Totò sorride dal fondo di uno schermo piatto e coloratissimo. Fiori, frutta e cornucopie non ci sono più, ora per azzeccare la combinazione giusta devi mettere in fila 3 principi della risata. Davanti alle slot machine, però, raramente si vedono uomini e donne sorridenti. Negli ultimi 15 anni la crescita del gioco d’azzardo in Italia, di cui le macchinette sono la punta più visibile, ha generato una contraddizione evidente: da un lato è esploso il fenomeno della dipendenza, dall’altro c’è stata un’impennata dei ricavi fiscali dello Stato. Dopo anni di proteste e ricorsi delle associazioni contro la ludopatia, adesso il numero delle slot inizia a ridursi. Ma restano molti interrogativi aperti. Cerchiamo di rispondere qui con l’aiuto degli esperti.

Quante sono le slot?

Per l’agenzia specializzata Agipronews nel 2004, appena lo Stato le legalizzò per contenere il gioco clandestino, erano 14.000. Nel 2007 erano salite a 60.000 e nel 2014 è stato raggiunto il massimo storico di 424.000. Il 10 maggio è iniziata la seconda fase dello spegnimento previsto dal decreto del 2017 del ministero dell’Economia, che porterà le slot attive in Italia a 265.000, con una riduzione del 35%. In Francia, per fare un paragone, non raggiungono le 30.000.

La legalizzazione delle “macchinette” è stata positiva o negativa?

Sul piano economico e del contrasto alla criminalità, la liberalizzazione ha funzionato. «Prima del 2004 le slot erano quasi il doppio e sfuggivano a ogni controllo» spiega Massimiliano Pucci, presidente di Assotrattenimento, l’associazione a cui fa capo la maggior parte dei gestori di apparecchi. «Dopo, lo Stato ha potuto tracciare e tassare tutti i movimenti».

Ora è più difficile giocare per chi vuole farlo?

No, dal punto di vista pratico non cambierà molto. «Chi è abituato a trovare occasioni di gioco in ogni esercizio pubblico quasi non si accorgerà del fatto che nel suo bar preferito magari gli apparecchi sono scesi da 3 a 2» spiega il sociologo Maurizio Fiasco, fondatore dell’associazione Alea e membro dell’Osservatorio sull’azzardo del ministero della Salute. «Inoltre i giocatori, soprattutto i più giovani, stanno migrando sugli smartphone» aggiunge Pucci. «Paradossalmente, una norma che voleva ridurre i rischi favorirà giocate meno controllabili e farà guadagnare i colossi dell’online a scapito di gestori e negozianti italiani».

Quanto incassano i proprietari delle macchinette?

Il bilancio di esercizio 2017, appena pubblicato dall’Agenzia dogane e monopoli, parla di una raccolta complessiva di 101,7 miliardi di euro per il settore giochi. Di questi, 82,7 miliardi sono stati redistribuiti in vincite e il resto si divide più o meno a metà fra gestori e fisco. Le slot, da sole, rappresentano quasi metà della raccolta e del monte vincite, seguite da Gratta e vinci, Superenalotto e scommesse sportive.

E quanto guadagna lo Stato?

Dalla tassazione delle slot ha incassato, nel solo 2017, circa 4 miliardi di euro, oltre ai soldi per concedere le licenze. Con la riduzione, l’ex sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta ha ipotizzato un danno di 1 miliardo. Ma secondo molti il Fisco continuerà a incamerare quasi le stesse cifre, perché le macchinette superstiti subiranno una tassazione più alta.

Le slot fanno aumentare la ludopatia?

Stabilire un collegamento diretto è difficile e anche le stime degli addetti ai lavori sono molto diverse fra loro. Secondo Ipsos, i giocatori a rischio dipendenza patologica sono all’incirca l’1,65% della popolazione, ovvero 890.000 persone; secondo altre fonti, sfiorano il milione e mezzo. «Qualunque sia la cifra, il dato è in evidente crescita» osserva Fiasco. «E non ci sono dubbi che questo sia dovuto al progressivo passaggio da una modalità di gioco statica e fatta di attese, come ai tempi di Totocalcio e ippodromi, a una dove l’adrenalina si scarica a getto continuo, come accade con slot, grattini e altre lotterie istantanee». Molti psicoterapeuti associano questo processo all’assunzione di stupefacenti e lo stesso fa dal 2012 il ministero della Salute, che ha inserito la ludopatia fra le dipendenze curabili dalle Asl. Dove in soli 5 anni i giocatori problematici sono arrivati a rappresentare il 20,5% dei pazienti.

Il gioco d’azzardo è ancora in mano alle mafie?

Per fortuna no. «Dopo anni di Far West oggi il nostro sistema di controlli è fra i più avanzati al mondo» osserva Pucci. In effetti gli apparecchi irregolari sequestrati dalla Guardia di Finanza nel 2017 erano poche decine. Ma secondo il Rapporto Azzardopoli, pubblicato dall’associazione Libera, i ricavi delle mafie su questo fronte ammontano ancora a svariati miliardi di euro, perlopiù accumulati reinvestendo capitali sporchi in imprese regolari o strozzando con l’usura i giocatori.

Spariranno le sale slot davanti a scuole e ospedali?

Di certo non sarà più possibile aprire locali in punti critici, ma è difficile che siano smantellati subito quelli già esistenti. Nel 2012 ci aveva provato la Liguria, ma la proposta di rendere fuorilegge quasi il 90% delle slot entro il 2017 è stata prima rinviata e poi, il 24 aprile, sospesa. Molti Comuni, da Cremona a Bari, hanno imposto lo spegnimento delle macchinette dopo cena. Con le nuove regole ogni sindaco avrà la possibilità di stabilire uno stop fino a 6 ore. Anche gli apparecchi cambieranno: «Dal 2019 introdurremo nuovi modelli» assicura Pucci. «Favorendo la riconoscibilità del giocatore, impediranno l’utilizzo ai minorenni e fermeranno i giocatori dopo un certo numero di puntate».

I numeri del fenomeno

42 milioni Gli italiani che nel corso della vita si sono fatti tentare dal gioco: è il 90% della popolazione adulta. 17 milioni Quelli che hanno giocato una o più volte nel 2017: un dato in crescita del 70% rispetto a 5 anni fa. 385 euro La cifra media puntata, a testa, nel 2017: nel 2013 erano 348 euro. 21% La percentuale delle giocate via smartphone sul totale: sale al 50% fra i giocatori problematici (Fonte: Cnr).