Più di 6 ragazzi su 10 non si piacciono. Fin qui potrebbe non esserci nulla di cui stupirsi: il fatto che gli adolescenti possano trovarsi “brutti” in un momento di grandi cambiamenti fisici è normale. La situazione, però, cambia quando questa insoddisfazione si traduce in una depressione, come hanno dimostrato alcuni ricercatori inglesi che hanno pubblicato sul Journal of epidemiology & Community Health il primo studio prospettico su questo tema. Gli esperti, guidati dall’italiana Anna Bornioli della Erasmus Rotterdam University, hanno analizzato il comportamento di oltre 3.700 adolescenti tra i 14 e i 18 anni e hanno scoperto che il 61% non si piace. Il fatto è che tra i teenagers che si trovano a disagio nel proprio corpo a 14 anni, tra il 50% e l’85% sono a rischio depressione. A sorpresa, la percentuale delle patologie più severe aumenta tra i maschi.
La depressione colpisce a 18 anni
Dallo studio è emerso che le ragazze intorno ai 14 anni provano disagio soprattutto per le loro forme (cosce e pancia) e il peso, e complessivamente non si piacciono nel 32% dei casi. I maschi, invece, trovano inadeguati muscoli, pancia e fianchi (nel 14% dei casi), mentre il peso e la forma delle gambe non sembrano essere fonte di frustrazione. La vera differenza, però, riguarderebbe la severità della depressione. Si manifesta intorno ai 18 anni e colpisce coloro che fin da quando ne avevano 14 provavano la cosiddetta Body Dissatisfaction, il trovarsi esteticamente “brutti”: dalla ricerca è emerso che mentre le ragazze avevano avuto episodi depressivi di ogni grado, tra i ragazzi erano più numerose le forme più severe. «I risultati generali non stupiscono perché nell’età dell’adolescenza è normale un certo disagio nei confronti di un corpo che cambia e nel quale inizialmente non ci si ritrova. Nella maggior parte dei casi, però, non si va incontro a depressione. Ciò che invece rappresenta una novità è l’aspetto che riguarda i maschi» commenta la psichiatra e psicoterapeuta Maria Sneider, co-autrice del libro Depressione. Quando non è solo tristezza (L’Asino d’Oro) con Marzia Fabi e Cecilia Di Agostino.
Depressione anche nei maschi
«In effetti i maschi oggi cercano di piacere e migliorare il proprio aspetto fisico molto più che in passato. Molti ricorrono ai centri estetici, per esempio per depilarsi, alle palestre per aumentare la muscolatura e ai parrucchieri per avere acconciature adatte» spiega Sneider. Ma questo è sintomo di insicurezza o è dovuto ad altro? «Può essere un segnale di minore sicurezza in se stessi o di eccessiva femminilizzazione, ma può anche essere frutto del fatto che ci tengono di più a se stessi. Purché, naturalmente, non diventi un comportamento patologico, sinonimo di una carenza o della necessità di apparire a discapito dell’essere» aggiunge l’esperta.
I segnali del disagio
Come capire se il proprio figlio sta male o vive solo un momento di non accettazione del proprio corpo? «Solitamente ci sono dei campanelli d’allarme che permettono ai genitori e agli adulti di cogliere un disagio maggiore. Per esempio quando si mangia meno o troppo poco, oppure si fanno grandi abbuffate, quindi si vivono disordini alimentari. Se si nota una tendenza a isolarsi, bisogna prestare maggiore attenzione: non voler più uscire con gli amici può rappresentare proprio un esordio di psicosi, che si verifica in genere intorno ai 18 anni» aggiunge Sneider.
Il Covid complica le cose?
La pandemia, però, ha complicato le cose, specie per gli adolescenti che hanno dovuto rinunciare alla scuola in presenza a favore della Dad. «Purtroppo lo studio delle epidemie precedenti ci ha mostrato un legame con tre patologie in particolare: disturbo ossessivo, depressione e ansia, oltre che la sindrome da stress. Il disturbo ossessivo è dovuto al fatto di non uscire di casa e scatena paure come quella di ammalarsi, che si manifesta con il lavarsi le mani più del necessario. La depressione è causata proprio dalla mancanza di socializzazione, importante per tutti gli esseri umani e soprattutto per i ragazzi, che rischiano quindi di ripiegarsi su se stessi. L’ansia nasce invece dal fatto che vengono meno le attività che ci permettono di realizzarci o di stare bene, come andare al cinema, a teatro e a fare sport» spiega la psichiatra.
Si può prevenire?
Nel caso in cui si colgano segnali di allarme, è bene prestare molta attenzione e soprattutto non banalizzare. La chiave, però, è stabilire un dialogo coi figli ben prima o anche in assenza di comportamenti preoccupanti: «Prevenire significa stabilire un rapporto con i figli in modo tale che se il ragazzo dovesse stare male, per qualunque motivo, rimanga una comunicazione aperta che eviti la chiusura dell’adolescente in se stesso. È la base della prevenzione. Se poi ci fossero segnali specifici, i genitori non devono avere timore di chiedere aiuto» conclude Sneider.