Seicento milioni di “pezzi” all’anno. Erano di carta, nel futuro prossimo perderanno forma e consistenza e viaggeranno solo online. Si tratta delle ricette farmaceutiche, cardine della rivoluzione digitale in corso. I vecchi modelli bianchi e rossi stanno andando in pensione. A regime verranno sostituiti dalle “ricette dematerializzate“, senza alcun supporto cartaceo. In questa fase – di transizione tra il vecchio e il nuovo sistema – i medici di famiglia smaltiscono le scorte di tradizionali blocchetti oppure consegnano ai pazienti un promemoria stampato su un foglio di carta bianca formato A5 Nel futuro prossimo sparirà anche quello. Per ritirare i prodotti sarà sufficiente la tessera sanitaria, senza più bisogno di altri supporti fisici. A breve – è l’ultima novità – la validità delle ricette elettroniche sarà effettiva in tutta Italia, indipendentemente dal luogo di compilazione.
“La ricetta dematerializzata – commenta Annarosa Racca, farmacista milanese e presidente nazionale di Federfarma – è un grande passo avanti. I vantaggi sono evidenti, sia per il cittadino sia per lo Stato. Si risparmiamo i costi della carta e della stampa dei blocchetti di ricette tradizionali. Si modernizza il sistema di registrazione delle ricette e di controllo della spesa farmaceutica. Chi si muove per ragioni di studio e lavoro, fin qui costretto a rifornirsi di medicinali prima di partire, oggi può portare con sé solo il promemoria e prendere i medicinali in qualsiasi farmacia del territorio nazionale. Per il momento pagherà il ticket in base alle regole vigenti nella regione in cui ritira i prodotti. Dal primo marzo – ecco una conquista per gli utenti – il ticket e le esenzioni saranno quelle previste nella regione in cui abita, ovunque si trovi. La ricetta rossa – precisa Racca – non sparirà del tutto. Resterà per un numero minimo di casi”.
Come funziona?
Il medico di base si connette ad un sistema protetto creato ad hoc – adesso dal pc, in prospettiva anche dal tablet o dallo smartphone – e si fa identificare. Poi inserisce il codice fiscale dell’assistito e il farmaco previsto per la cura. Il software valida le informazioni e eventuali esenzioni relative al paziente. Quindi, con un semplice clic, la ricetta viene generata. In futuro sarà così anche per le richieste di visite specialistiche e di analisi e esami.
Il paziente che cosa deve fare?
Con il promemoria – e un domani senza più nemmeno quello- il paziente si reca in una rivendita di medicinali privata o pubblica. Il farmacista riscontra l’esistenza della ricetta sul proprio computer, connesso ai “cervelloni” cui affluiscono le prescrizioni dei singoli dottori, e consegna il prodotto prescritto. Il promemoria consente al paziente di ottenere il farmaco anche in mancanza di linea o in presenza di inconvenienti tecnici.
A che punto siamo, nelle diverse regioni italiane?
“In Sicilia – rende noto la presidente di Federfarma – la diffusione della ricetta elettronica è dell’89 per cento rispetto al totale delle prescrizioni. In Liguria siamo intorno al 35 per cento, in Lombardia si arriva al 63. In tutta Italia sono stati fatti incontri di informazione e formazione per i nostri associati. Tra meno di un mese – torna a dire Racca – dovunque dovrà essere operativa la procedura di compensazione, grazie alla quale un paziente proveniente da un’altra regione pagherà il ticket stabilito nella propria e si vedrà riconosciute eventuali esenzioni”.
Criticità, dubbi?
“Come per molte altre cose – risponde Valentina Fava, rappresentante di Cittadinanza attiva – l’Italia procede a velocità diverse. Ci auguriamo che in tempi stretti tutte le regioni si allineino al livello più avanzato. E auspichiamo che quanto prima utilizzino le ricette elettroniche anche tutti i medici delle Asl e degli ospedali, oltre a quelli di famiglia, uniformando le prassi a vantaggio dei pazienti”. “L’importante – sottolinea Massimiliano Dona, segretario generale dell’Unione nazionale consumatori – è che la nuova procedura non diminuisca la consapevolezza dei malati rispetto ai farmaci prescritti. In particolare si deve tener conto delle difficoltà e delle abitudini delle persone di una certa età”.
Il parere dei medici
Per Silvestro Scotti, presidente dell’ordine dei medici di Napoli e vicesegretario nazionale della Federazione dei medici di base, il nuovo sistema è da promuovere, però non a pienissimi voti. “La ricetta dematerializzata è stata fatta pensando alle esigenze economiche dello Stato, giustamente deciso a tenere sotto controllo e ridurre la spesa farmaceutica, più che ai bisogni dei cittadini. La controprova? Il collettore di tutte le informazioni relative alle prescrizioni è il ministero delle Finanze, non il ministero della Salute”. E restano, a suo parere, alcuni aspetti da mettere a punto. “E’ poco chiara – esemplifica – la tutela della privacy dei pazienti, che hanno invece diritto di sapere dove vanno i dati delle loro prescrizioni, come vengono conservati, se si possono far cancellare e in che modo”. I meccanismi di identificazione dei medici, altra considerazione, “andrebbero migliorati, alzando il livello di sicurezza, con l’introduzione della firma digitale o di altri accorgimenti: in alcune regioni per accedere al sistema – rivela – bastano username e password”.
Le esigenze degli anziani
Quanto al rischio di spiazzare e disorientare i malati, soprattutto gli anziani e i più vulnerabili, il delegato dei camici bianchi sostiene: “Si possono dematerializzare le ricette, non si dematerializzeranno i medici. Molti assistiti non possono essere congedati solo con indicazioni a voce, né adesso che ci sono i promemoria, né quando spariranno. Continuiamo e continueremo a dare loro istruzioni scritte – promette Scotti – appuntando i farmaci che devono prendere, le dosi, i tempi di assunzione”.