La politica si mette a dieta e questa dovrebbe essere la volta buona. Il 20 e 21 settembre andremo a votare per il referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari: un vittoria del “sì” eliminerebbe un terzo degli attuali eletti, che passerebbero da 945 a 600, divisi tra 400 alla Camera e 200 al Senato. «È un voto costituzionale per confermare un provvedimento già passato in Parlamento. Non serve il quorum. Anche con poca affluenza, il risultato sarà valido. E tutti i pronostici sono per il sì» suggerisce Leonardo Morlino, professore emerito di Scienze politiche alla Luiss di Roma. Ma quali sono le posizioni in campo e le possibili conseguenze?
I partiti favorevoli al taglio dei parlamentari
Almeno nelle intenzioni, tutti i maggiori partiti sono favorevoli, dal Pd a Fi, da Lega a Fratelli d’Italia. Ma un eventuale successo rappresenterebbe soprattutto un colpo grosso dei 5 Stelle. Proprio per questo non mancano le voci fuori dal coro. Dal sindaco Pd di Bergamo Giorgio Gori al responsabile economico di Forza Italia, Renato Brunetta, fino all’ex ministro Carlo Calenda, in tanti si oppongono all’idea di salire sul carro “anticasta e antipolitica” dei grillini. Scettici anche diversi costituzionalisti, come Francesco Clementi, e personalità come il direttore di Repubblica, Maurizio Molinari, che chiedono una riforma più ampia del sistema.
«Molti criticano la perdita di rappresentanza popolare. Alla Camera si passerebbe dal rapporto di un deputato ogni 96.000 abitanti a 150.000, meno di Francia e Germania. Mentre al Senato, con i membri eletti su base regionale, si avrebbero aree quasi senza rappresentanti» spiega il professor Morlino. Ecco perché il Pd pone una condizione, in cambio del suo appoggio al “sì”: approvare presto una nuova legge elettorale in senso fortemente proporzionale.
I vantaggi economici
Poi c’è il tema dei costi. Luigi di Maio aveva parlato di 100 milioni di euro risparmiati ogni anno di legislatura, mentre l’Osservatorio sui conti pubblici di Carlo Cottarelli ha corretto il tiro: sono 81 milioni. Circa 400 milioni in meno per cinque anni di Governo.
«Ma non è questo il tema forte per chi sostiene il sì. L’auspicio è che meno parlamentari in aula e nelle commissioni facciano ridurre il numero di interrogazioni, pongano un freno ai frequenti cambi di casacca e portino a una miglior selezione dei candidati» aggiunge l’esperto. Che stigmatizza sui rischi per la democrazia. «Occorre essere pratici. Ormai la comunicazione politica e la formazione dell’opinione pubblica non dipendono dal legame personale eletto/elettore, ma dai social network e dagli altri mezzi di comunicazione di massa: che il rapporto numerico sia uno a 100.000 o 150.000 è poco significativo».
Taglio dei parlamentari: Gli effetti sulle elezioni
Gli effetti sulla macchina legislativa si vedranno nel tempo e comunque il taglio scatterebbe dalle prossime elezioni. Quel che è immediato è invece il contraccolpo politico. «Una vittoria del sì si tradurrebbe in un’esortazione ad andare avanti all’esecutivo Pd-M5s» conclude Leonardo Morlino, «mentre il no sarebbe una sonora bocciatura, capace di farlo traballare».