Organizzano manifestazioni via Facebook, sono contro Matteo Salvini (anche se precisano di essere anzitutto contro l’odio) e non si sentono rappresentati dai partiti tradizionali. Tant’è che invitano a non portare bandiere in piazza. Sono le “sardine”, ennesimo movimento nato spontaneo, autobattezzatosi così perché quando scendono in piazza sperano di essere talmente tanti da stare stretti come in una scatoletta.
Hanno cominciato con Bologna (12.000 persone secondo gli organizzatori) e Modena (6.000), in concomitanza con la campagna elettorale per il voto regionale in Emilia-Romagna del 26 gennaio, e hanno in programma altre sortite pubbliche, tra cui Firenze, Napoli e Ferrara il 30 novembre, Milano il 1°dicembre e Roma il 14.
Tra i promotori il più visibile è il 32enne Mattia Santori, laureato in Economia, ricercatore, istruttore sportivo. Con lui un ingegnere (Roberto Morotti), una fisioterapista (Giulia Trappoloni), una guida ambientale (Andrea Garreffa). Non è ancora chiaro per chi voteranno, è evidente però che sono delusi dall’attuale classe dirigente. Si autodefiscono «più un anticorpo che un movimento politico». E in una sorta di manifesto affermano: «Cari populisti, la festa è finita».
Non è la prima volta che in Italia nascono movimenti autoconvocati o spontanei. Tutti ricordiamo il V-Day (il primo, nel 2007, riunì 50.000 persone a Bologna, con Beppe Grillo che gridava «Siamo solo teste, senza bandiere»), ma prima ancora c’erano stati i Girotondi nel 2002, nati in opposizione a Berlusconi e molto critici nei confronti dei partiti di sinistra. Più recentemente, ci sono state le Madamine di Torino, scese in piazza nel 2018 a favore della Tav.
La domanda è: quanto resisteranno le “sardine”? I Girotondi furono illusi da Sergio Cofferati, che speravano di avere come leader, ma lui accettò la candidatura a sindaco di Bologna nel 2004, e svanirono nel nulla. Le Madamine sono durate ancora meno. Chi ha vissuto politicamente di più è stato il Popolo Viola, nato nel 2009 sempre grazie a Facebook e contro l’allora governo di centrodestra. Si è sciolto nel 2010 per scissioni interne ed è sopravvissuto grazie a una frangia ribelle, la Rete viola.