Non c’è niente di così istintivo e animale come l’olfatto e gli odori. Nel mondo digitale, immateriale e iper tecnologico in cui siamo immersi, gli odori e la loro fisicità sono capaci di farci sentire ancora vivi e palpitanti. In tanti casi, di rimbalzarci all’indietro, in un viaggio nel tempo intimo e solo nostro, che ha la capacità di aprire in un millesimo di secondo le finestre più arcaiche della nostra memoria. Basta annusare per esempio un oggetto che rimanda alla nostra infanzia per essere all’improvviso lì, in quel luogo e in quel preciso momento, cristallizzato nel tempo, come quando per esempio abbiamo iniziato a scrivere con la penna stilografica o abbiamo letto il nostro primo giornale. A raccontarlo per la prima volta fu Proust nella sua Recerche, nel celebre episodio della Madeleine inzuppata nel tè.
L’importanza degli odori nella nostra memoria
Proprio come potrebbe presto accadere a noi, alle prese non con una medeleine ma con gli odori di oggi, destinati a scomparire, a perdersi nel fiume del tempo. Ci sono infatti molti odori che ancora appartengono al nostro quotidiano ma che presto non sentiremo più. Tutti noi abbiamo sicuramente una lista personale, basata sulle nostre esperienze di vita, ma per averne una collettiva e ufficiale scomodiamo Bernardo Fleming, scent designer dell’IFF – Global Creative Center, colosso nel campo dei profumi, food e ricerca, che lavora per le multinazionali basandosi su tendenze di mercato, demografiche, economiche, stili di vita, creando essenze a livello mondiale. Interroghiamo l’IFF perché questa struttura ha collaborato in forma no profit a Odeuropa, un monumentale progetto europeo per creare il primo archivio degli odori della nostra storia. Odori perduti, da recuperare per non perdere la memoria collettiva, ma soprattutto per offrire alle persone esperienze immersive, per esempio nei musei e nelle visite culturali.
Questi odori scomparirannno
Presto tanti nostri oggetti odorosi diventeranno un ricordo, e magari entreranno nel patrimonio olfattivo mappato da Odeuropa. «Prima di tutto la carta dei quotidiani e dei libri, quell’odore inconfondibile che oggi ci dà ancora così tanto piacere, ma che già non fa quasi più parte delle nostre giornate» inizia Bernardo Fleming. «Poi l’inchiostro delle penne, il diesel delle automobili e dei motorini». Già, i motorini: se pensiamo a quell’odore, a quando giravamo l’acceleratore del Ciao e ci sentivamo libere e padrone del mondo, è un attimo tornare ai nostri anni Ottanta e a quel preciso momento in cui il motorino l’abbiamo preso per la prima volta. «E che dire dell’odore della cipria, del talco e della pelliccia? Tutti “lussi” che hanno cambiato volto, trasformati dall’evolversi del costume, dai risultati delle ricerche, dalle sensibilità oggi così diverse. Vale anche per l’odore dei sigari e della pipa: chi li fuma più?». Tra tutte queste essenze, alcune ci sorprendono davvero: «Presto la plastica sparirà, e anche il suo odore, così tipico, come quello del cotone naturale, e pure il profumo del pompelmo, destinato a essere cancellato per la diminuzione della biodiversità» prosegue Fleming.
Gli odori perduti della nostra vecchia Europa
Per quanto tutto ciò sia molto romantico e nostalgico, dobbiamo dire che fa parte di un processo naturale, legato all’evoluzione della memoria olfattiva collettiva, a sua volta agganciata ai cambiamenti delle culture e delle società. Memoria che il progetto Odeuropa ha appunto cercato di ricostruire, grazie a un team di 30 persone di sette Paesi tra ingegneri informatici, linguisti e ricercatori. Ci spiega Inger Leemans, professoressa ordinaria di Storia culturale all’Università Vrije di Amsterdam: «Abbiamo mappato negli archivi di biblioteche e istituti culturali europei più di due milioni e mezzo di fonti (quadri, testi scientifici, ricette, testi letterari) istruendo l’intelligenza artificiale a riconoscere immagini odorose nei testi. Il risultato è stato creare un database, Smell explorer, che può essere interrogato usando l’olfatto come chiave di ricerca, proprio per ricercare gli odori perduti». Il progetto ha portato anche alla creazione di Olfactory Storytelling Toolkit, una guida scaricabile pensata per musei e istituzioni che vogliano costruire itinerari olfattivi (scaricabile su odeuropa.eu).
Il trend degli odori perduti e che scompariranno
Gli itinerari olfattivi sono uno dei trend del futuro, che inseguono il desiderio collettivo – individuato da analisi di mercato sofisticate – di cercare esperienze sempre più immersive. Gli odori e i profumi, quindi, anche quelli perduti, saranno sempre più protagonisti nella cultura e nel tempo libero ma anche nei consumi. Ce lo spiega Bernardo Fleming: «Basta guardare i giovani e il loro bisogno di esperienze immersive, cioè di calarsi con tutti i sensi in ciò che stanno guardando e ascoltando. La loro non è noia ma proprio il desiderio di un’iperconnessione che sia prima di tutto sensoriale».
Gli odori (buoni) fanno vendere di più
La stimolazione dei sensi non può che partire dall’olfatto, il senso primordiale, oggi forse il più dimenticato. Non dal marketing, però, che lo sta riscoprendo per offrirci – a noi consumatori – esperienze olfattive, in grado di farci, appunto, consumare di più. Secondo la rivista Commerce Magazine, la semplice presenza nei punti vendita di profumi si traduce in un aumento del tempo di permanenza all’interno del negozio del 16 per cento e una crescita delle vendite medie dal 10 al 20 per cento. E le persone intervistate dopo essere state in una stanza profumata con la fragranza al limone sono il 14,8 per cento in più inclini all’acquisto rispetto a quelle intervistate in una stanza non profumata. L’abbiamo sicuramente sperimentato tutti, quel senso di benessere e appagamento che si prova entrando in un negozio profumato. Ecco, dietro a questo ci sono studi e analisi, dati e obiettivi di vendita.
Perché gli odori riportano al passato
Forse un po’ spoetizzante, per noi che veniamo catapultati nel profumo immacolato dell’infanzia semplicemente annusando il profumo diffuso in uno store. In realtà tutto questo ha una base scientifica solidissima, come spiega la BRF, Brain Research Fondazione Onlus. Accade per la struttura anatomica del nostro cervello, dove il sistema olfattivo è vicino alle strutture che elaborano le emozioni, come l’amigdala, e la memoria, come l’ippocampo. In pratica, le sensazioni che proviamo mentre annusiamo un odore vengono “archiviate insieme“. E così, mentre annusiamo, categorizziamo l’odore ma allo stesso tempo creiamo la nostra memoria autobiografica olfattiva che sarà recuperata quando sentiremo ancora quello stesso profumo.
Infiniti gli odori della memoria olfattiva individuale
L’odore di un piatto, di una pianta, il profumo che indossava la nonna, l’odore della risacca, della terra bagnata dopo la pioggia, della polvere sollevata dal vento in una giornata di bufera: sono infiniti i profumi e gli odori legati alle nostre esperienze di vita. Odori che sono parte di noi, e che a volte con molta fortuna ci capita di ritrovare nelle nostre giornate, all’improvviso. E ci succederà anche tra qualche anno, quando ci sorprenderemo ingrigiti dal tempo ma istantaneamente giovani e vitali appena qualcosa ci ricorderà l’odore del giornale e dell’inchiostro con cui abbiamo iniziato a leggere e scrivere nell’abbecedario della prima elementare.