A lezione offline. Al liceo scientifico-sportivo San Benedetto di Piacenza, un istituto privato paritario, l’anno scolastico parte con una “novità” che fa discutere, amplificata da giornali, siti e tv: il blocco dei cellulari. Nell’istituto è scattata l’introduzione di un congegno, sperimentato in alcuni college americani, che neutralizza e rende inutilizzabili i telefonini in classe e pure durante la ricreazione, in bagno, negli spogliatoi della palestra. “Saremo i primi in Italia – dice il preside, Fabrizio Bertamoni, insegnante di filosofia – a disintossicarci ufficialmente dai cellulari. Speriamo proprio di farcela”.
Come funziona il sistema del “blocco dei cellulari”
Il sistema adottato è semplice. I ragazzi della scuola, un centinaio in tutto, ricevono in dotazione una custodia a testa, simile a un portaocchiali morbido, un sacchettino imbottito e schermato brevettato da una azienda Usa. All’ingresso in aula devono riporre lo smartphone all’interno di questa “tasca”, con stampato sopra il nome del brand, in bella vista. L’insegnante di turno alla prima ora blocca la chiusura della bustina e restituisce il tutto agli studenti, impossibilitati così a mandare messaggi, navigare sui social, cercare le soluzioni di problemi o le traduzioni di brani. I cellulari restano dentro il contenitore personale sigillato per tutta la mattinata, intervallo compreso, e non possono essere utilizzati in alcun modo.
Il prof dell’ultima ora alla fine della lezione si fa riconsegnare le custodie. Servendosi di un piccolo apparecchio, simile a quello per togliere le placche antitaccheggio, sblocca l’apertura della bustina e restituisce i telefonini. “La spesa per l’acquisto – precisa il preside – è stata relativamente contenuta. Vale i risultati che ci aspettiamo. Ogni ‘tasca’ costa circa 30 euro. Ha pagato la scuola. Le famiglie già versano una retta”.
Le motivazioni della scuola
Il perché della “rivoluzione” è spiegato nelle lettere inviate ai genitori degli studenti e nella comunicazione pubblicata sul sito dell’istituto, presente anche su Facebook. “Seppur consapevoli della grande utilità dei cellulari – argomentano i responsabili del liceo – crediamo che il loro utilizzo diventi sempre più una fonte di distrazione, di comportamenti asociali e di conflitto, sia a scuola sia casa.
Alcune ricerche hanno dimostrato che la semplice presenza di telefonini nelle aule può avere un’influenza negativa sulla performance degli studenti. Oltreoceano – si sostiene – la sperimentazione della tasca si è dimostrata utile soprattutto per l’educazione alla socialità dei teenager, che spesso si isolano anche nel contesto scolastico, perdendo così le poche occasioni di socializzazione di cui la scuola è ancora valida risorsa”.
Pratica da esportare?
“Questa soluzione – viene ripetuto – è stata pensata anche per indurre ad un uso più consapevole delle tecnologie mobili, che possono anche essere lesive della privacy. Ogni tanto è importante restare disconnessi. In secondo luogo, ma non meno importante, dobbiamo ricordarci che l’obiettivo della scuola e di altri spazi è quello di incoraggiare le persone a relazionarsi l’una all’altra e al contesto. Forse – sempre parole dei responsabili del liceo – sarebbe meglio per tutti, con o senza le bustine, abituarsi a rendere ‘inoffensivi’ i nostri cellulari in ogni luogo sensibile, dai tribunali ai cinema, in ospedali, teatri, musei, durante matrimoni e altre funzioni…”.
Il parere del pedagogista
Daniele Novara, pedagogista piacentino, si schiera nel fronte dei favorevoli. “Sono contrario – ripete – all’uso degli smartphone durante le lezioni. Distraggono i ragazzi. Mi stupisce l’enfasi che sta avendo il caso del liceo cittadino. Il ritiro dei cellulari, fatti mettere in una scatola o in un cesto e non in un contenitore singolo, in altre scuole era già stato adottato, ma non c’è stata tutta questa pubblicità”.
A suo parere, però, i liceali troveranno il modo di trasgredire. “Questo sistema delle bustine non può garantire che gli studenti smetteranno di usare i cellulari. Sono certo che proveranno a portare un secondo telefonino, magari il modello precedente che non hanno buttato via o quello chiesto in prestito al nonno”.
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