«Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’umanità». Il 20 luglio sono esattamente 50 anni dallo sbarco sulla Luna, da quella storica prima impronta lasciata sul polveroso suolo dell’”astro d’argento” dal comandante Neil Armstrong, che pronunciò la celebre frase. Un’impresa che per giorni ha tenuto con il fiato sospeso e gli occhi puntati sui televisori milioni di persone in tutto il mondo e che annunciava l’inizio dell’era lunare.
Amalia Ercoli Finzi ricorda benissimo l’esplosione di gioia di quel momento. Classe 1937, prima donna a laurearsi in ingegneria aeronautica in Italia, una carriera dedicata all’esplorazione dello Spazio, ha seguito lo sbarco sulla Luna «con il fiato sospeso, perché è stata un’impresa umana e tecnologica con la “i” maiuscola: l’epilogo strepitoso di manovre difficilissime». Il rischio che qualcosa andasse storto era altissimo: «Tanto che il presidente Nixon aveva già pronto il necrologio che avrebbe dovuto leggere alla Nazione in caso di fallimento» racconta Ercoli Finzi. Per fortuna non fu necessario.
L’equipaggio dell’Apollo 11 ha portato a termine la missione, coronando l’impegno che il presidente John Kennedy si era assunto sette anni prima: «Abbiamo deciso di andare sulla Luna entro questo decennio» e vincendo la sfida che in piena Guerra fredda vedeva le due superpotenze, Usa e Urss, contendersi anche la conquista dello Spazio. «Fino ad allora erano stati i russi a collezionare primati spaziali: hanno messo in orbita il primo satellite (Sputnik 1), il primo uomo (Jurij Gagarin), la prima cosmonauta (Valentina Tereškova)» sottolinea Patrizia Caraveo, dirigente di ricerca all’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf).
Dallo spazio a Hollywood
Neil Armstrong, Edwin Aldrin e Michael Collins hanno riaperto la partita e l’hanno vinta. Il 16 luglio hanno lasciato il Kennedy Space Center di Cape Canaveral, in Florida, dopo quattro giorni sono arrivati a destinazione e per più di due ore, hanno fatto una passeggiata lunare, raccolto campioni di terra e roccia, piantato la bandiera americana e lasciato una targa che diceva: «Siamo venuti in pace per tutta l’umanità». Un’impresa che ha suscitato emozioni indimenticabili e ha fatto conquistare ai tre astronauti statunitensi un posto tra le star di Hollywood: tra Gary Cooper, Elvis Presley, Marylin Monroe e Lady Gaga anche loro hanno una stella sul famoso marciapiede di Hollywood Boulevard, a Los Angeles.
Eroi in carne e ossa che hanno dimostrato che quello che Jules Verne, con grande preveggenza, aveva raccontato 100 anni prima nel romanzo Dalla Terra alla Luna era possibile e che hanno ispirato tanti a perseguire carriere “spaziali”. Simonetta Di Pippo, per esempio, aveva 10 anni. «Ricordo quel momento in modo molto chiaro: è stato allora che ho cominciato a sognare un futuro nello Spazio, passione della mia vita e fil rouge della mia carriera» racconta l’astrofisica italiana, prima donna nel 2008 ai vertici dell’Agenzia spaziale europea e dal 2014 alla guida dell’Ufficio per gli Affari dello spazio extra-atmosferico delle Nazioni Unite (Unoosa).
Come astrodiplomatica è impegnata anche nel promuovere la parità di genere nel settore aerospaziale. C’è lei infatti dietro l’associazione Women In Science Europe e il progetto Space4Women lanciato da Unoosa per valorizzare i talenti femminili.
In effetti le donne sono state le grandi assenti dalla conquista della Luna
O, quantomeno, sono rimaste dietro le quinte e con i piedi per terra. Perché, a dirla tutta, se Neil Armstrong è stato il primo uomo a camminare lassù, parte del merito è anche delle ricercatrici che con i loro calcoli hanno contribuito al successo delle missioni Nasa.
«Molte ricercatrici hanno lavorato alle prime esplorazioni spaziali, benché i loro apporti rimangano in gran parte sconosciuti» puntualizza Di Pippo. «Ma la situazione sta cambiando nella giusta direzione». La Nasa ha annunciato che entro il 2024 tornerà sulla Luna e questa volta con un equipaggio non solo maschile. «Il nuovo programma lunare si chiama Artemis, sorella gemella di Apollo nella mitologia greca, dea della caccia, del deserto e della Luna. Un modo per sottolineare il ruolo femminile in questa missione».
Il sogno vive di commemorazioni
E anche se gli americani sono stati i primi ad andarci e vogliono essere i primi a tornarci, non sono i soli. L’Agenzia spaziale cinese vuol fare allunare i suoi “taikonauti” (tai kong in cinese significa spazio). «Il clima oggi è molto diverso da quello di 50 anni fa: la Nasa e le agenzie spaziali italiana, giapponese, russa e canadese stanno facendo gioco di squadra per tornare sulla Luna e oltre» puntualizza Caraveo. Si guarda alla Luna, infatti, come tappa intermedia di un’esplorazione umana di Marte. «Il nostro satellite naturale potrebbe essere quindi il banco di prova per mettere a punto le tecnologie necessarie per fare un viaggio ben più lungo e poter vivere altrove» osserva Ercoli Finzi.
«Insomma, uno dei nuovi obiettivi dell’esplorazione spaziale sarà probabilmente la permanenza umana oltre l’atmosfera terrestre» aggiunge Di Pippo, convinta che tornare sulla Luna per restarci e un insediamento su Marte siano obiettivi importanti. «In primo luogo perché diventare una specie interplanetaria può garantire la sopravvivenza dell’umanità» nel caso in cui il nostro Pianeta diventasse invivibile a causa degli impatti a lungo termine dei cambiamenti climatici. In secondo luogo, perché l’esplorazione spaziale stimola lo sviluppo di nuove tecnologie all’avanguardia che, come accaduto già in passato, possono trovare applicazioni utili qui sulla Terra.
E domani una vacanza tra le stelle
Nel frattempo poi c’è chi pensa al turismo spaziale. Ma al momento la vacanza tra le stelle è roba da Paperon de’ Paperoni. Il miliardario giapponese Yusaku Maezawa, stregato dalla Luna fin da bambino, ha staccato infatti un assegno con molti zeri per un viaggio andata e ritorno (forse nel 2023) a bordo del grosso razzo Big Falcon Rocket a cui sta ancora lavorando la Space X, società del visionario Elon Musk che vuole rendere l’umanità una specie multiplanetaria.
Forse solo fantascienza. Anche se, come diceva l’astrofisico Giovanni Bignami: «Il bambino che camminerà su Marte è già nato». Una cosa è certa: «La Luna è paziente e, mentre aspetta la visita della prossima generazione di lunatici visionari, continuerà a illuminare le nostre notti, ispirando poeti e artisti» conclude l’astrofisica Patrizia Caraveo.