A chi mi chiede conto del mio inguaribile ottimismo sulle gloriose sorti del genere femminile, potrei rispondere sinteticamente così: che settimana, ragazze!
Lunedì 9 dicembre. In Finlandia diventa premier Sanna Marin. Classe 1985, neo-mamma e figlia di due donne, è alla testa del governo più giovane e femminile di sempre. Se ha iniziato a far politica, è grazie al fatto di essere una figlia “arcobaleno”, vittima non di bullismo ma di invisibilità. Ché gli omosessuali ci sono, fanno figli, ma è meglio non parlarne. Anche nel quarto Paese al mondo per parità di genere secondo il World Economic Forum. Ma guardiamo alla postazione numero 70 della stessa classifica: l’Italia.
Martedì 10 dicembre. La legge Golfo Mosca, che 8 anni fa impose le quote di genere all’interno dei consigli di amministrazione delle società quotate, non solo viene rinnovata ma rafforzata, portando la percentuale obbligatoria di donne dal 30 al 40%. Per molti la vera vittoria sarà quando non avremo più bisogno di una legge del genere. Ma non si cancellano secoli di storia di subordinazione femminile in 10 anni, nonostante siano stati 10 anni di successo, durante i quali si è abbassata l’età media dei Cda e ne è aumentata la competenza. Perciò è una vittoria. Per giunta bipartisan.
Mercoledì 11 dicembre. Le donne dello sport diventano professioniste, per lo meno negli sport dove lo sono gli uomini. La commissione Bilancio del Senato ha approvato un emendamento alla manovra che estende alle atlete le tutele previste dalla legge di cui godevano solo i maschi. Qui a Donna Moderna, dove da anni sosteniamo questa battaglia, abbiamo festeggiato manco fosse la vittoria dei Mondiali.
Sempre mercoledì 11 dicembre. Per la prima volta una donna viene eletta presidente della Corte Costituzionale, quarta carica dello Stato. È Marta Cartabia, scelta all’unanimità. Simbolo di una rivoluzione avvenuta anche più in basso: le magistrate sono ormai la maggioranza, il 53%.
Sia chiaro, tutti vorremmo essere qui ad applaudire la straordinaria competenza di queste donne, e non il loro genere. Ma non è così, non ancora. Questo non deve essere, però, un nuovo motivo di lamento. Ricordiamoci da dove arriviamo e teniamo dritta la barra della meta. Ogni conquista, ogni ostacolo superato sarà la garanzia della normalità di certi ruoli e di certi diritti, per le generazioni a venire.