Le voci del sì
Salvatore Natoli, docente di Filosofia teoretica all’università di Milano-Bicocca. Il suo ultimo libro è Sperare oggi (Il margine, 2012). «Ora i due rami del Parlamento hanno identiche funzioni. E questo rallenta l’iter legislativo. Con la riforma avranno competenze separate, come avviene nei maggiori Paesi europei. Verranno anche suddivise, finalmente, le materie in cui l’ultima parola spetta allo Stato e quelle in cui decidono le Regioni, mentre oggi su tanti aspetti regna la confusione creata dalla riforma del Titolo V del 2001. Infine, solo toccando la Costituzione si può procedere all’eliminazione definitiva delle Province e all’abrogazione del Cnel».
Oliviero Toscani, fotografo, pubblicitario, presidente onorario di “Nessuno tocchi Caino”, associazione che si batte per l’abolizione della pena di morte. «È il minore dei mali. Tra la situazione di oggi e quella possibile di domani, preferisco pensare che un po’ di risparmio e di rapidità in più li otterremo. Ma restano tanti elementi di confusione e, rispetto alla sua portata pratica, si è parlato davvero troppo di questo voto. Il mio sostegno va al contenuto della riforma, ma non nutro grande stima per chi la propone. La politica continuerà a costare una fortuna e, a dispetto della rivoluzione che era stata annunciata, la montagna ha partorito un topolino».
Lucia Annibali: sulla sua esperienza di vittima di violenza, che l’ha lasciata sfigurata, ha scritto Io ci sono (Rizzoli) da cui è tratta l’omonima fiction trasmessa su Rai 1. «Questa riforma rappresenta una possibilità concreta di cambiamento per il nostro Paese. Sono due le innovazioni che mi stanno più a cuore: il nuovo assetto assicurerà la riduzione dei costi della politica e introdurrà finalmente la parità di genere all’intero delle istituzioni nazionali. Si tratta di un principio importantissimo, che potrà incidere in maniera profonda sulla politica del futuro. In molti Paesi la parità è già una realtà. Da donna, non posso che battermi perché ciò accada anche in Italia».
Franca Valeri: a 96 anni, è tra le più celebrate interpreti del teatro, del varietà televisivo e del cinema italiano. Il suo ultimo libro è La vacanza dei superstiti (Einaudi). «Voto sì perché, tanto per cominciare, è la più bella parola della lingua italiana. Coraggio, provate a dire “sì”: non suona benissimo? Poi dietro le parole ci sono anche i significati. Viviamo in un Paese che ha soprattutto bisogno di stabilità, e questa riforma è in grado di garantirla. La squadra opposta è quella che dice “Mandiamoli a casa”, un’espressione che trovo di grandissima ignoranza e volgarità. È innanzitutto un problema di linguaggio: io non voglio assecondare chi utilizza questi toni».
Costantino della Gherardesca, opinionista, autore e conduttore tv, è reduce dal successo di Pechino Express su Rai 2. Perché voto sì. «Il motivo principale della mia scelta è lo snellimento della burocrazia, che – come qualsiasi cittadino di buon senso – aspetto da molto tempo. Con una minore burocrazia e una divisione dei ruoli più netta saranno facilitati il commercio e gli investimenti dall’estero, si potrà puntare di più sull’ecosostenibilità, e aumenteranno i progetti legati all’energia rinnovabile e i fondi per la ricerca. E poi questo è un passaggio che andava fatto da decenni: voto sì per un’Italia che va avanti, che vuole innovare e rinnovarsi».
Le voci del no
Erri De Luca, poeta e scrittore. Il suo ultimo libro è La natura esposta (Feltrinelli). «Non capisco perché delle facili riforme, come la riduzione del numero e del costo dei parlamentari, debbano coinvolgere la Costituzione. Bastava una semplice leggina. È un atteggiamento fastidioso e presuntuoso del governo, che ha creato attorno a questa consultazione una drammaticità incomprensibile. Io sono tra quelli che considerano intoccabile la nostra Carta. Forse chi vuole cambiarla lo fa perché ha capito che non siamo all’altezza di rispettarla. Ma quel testo contiene principi e traguardi scritti da persone migliori di noi e di chi ci governa».
Annamaria Bernardini De Pace, avvocato civilista specializzato in diritto di famiglia e opinionista tv. «A livello di contenuto, non vedo questo grande cambiamento sbandierato dall’esecutivo. Ma soprattutto non apprezzo il metodo scelto. Per toccare la nostra legge fondamentale serviva una Assemblea costituente che tenesse conto di tutte le posizioni presenti nel Paese, pazienza se occorreva più tempo. Il governo, invece, dà l’impressione di aver lavorato più per fare in fretta che per fare bene. E quando l’opposizione cresceva, ha iniziato a lanciare slogan simili a minacce: “O scegliete il sì o sarà il caos”. Non è così che si manda la gente alle urne».
Marco Travaglio, giornalista, direttore de Il Fatto Quotidiano e autore di Perché no (con Silvia Truzzi, Paper First). «Dicono che avremo un sistema più snello perché spetterà solo alla Camera legiferare. Ci prendono in giro? Certe leggi, come accaduto con le unioni civili, restano per anni impantanate perché i partiti fingono di volerle, ma poi non le votano, mica perché ci sono due Camere. E poi la composizione del nuovo Senato è demenziale. Avremmo 100 nominati che faranno un po’ i senatori a Roma, un po’ i sindaci o i consiglieri a casa loro, trovandosi in regalo l’immunità parlamentare. Insomma, un parcheggio perfetto per inquisiti e imputati».
Piergiorgio Odifreddi, matematico, divulgatore scientifico e saggista. è autore, con Joseph Ratzinger, di Caro Papa teologo, caro matematico ateo (Mondadori). «La propaganda del sì sostiene che la riforma velocizzerà l’attività della Camera? Se anche fosse vero, non c’è bisogno di altre leggi, ce ne sono già troppe da sfoltire. Quindi, il primo obiettivo è sbagliato. Poi non è vero che il sistema sarà semplificato perché il Senato potrà sempre intralciare le Regioni, sostenendo che una norma locale è in conflitto con l’interesse nazionale. Siamo nelle mani di un esecutivo che invece di limitarsi alla ordinaria amministrazione si è messo in testa di stravolgere tutto».
Leo Gullotta, attore, è in tournée teatrale con la commedia Spirito allegro di Noël Coward. È appena uscita la sua biografia Mr. Gullotta, Leo (Carratelli Editore), a cura di Elvia Gregorace. Perché voto no. «Innanzitutto non accetto che il presidente del Consiglio definisca le persone che non la pensano come lui “un’accozzaglia”. Poi c’è la riforma in sé: non sono un tecnico, ma da cittadino l’ho studiata e la trovo confusa, molto. 46 articoli da modificare tutti insieme sono troppi, e affidare i poteri nelle mani di una sola persona mi pare un rischio enorme, chiunque sia. Il clima di questa campagna elettorale è pessimo ma, comunque la pensiate, andate a votare».