Sclerosi multipla: in Italia sono circa 122mila le persone che ne soffrono, 600 mila in Europa e tra i 2,5 e i 3 milioni nel mondo. Le donne interessate da questa malattia neurodegenerativa sono quasi il triplo degli uomini. In genere viene diagnosticata in un’età tra i 20 e i 40 anni. Si tratta di una malattia cronica, per la quale al momento non ci sono cure definitive, ma solo terapie in grado di rallentarne la progressione.

Sclerosi multipla: buone notizie dalle staminali

Dall’ospedale San Martino di Genova, però, arrivano notizie incoraggianti, con una cura che prevede un trattamento chemioterapico e un successivo trapianto di cellule staminali ematopoietiche autologhe, cioè del sangue dello stesso paziente, in grado di bloccare la progressione della malattia. A coordinare lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Neurology e che ha coinvolto 20 centri specialistici italiani, sono stati gli esperti dell’Ospedale Policlinico San Martino di Genova e del Dipartimento di Neuroscienze, Riabilitazione, Oftalmologia, Genetica e Scienze Materno-Infantili dell’Università di Genova.

La nuova terapia rallenta la sclerosi multipla

«I dati dimostrano che circa il 70% dei pazienti con sclerosi multipla non ha un aggravamento della disabilità dopo 10 anni dalla terapia e anzi in molti casi sono migliorati dal punto di vista neurologico, in modo duraturo nel tempo» spiega Gian Luigi Mancardi, già Direttore del Dipartimento di neuroscienze dell’Università di Genova e coordinatore dello studio.

In cosa consiste la terapia

«È una tecnica utilizzata da oltre 50 anni nelle malattie maligne, e soprattutto nei tumori del sangue, e da 25 anni per le patologie autoimmuni. Consiste in una prima fase di intensa immunosoppressione: si segue una chemioterapia come per i tumori, che distrugge le cellule con funzionamento anomalo autoimmune del sistema immunitario. Poi si innestano cellule staminali ematopoietiche autologhe, quindi dello stesso paziente, che vanno a ricostituire il sistema immunitario» spiega Mancardi, uno dei pionieri in questo campo.

Analizzando i circa 220 pazienti trattati con questa cura nell’arco di oltre 10 anni, i risultati sono stati incoraggianti: «Non è una terapia definitiva, perché non ne esistono ancora, ma si tratta di un’arma molto molto potente nelle nostre mani. Risultati analoghi sono arrivati dagli studi condotti in Europa su altri 1.500 pazienti, tutti molto selezionati» aggiunge l’esperto.

A chi è rivolta la terapia

«Si tratta di casi gravi di persone che non rispondono alle terapie tradizionali. La vera sfida è però intervenire il prima possibile: non bisogna aspettare che il paziente sia disabile – come avveniva in passato – ma occorre anticipare il trapianto autologo quando ci sono ancora possibilità di recupero, come avviene in tutta la medicina e nel caso dei tumori. Occorre procedere appena ci si accorge che la persona non risponde alle terapie standard, che sono una decina: da quelle orali, ben tollerate ma di modesta efficacia, fino agli anticorpi monoclonali che sono molto efficaci, ma che nel 10/15% dei pazienti non danno comunque risposte soddisfacenti» spiega Mancardi.

«Naturalmente non c’è la certezza del risultato al 100%, perché la malattia potrebbe riprendere, ma abbiamo constatato che in 7 casi su 10 rimane silente per molti anni».

Dove trovare la terapia

È quindi già possibile seguire questo protocollo? «Sì. Non si tratta di una terapia approvata, come invece avviene in Svezia o Svizzera. Richiede un’autorizzazione del comitato etico, ma viene già eseguita dai più grandi centri specializzati in Italia, come Genova e Firenze che sono all’avanguardia nella cura della sclerosi multipla, così come Milano, Roma, Palermo e altri dove sono state create équipe miste eumato-neurologiche» conclude il neurologo.