale alla nostra felicità, la cui assenza non ci turba particolarmente? Inizio io. Viaggiare, una delle mie ragioni di vita. Dovrei partire tra qualche giorno, non so ancora se potrò farlo, ma so che il pensiero di rinunciare non mi sconvolge come immaginavo. Piccola scoperta da tenere a mente. Provate a chiedervelo anche voi: magari scoprirete di poter fare a meno di un buon vino, di una cena fuori.

Cos’è invece all’origine dell’inconfessabile e colpevole felicità che proviamo adesso? La prospettiva di avere tempo. Da dedicare alla lettura, ai progetti, alle passioni. Sono anni che la tecnologia ci fa guadagnare tempo, che di rado valorizziamo e che di solito non è sincronizzato al tempo a disposizione di chi amiamo, come succede in queste ore. L’occasione che abbiamo è di capire cosa ci rende veramente felici. E far sì che esso ci liberi dalla trappola delle finte necessità.