Venti minuti. È il tempo che mi concedo per scorrere i video su TikTok prima di dormire. Gli esperti consigliano di smettere di utilizzare i dispositivi elettronici almeno 30 minuti prima di coricarsi, ma tutto sommato venti minuti non sono poi tanti. Durante uno dei miei recenti scrolling serali, mi imbatto nel video di una giovane tiktoker alle prese con il suo secondo giorno di detox digitale. Abbandonato il caro smartphone, con cui comunque si stava riprendendo, stava provando a vivere la sua vita con un dumb phone, il contrario di un cellulare smart. Si trattava di un Nokia 3210: un modello cult, apparso per la prima volta nel 1999 e da qualche mese di nuovo in commercio con un design ammodernato.
Al secondo giorno di detox e in gita fuori porta, la tiktoker aggiorna i suoi followers su come sta andando questo ritorno al passato, perché sì, anche se ce lo dimentichiamo, c’è stato un tempo in cui lo smartphone non esisteva e con il cellulare potevi solo inviare e SMS e fare telefonate. Spoiler, la ragazza era piuttosto in difficoltà: senza l’aiuto delle mappe sul telefono aveva perso il treno e non poteva inviare a nessuno le foto scattate, perché il cellulare non permette di usare Whatsapp. All’improvviso doveva abituarsi nuovamente a concentrarsi su quello che stava facendo. L’ho trovato divertente, a tratti curioso, finché non ho realizzato che probabilmente mi troverei nella stessa situazione della tiktoker: anch’io non so più vivere senza distrazioni.
Il ritorno dei dumb phone, i cellulari non smart
Camminare senza ascoltare della musica o un podcast, senza scrollare post sui social media, può sembrare fantascienza. Se stai pensando che sia facile farlo, dovresti provare. È difficile porre dei limiti alla nostra vita iperconnessa: abbiamo quasi sempre il telefono in mano, e anche quando vorremmo liberarcene, il suono di una notifica in entrata ci richiama come il canto delle sirene di Ulisse.
È forse l’amara consapevolezza di questa schiavitù che ci lega ai nostri cellulari che spinge molti giovani a tornare ai cosiddetti dump phone, i telefoni che siamo soliti regalare ai nostri nonni per intenderci. Su Tiktok esiste un sottosuolo di Millenials (nati tra l’inizio degli anni ’80 e la metà degli anni ’90) e appartenenti alla GenZ (1997-2010) che con molto orgoglio sceglie di praticare il digital detox attraverso il ritorno al cellulare con i tasti.
Alcuni di loro rispolverano vecchi modelli nascosti in qualche vecchio cassetto, altri acquistano un dumb phone. Lo mostrano orgogliosi davanti alla videocamera e nonostante le difficoltà iniziali, la maggior parte di loro è felice della scelta perché in qualche modo è come riappropriarsi del proprio tempo.
Quanto è autentico questo ritorno dei dumb phone?
È curioso pensare che mentre prima correvamo ad accaparrarci lo smartphone all’ultimo grido, ora vogliamo disintossicarci usando un telefono con i tasti, con accesso limitato a Internet e con cui il massimo divertimento è giocare a Snake, il videogioco del serpente che si allunga nutrendosi di ciò che appare sul display. Si chiama #bringbackflipphones, letteralmente “portiamo indietro i cellulari a conchiglia”, il movimento su Tiktok dei giovani che tornano ai dumb phone: ma quanto è autentica questa modalità di fare digital detox?
A questo punto occorre fare una premessa: nessuno degli utenti rinuncia al proprio Iphone, che anzi è necessario per riprendersi, semplicemente cercano di vivere il più possibile utilizzando il telefono a conchiglia. Da una parte si tratta di un trend sulla scia del ritorno della moda Y2K, ispirata agli ultimi anni ’90 e i primi 2000: in tal senso questi cellulari sono un accessorio immancabile e infatti sono moltissime le ragazze che si divertono a personalizzarli con glitter e bling bling, ciondoli con perline. Dall’altra, c’è una reale esigenza di tornare a godere liberamente del proprio tempo e degli spazi, specialmente fuori casa, di uscire senza l’ansia di scattare foto da condividere: c’è la necessità di non sentirsi sempre sovreccitati dai mille stimoli che riceviamo dal nostro smartphone e riconquistare il lusso di pensare una cosa per volta.
Non è un caso quindi che Nokia rilanciando il suo iconico 3210 abbia fatto leva sulla gioia di perdersi qualcosa ma tornare a connetterci con gli altri, instaurando delle relazioni. Il claim della campagna, infatti, recita: “Se è importante chiameranno o manderanno un SMS”. Un concetto piuttosto desueto dal momento che tutto sembra imperdibile o di vitale importanza.
Che cosa resta alla fine del detox digitale?
Quando il digital detox finisce che succede? Torniamo alla nostra tiktoker dell’inizio. Al termine dei giorni in cui aveva deciso di vivere usando un cellulare Nokia, ha ammesso di essere tornata al suo Iphone. Però le sue abitudini erano molto cambiate. Lo smartphone le era necessario per guardare le email di lavoro o per accedere all’home banking, però lo utilizzava molto meno, tanto che durante la settimana di vacanze al mare era riuscita tranquillamente a usare soltanto il suo dump phone. Niente male se si pensa che la media di ore che trascorriamo usando il telefono con accesso a Internet è di quattro o cinque ore giornaliere.
Senza dubbio quindi il ritorno a un cellulare più semplice e dalle funzionalità ridotte può portare alla conquista di una maggiore consapevolezza rispetto al nostro modo di utilizzare i dispositivi. Una base da cui partire per rimodellare le nostre abitudini, una sorta di terapia d’urto. Certo, non è necessario rispolverare il proprio telefono dei primi anni Duemila, in alternativa si può provare a impostare un limite di utilizzo per ciascuna app sul proprio dispositivo, oppure prestare attenzione al report settimanale di utilizzo e lavorarci su.
Dumb phone e gestione del proprio tempo
Si dice che prendere consapevolezza di un problema sia il primo passo per risolverlo. Ecco, ogni volta che ho impostato un limite di utilizzo per le app sul mio telefono ho miseramente fallito e sforato i tempi che mi ero data. Per cui, non ho bisogno di un dump phone o di un cellulare a conchiglia per sapere che avrei bisogno di fare un detox digitale, mi basta il lunedì.
Il lunedì è il giorno del report settimanale con cui scopro quante ore ho passato davanti allo schermo dello smartphone. Generalmente si aggira intorno alle quattro ore e in quel caso sono piuttosto contenta perché lavorando sarebbe difficile fare di meglio. A volte invece, supera le sei ore giornaliere: in questo caso, con un misto di vergogna e biasimo non posso fare a meno di chiedermi quante cose avrei potuto fare con quel tempo. Avrei potuto leggere di più, vedere un film in più, camminare pensando solo ai miei movimenti e osservando il mondo circostante: semplicemente fare le cose per cui dico che non ho tempo, perché in realtà ne ho.
Ecco in vista dei buoni propositi che inizieremo a fare dopo Ferragosto, dovremmo mettere anche questo: riprendere possesso del proprio tempo, provare a organizzarlo un po’ più razionalmente. Per questo le vacanze sono un buon momento per provare a mettersi alla prova con il digital detox e stupirci di quante attività si possono fare senza il nostro smartphone sempre a portata di mano. Perché come scriveva Seneca al suo amico Lucilio, del tempo che perdiamo, lo spreco più sconveniente è quello che avviene per negligenza.