La vicenda dei biosacchetti per acquistare frutta e verdura sfusi continua a tenere banco nella spesa di noi italiani. Ora anche il ministero della Salute, dopo il Consiglio di Stato, dà il via libera all’uso di bioshopper portati da casa per imbustare frutta, verdura e altri alimenti sfusi. Il 30 aprile è stata emanata una circolare ad hoc. I clienti di botteghe, centri commerciali e mercati dovranno avere la possibilità di servirsi di eco sacchetti comprati dove meglio credono, introdotti dall’esterno. Non saranno più obbligati ad acquistare le buste messe a disposizione nei punti vendita, diventati per legge a pagamento.
Ma passare dalla teoria alla pratica, è l’impressione, non sarà semplice né immediato.
I requisiti delle borse portate da casa
Per gli shopper “personali” per cibi sfusi, dice l’autorità sanitaria, sono previsti gli stessi requisiti indicati per le bustine fornite a pagamento (per legge) dagli esercizi commerciali. Anche le borsine reperite autonomamente dai clienti dovranno essere monouso, nuove, integre, adatte per gli alimenti e compostabili (cioé biodegradabili in tre mesi). I negozianti non avranno facoltà di veto, a priori. Dice la direttiva ministeriale: “Non pare possibile che gli operatori del settore alimentare possano impedire o vietare l’utilizzo di contenitori idonei portati da casa”.
Dalla teoria alla pratica: troppe complicazioni
Detto, fatto? Macché. Gli ostacoli da superare, per dare corso alle direttive, sono più d’uno. I controlli, innanzi tutto. “Ciascun esercizio commerciale – prevede la direttiva ministeriale – sarà tenuto alla verifica dell’idoneità e della conformità a legge dei sacchetti utilizzati dal consumatore. E potrà “vietare” quelli non conformi”.
Insomma, spendendo risorse e tempo, i gestori di negozi e grandi catene dovranno organizzarsi per accertare che le buste provenienti da fuori rispettino norme e direttive. Non solo. Ai clienti andranno date indicazioni chiare, decifrabili, uniformi. Per evitare incomprensioni e rimostranze, adottando ovunque le stesse procedure, il ministero suggerisce di stilare un vademecum nazionale unico, da affiggere tra banconi e scaffali.
Il problema delle bilance
Altro aspetto non da poco: le “possibili criticità” legate alla “diversità di peso dei contenitori alternativi” rispetto alle bustine dei supermarket.
Detto in parole povere: le bilance delle rivendite “sono regolate in modo da sottrarre dal peso di frutta e verdura la tara standard del sacchetto messo a disposizione del cliente (4-6 grammi circa). L’uso di contenitori alternativi acquistati al di fuori degli esercizi commerciali – lo riconosce lo stesso ministero della Salute – “impedirebbe il calcolo corretto della tara”, perché il peso unitario della borsina del cliente potrebbe essere diverso dal peso preimpostato. Come si risolve? I collaboratori di Beatrice Lorenzin nella circolare non rispondono direttamente. Rimandano a un non meglio precisato “avviso” del ministero dello Sviluppo economico, come se tutti sapessero di che cosa si tratta.
Federdistribuzione: “Torniamo ai sacchetti gratuiti”
Per risolvere definitivamente il problema, superando asperità e discussioni, una proposta era già arrivata qualche settimana fa da Federdistribuzione: “Torniamo al sistema precedente, cioè senza l’obbligo di far pagare le buste per gli alimenti sfusi. Siamo pronti a erogare gratuitamente i bio shopper di nuova generazione, come si faceva prima. Sarebbe tutto più semplice e più economico, si supererebbero aggravi e complicazioni”.
Il popolo della rete torna a dividersi: igiene a rischio?
In rete ricominciano a piovere i primi commenti. C’è un fronte pro ministero della Salute e c’è un fronte contro. Un esempio, tra le voci più critiche: “Che genialata, le borse portate da casa. Si aprono le porte a un nuovo rischio sanitario. Buste provenienti dalle più disparate situazioni igieniche verranno a contatto con superfici degli esercizi pubblici destinate all’uso promiscuo, come quelle delle bilance”.
Anche le associazioni dei consumatori si dividono. Il Codacons canta vittoria, attribuendosi in toto il merito dello sdoganamento dei sacchetti portati da casa. L’Unione nazionale consumatori fa notare che la circolare ministeriale nulla dice sulle retine riutilizzabili e quindi, è il giudizio, “non ha risolto nulla”.