Hai mai sentito parlare dello “schwa”? È una desinenza finale neutra che si usa al posto dei plurali maschili universali e serve a rendere la lingua più inclusiva. Siamo infatti abituati a usare il maschile per indicare un gruppo generico di persone, ma le conversazioni intorno al tema avviate dai movimenti femministi, che negli ultimi anni sono entrate nel dibattito pubblico, puntano ad “allargare” la lingua e a mettere in discussione il maschile come default, nel tentativo di costruire un linguaggio più aperto che rappresenti anche le donne e le persone appartenenti alla comunità Lgbtq+.

Il simbolo fonetico – che si scrive “ə” – è ora disponibile anche sulle tastiere degli iPhone dopo l’ultimo aggiornamento del sistema operativo iOs 15, dando la possibilità, ad esempio, di scrivere ragazzə per indicare un gruppo che contenga uomini, donne e persone che non si riconoscono nel binarismo di genere (ovvero che non si identificano come uomini o donne). Ma da dove viene questo simbolo, cosa significa e come si fa a farlo apparire sulla tastiera? Ti spieghiamo tutto.

Come si scrive lo schwa e cosa significa…

Se ti stia chiedendo come si fa a far comparire questo nuovo simbolo sulla tastiera, la risposta è semplice: lo schwa comparirà tra le opzioni come succede oggi per le lettere accentate o per i caratteri speciali. Per selezionarlo, ti basterà tenere premuta la lettera “e” sulla tastiera e compariranno tutte le varianti della lettera, tra cui, appunto, anche lo schwa. Se hai un telefono Android, in realtà, l’opzione è già disponibile aggiornando il sistema operativo all’ultima versione e con iOs 15 ora sarà possibile farlo anche da iPhone. Sulle tastiere dei computer, invece, funziona così: su Windows si può scaricare l’utilità gratuita AutoHotkey e installare scegliendo le impostazioni Unicode. Dopo l’installazione, si potrà ottenere lo schwa con la combinazione Shift + Alt + a. Su Mac si può utilizzare il simbolo matematico ∂, cliccando in sequenza su Option + Caps lock + D.

Ma da dove viene lo schwa? Intanto, è tutt’altro che una novità: viene infatti utilizzato da decenni dai linguisti e si trova anche nell’alfabeto fonetico internazionale, il sistema riconosciuto a livello internazionale per definire la corretta pronuncia delle migliaia di lingue scritte che esistono nel mondo. Per entrare nello specifico, lo schwa identifica una vocale intermedia, il cui suono si pone esattamente a metà strada fra le vocali esistenti. Si pronuncia tenendo rilassata la bocca, aprendola leggermente e senza deformarla in alcun modo: qui puoi ascoltare il suono (clicca sul simbolo “ə” per sentire la pronuncia corretta).

Per quanto riguarda la sua origine, invece, ci sono diverse teorie. I linguisti concordano che le prime tracce del suo utilizzo risalgano all’ebraico medievale e sul suo significato esistono più interpretazioni: alcuni ritengono derivi dalla parola “shav” che significa “niente”, altri che invece rimandi a “uguale” o “pari”. All’inizio dell’800, fu invece il linguista tedesco Johann Andreas Schmeller a inventare un simbolo dell’alfabeto latino, “ə” appunto, che indicasse una vocale breve. Alcuni anni più tardi l’esperto di fonetica Alexander John Ellis utilizzò lo stesso simbolo per definire una vocale indistinta presente nella lingua inglese, e da lì lo schwa è arrivato fino all’alfabeto fonetico internazionale.

… e perché è un cambiamento utile

La proposta di utilizzare lo schwa e, più in generale, quella di riformulare le lingue per renderle più inclusive ha causato non poche polemiche. Comprensibilmente, almeno in parte: l’italiano è poi una lingua piena di eccezioni e di varianti, e sembra un’operazione difficile quella di introdurre nuovi suoni e simboli grafici. Eppure, le lingue parlate sono tali proprio perché si evolvono e rispecchiano i cambiamenti della società, allineandosi alle esigenze culturali che emergono nel tempo. Soppiantare il maschile come formula generica per indicare un gruppo variegato di persone non sembra un’idea troppo bizzarra in un contesto socioculturale in cui si è combattuto a lungo per il riconoscimento dei diritti delle donne e delle persone Lgbtq+

Come riporta Il Post, il dibattito è acceso anche tra i linguisti stessi. A luglio del 2020, la linguista Vera Gheno ha scritto un interessante post in cui spiegava perché, da studiosa, preferiva l’utilizzo dello schwa a quello, ad esempio, degli asterischi che vanno a sostituire le vocali: «Per chi non ne avesse chiaro il suono (che però è naturalmente presente in molti dialetti del Meridione), è una specie di forma intermedia tra A ed E. Per questa sua caratteristica, mi pare particolarmente adatto per il ruolo di identificatore del mix di generi maschile e femminile o di una moltitudine mista. Il vantaggio è che, al contrario di altri simboli non alfabetici, ha un suono (e un suono davvero medio, non come la U che in alcuni dialetti denota un maschile)», spiega Gheno, che conclude così il suo intervento: «Il litigio perenne, lo sberleffo, la presa in giro dell’avversario invece portano solo a inutili polarizzazioni nelle quali, alla fine, si perde di vista l’oggetto stesso del contendere».