Dall’anno scolastico 2013/2014 la presenza di studenti stranieri in Italia registra una crescita più contenuta con un aumento massimo del 2,2% rispetto all’anno precedente. È quanto si evince dall’Indagine sull’integrazione delle seconde generazioni pubblicato dall’Istat che focalizza l’attenzione sugli studenti stranieri delle scuole italiane secondarie di primo e secondo grado.
Il contenimento, segnala l’Istituto, è dovuto principalmente alla diminuzione dei flussi migratori in ingresso dal 2011 e all’acquisizione della cittadinanza italiana da parte di molti studenti di origine straniera, che non vengono più conteggiati come stranieri nelle statistiche scolastiche.
Studenti stranieri in Italia: la distribuzione geografica
Al fine del monitoraggio, l’Istat ha stimato per la prima volta la popolazione scolastica con background migratorio, includendo cioè sia gli studenti stranieri che quelli diventati italiani. Nell’anno scolastico 2019/2020, gli studenti stranieri rappresentavano il 12,6% della popolazione scolastica totale. Il 32% del loro (264.000) aveva ottenuto cittadinanza italiana con una distribuzione del 3% nelle scuole primarie, del 3,6% nelle scuole secondarie di primo grado e del 3,5% nelle secondarie di secondo grado. Dal punto di vista geografico la presenza di nuovi cittadini era concentrata nel Nord-ovest (40,1%) e nel Nord-est (33,3%), con una quota minore nel Centro (18,3%) e al Sud (8,3%).
Quando lo studente straniero «pensa» in italiano
Un aspetto interessante del rapporto è che il 78,5% degli studenti stranieri pensa in italiano, con una forte correlazione tra l’età di arrivo e la competenza linguistica. Lo fa l’84,1% degli studenti nati in Italia o arrivati in età prescolare; il 70,3% di chi è arrivato nel Bel Paese tra i 6 e i 10 anni; il 49,3% tra chi è arrivato dopo gli 11 anni.
![Studentessa straniera in Italia](https://www.donnamoderna.com/content/uploads/2025/02/2-17-830x625.jpg)
Un’ulteriore distinzione emerge tra gli studenti che potrebbero beneficiare dello ius scholae, cioè i nati in Italia o arrivati prima dei 12 anni, con almeno 5 anni di frequenza scolastica, e gli altri gruppi: nel primo caso pensa in italiano l’84,4%, nell’altro la percentuale si abbassa al 60,7%.
Tra gli studenti stranieri, i romeni mostrano la maggiore propensione a pensare in italiano, mentre gli albanesi nati in Italia raggiungono la percentuale più alta del 93,3%. Al contrario, tra i cinesi nati in Italia, solo il 43,7% pensa in italiano.
Competenze linguistiche: più facile per chi arriva prima in Italia
Quanto alle competenze linguistiche, l’età di arrivo in Italia incide più o meno negativamente. Prima si arriva, prima si frequentano le scuole del Paese ospitante e migliore è l’apprendimento. Da un’autovalutazione degli studenti delle scuole secondarie emerge che il 75% circa dichiara di parlare e leggere molto bene l’italiano, con una percentuale ancora più alta per la comprensione orale.
Più problematica la scrittura: tra gli studenti arrivati in Italia dopo gli 11 anni, la padronanza della lingua diminuisce del 30% rispetto a chi è nato o arrivato in età prescolare. Inoltre, le ragazze tendono a mostrare abilità linguistiche superiori rispetto ai ragazzi.