Nel chiacchiericcio del pomeriggio televisivo di Rai Uno di sabato scorso, durante una striscia condotta da Paola Perego, è successa una cosa che ha provocato, giustamente, un bel po’ di scandalo: è stata redatta una lista di sei motivi per cui le donne dell’Est sarebbero migliori delle donne italiane.
Tra questi sei motivi il fatto che siano disposte a far comandare il loro uomo, siano disposte a perdonargli tutti i suoi tradimenti, siano casalinghe fin da piccole, non frignano, non si appiccicano e non mettono il broncio.
È ovvio che la prima reazione è lo scandalo: mentre il mondo sta cercando faticosamente di costruire un racconto diverso dell’immagine e del ruolo della donna nella società, queste aspirazioni sembrano un ritorno al Medioevo. Per altro, a partire da una generalizzazione su un gruppo etnico vagamente definito (cioè tutte le donne che provengono dai paesi dell’ex-Unione Sovietica).
Ma la televisione parla con la pancia della gente ed, evidentemente, dentro la pancia della gente ha ancora un senso sentirsi dire certe cose e chi ha redatto questa lista sapeva con una certa precisione di parlare a qualcuno.
Si può liquidare quello che è successo, appunto, e sarebbe giustissimo, con lo scandalo. Ma lo scandalo è una reazione altrettanto di pancia e non porta alla radice del problema.
Non porta a spiegare, per esempio, perché in America abbia vinto Trump. Non porta a spiegare perché, nel mondo, ci sia, in questo momento di grande incertezza e fragilità, un bisogno di “ritorno all’ordine”. E questo bisogno non è espresso sempre in maniera così scandalosa, ma a volte sta insinuato nella società in modo più discreto.
Era ieri, ma anche un po’ oggi, che il mondo letterario e cinematografico impazziva per un fenomeno come quello delle 50 sfumature di grigio (e suoi cloni italiani). Non chiedevano anche quei racconti un ritorno paleolitico del maschio dominante e forte? Sì, nel gioco della finzione, lo chiedevano.
Scrostando questa lista di sei punti da una visione beceramente gretta e maschilistica (su cui torno fra poco e che è il vero errore), cos’è quello che in fondo si chiede alla persona che vogliamo accanto di essere, che sia uomo o donna? Andando al cuore, si chiede attenzione, accoglimento e accudimento – dei sentimenti molto umani. Si chiede a chi ci sta accanto di non smettere mai di stupirci (e in una relazione sentimentale lo stupore passa spesso, anche se non sempre, dalla seduzione: «sono sempre sexy»), di capirci anche quando sbagliamo («perdonano il tradimento»), di accudirci, e questo avviene preoccupandosi dei bisogni materiali dell’altro (cucinare, occuparsi della casa), di farci sentire talmente importanti a volte da manifestare la disponibilità ad annullarsi completamente, anzi, in questo gesto, c’è un atto di totale fiducia, si dice «mi fido talmente tanto di te che sono disposto a farti scegliere per me» («sono disposte a fare comandare il loro uomo»). Nel gioco della comunicazione di una coppia innamorata capita spesso di nominarsi “mio re” o “mia regina”, attribuendo dunque all’altro un potere assoluto.
L’errore, gravissimo, di questa lista, è che siano monodirezionali (oltre al fatto che, in alcuni punti, siano scritti in maniera veramente becera e offensiva, quella sul parto è incommentabile): ci dice che è solo la donna che deve fare tutte queste cose e l’uomo deve godersene i vantaggi affossato sul divano a bere birra.
Paradossalmente, una relazione sana fra due esseri umani si basa esattamente su questi punti. Ma funziona solo se lo scambio è reciproco e paritetico. Saremmo ipocriti ad affermare che non desideriamo accanto una persona, di qualunque genere, che abbia attenzione per noi, che si prenda cura di noi, che qualche volta ci faccia trovare la cena pronta o la lavatrice già stesa, che guidi la macchina quando non ne abbiamo voglia, che accolga i nostri errori.
Stare insieme a una persona comprende l’idea stessa della divisione delle fatiche e il raddoppiamento delle gioie.
Allora qual è il punto? Il punto è che in un mondo fragile politicamente, socialmente, economicamente, c’è una domanda di ripristino degli affetti forti, che invece sono compromessi dal tentativo egoistico di sopravvivere a questa fragilità. La nostra sopravvivenza come individui professionalmente attivi ci spinge a trascurare gli affetti, che invece potrebbero essere una risorsa.
Il film dell’anno è La La Land: due che si amano moltissimo vengono separati dall’ambizione faticosa di realizzare i propri desideri professionali.
L’idea maschilistica alla base di questa lista fa schifo, diciamolo, ma sotto la crosta c’è una domanda trasversale e autentica che non dovremmo ignorare e di cui dovremmo prendere solo la parte sana, per costruire una società di affetti forti in risposta a un contesto fragile. Anzi, forse solo accogliendo questa domanda in modo sano potremo evitare una deriva della società verso ritorni medievali.