Quando dici Scientology, pensi subito a Tom Cruise, il più famoso tra i milioni di fedeli divisi in 11.000 chiese in 165 nazioni. Il movimento fondato dall’americano L. Ron Hubbard negli anni ’50, e oggi guidato da David Miscavige, torna sotto i riflettori in occasione della serie tv La mia fuga da Scientology (che parte il 19 febbraio su Sky). Ma di cosa si tratta? Abbiamo voluto capirne di più.
Chi sono i seguaci di Scientology
Periferia di Milano. Dove un tempo c’erano le fabbriche, un anno e mezzo fa è stata inaugurata la più grande chiesa di Scientology in Italia: un palazzo a 5 piani con la croce a 8 punte, arredi stile hotel e un centro informativo sempre aperto.
All’ingresso schermi interattivi proiettano la vita di Hubbard e i principi della confessione. Sugli scaffali pile di Dianetics, libro cult del fondatore L. Ron Hubbard che conta 25 milioni di copie vendute nel mondo. Il via vai è continuo: ragazzi, signore, gente del quartiere. I dati del movimento parlano di 12 chiese nel nostro Paese, soprattutto al Nord, con decine di migliaia di “iscritti”: così li chiama Scientology e sono le persone che usano i suoi “servizi”, come corsi e consulenze.
Secondo il Centro studi sulle nuove religioni, i fedeli italiani sarebbero 10.000. Si tratta perlopiù di famiglie. «Sono gruppi molto eterogenei, di tutte le provenienze ed estrazioni sociali» spiega Maria Luisa Maniscalco, sociologa esperta di religioni e autrice di Spirito di setta e società (Franco Angeli). «Pensare che si tratti di persone che hanno bisogno di risolvere i propri problemi è un errore: spesso sono professionisti colti, alla ricerca di un senso e di un benessere più profondi, che abbracciano la religione coinvolti da parenti e amici attraverso il passaparola».
In cosa credono i seguaci di Scientology
Al centro c’è il “percorso”. Perché Scientology si definisce una religione pratica, che serve ad affrontare la vita. L’uomo è un “tethan”, un essere spirituale e immortale, ma traumi e sofferenze gli annebbiano la mente. Scientology offre gli strumenti per farla tornare “clear”, pura.
Quali sono? Anzitutto le parole di Hubbard, poi i corsi su varie tematiche come la felicità, il lavoro e la genitorialità. Infine, le consulenze spirituali, i cosiddetti “auditing”. Per diventare “clear” si compie un cammino diviso in 8 step, ognuno fatto di corsi diversi, studi e auditing.
«Scientology è un movimento laico che non mette al centro un dio, ma il singolo e gli insegna a sviluppare al massimo le sue potenzialità. Chi non vorrebbe migliorare come persona e avere successo?» nota Maria Luisa Maniscalco. «Non solo: non esiste un dio giudicante, c’è apertura sui temi etici. Argomenti e metodi, poi, sono molto persuasivi».
Che cosa fanno i seguaci di Scientology
I fedeli si danno appuntamento ogni domenica per il sermone. Chi lo tiene si chiama ministro (tutti gli iscritti possono farlo). A un livello superiore ci sono gli auditor, coloro che conducono gli auditing. Ci sono poi altre strutture: la Pro.Civi.Co.S, i volontari della protezione civile della comunità (che sono stati anche nei paesi del Centro Italia colpiti dal terremoto); Narconon, il programma di recupero contro la tossicodipendenza; e il Comitato dei cittadini per i diritti umani. Sono enti attivissimi e fanno proseliti. Come si finanzia la chiesa? Niente 8 per mille, dato che non è riconosciuta dallo Stato italiano come religione. Via libera ai contributi dei fedeli, che pagano libri, corsi e auditing o fanno donazioni.
Perché sono criticati
«È una religione per ricchi, dominata dai soldi». «I metodi assomigliano a un lavaggio del cervello». Sono queste le accuse più ricorrenti rivolte al movimento, e arrivano soprattutto dagli ex fedeli. Anche la giustizia italiana si è occupata della chiesa, con un processo durato dal 1988 al 2000: i vertici sono stati prosciolti dall’accusa di associazione a delinquere. Abbiamo domandato ai membri di Scientology di rispondere alle critiche. Loro ci hanno chiesto di non pubblicare le risposte se nell’articolo ci fossero state anche testimonianze di ex fedeli.
IN FUGA DA SCIENTOLOGY – Le storie
Si chiamano “disconnessi” gli ex fedeli di Scientology. Perché decidono di abbandonare il movimento? Ecco 2 testimonianze.
LEAH REMINI, americana
Classe 1970, attrice popolare negli Stati Uniti, Leah Remini (nella foto sopra) è la produttrice e ideatrice della serie La mia fuga da Scientology. Entrata in Scientology da bambina grazie alla madre, nel 2013 decide di abbandonare la chiesa e adesso raccoglie le testimonianze di altri “disconnessi”.
«Scientology spinge i propri fedeli famosi a promuovere la Chiesa costantemente. Ho passato tutta la mia vita all’interno di Scientology, ma diventava sempre più difficile ignorare quello che leggevo su Internet e i social media» dice. «Coloro che lasciavano la chiesa raccontavano di grandi sofferenze. Quando iniziai a chiedere spiegazioni, venni interrogata e penalizzata. Chi è contro Scientology viene definito “persona soppressiva”, e deve essere disconnesso dagli altri, anche dai propri figli o genitori. Quello che mi ha convinto ad andare via è il fatto che hanno tentato di disconnettermi da mia madre».
Nella serie si vede che molti membri sono stati avvicinati quando erano giovani. «Prima era così, ma oggi in Scientology ci sono perlopiù fedeli di seconda e terza generazione. Che hanno abbracciato il credo tramite la famiglia».
PIER PAOLO CASELLI, italiano
Pier Paolo Caselli ha 52 anni, di cui 20 passati in Scientology. «E 10 trascorsi a “liberarmi”. Mi sono avvicinato nel 1986 grazie a un amico: facevo il militare e i dubbi sul futuro mi mettevano in crisi. Dopo un auditing sono rinato, così ho iniziato il percorso. Nel 1994, il crollo: soffrivo di insonnia e depressione, sono andato in America per un corso speciale. È stato un fallimento e ho pensato al suicidio. Quando l’ho confessato, i responsabili hanno avuto paura di uno scandalo e mi hanno ridato i soldi spesi negli Usa. Io, però, ci sono ricascato e ho ricominciato a frequentare la chiesa. Ho aperto gli occhi nel 2001: mi avevano messo a lavorare negli archivi e guardando dal di dentro l’organizzazione ho visto delle cose che non mi piacevano. Ho compreso che puntano solo ai profitti. Nel 2006 ho chiesto il risarcimento degli oltre 50.000 euro spesi. Cosa ho ottenuto? Intimidazioni e insulti, oltre che promesse di rimborso poi disattese. Mia moglie mi supplica di cancellare quel capitolo dell’esistenza e io voglio farlo davvero».