Hai mai pensato di trasferirti all’estero per lavorare? Un’occasione potrebbe arrivare con l’iniziativa lanciata dall’Unasca (Unione Nazionale Autoscuole e Studi di consulenza automobilistica), che vuole portare l’esperienza delle donne italiane a supporto di quelle saudite. L’associazione sta infatti reclutando istruttrici di guida che vogliano trasferirsi in Arabia Saudita per insegnare alle donne del luogo a guidare e a inserirsi così nel mondo del lavoro, organizzando in collaborazione con GDC (Global Driving Standards Certification) e EYWA (Consultancy Services), corsi di formazione iniziale per istruttrici di guida. Per partecipare alla selezione servono almeno cinque anni di esperienza nel ruolo e, aggiungiamo noi, una predisposizione a mettersi in gioco. Lo stipendio non è un fattore da sottovalutare: si tratta infatti di 4.500 dollari al mese (qui i contatti di Unasca).
«In Arabia Saudita solo da un paio di anni le donne hanno la possibilità di conseguire la patente. Il Paese sta vivendo una transizione storica e le donne sono chiamate a dare il loro contributo nella formazione alla guida. Le prime istruttrici di guida europee che partecipano al progetto arrivano da Francia e Olanda. Nei prossimi mesi ci aspettiamo una congrua partecipazione anche da parte delle nostre colleghe italiane, che non sono seconde a nessuno», ha dichiarato Manuel Picardi, Segretario generale EFA (Federazione delle autoscuole europee) e delegato Unasca. «Siamo fieri di poter contribuire all’emancipazione delle donne saudite. A formare le istruttrici ci sarà il team del professor Paolo Perego, dell’Unità di Ricerca di Psicologia del Traffico dell’Università Sacro Cuore di Milano, e supervisore delle Master Trainer nella spedizione in Arabia Saudita», ha concluso Picardi.
Donne che insegnano alle donne: certamente una bella iniziativa e un’ottima opportunità lavorativa per le istruttrici italiane, ma la strada verso l’emancipazione per le donne saudite è ancora lunga, considerando come solo fino a qualche anno fa per spostarsi dovevano essere accompagnate per legge da un’autista, che spesso era un familiare o il marito, e come ancora oggi sia necessaria la “tutela” di un uomo per sbrigare moltissime pratiche quotidiane.
Solo nel 2017, infatti, grazie all’impegno e al sacrificio di numerose attiviste, le donne saudite hanno finalmente potuto finalmente prendere la patente e mettersi alla guida della loro auto, cosa che, fino a quel momento, era stata loro negata dal regime di Riad. Un piccolo grande passo in un Paese che ancora le discrimina fortemente. Sempre nel 2017 il principe Mohammad bin Salman (spesso abbreviato in Mbs) aveva annunciato un grande piano di rinnovazione politica e sociale, il cosiddetto “Vision 2030”, con l’obiettivo di riformare il Paese, anche se a piccoli passi. Tuttavia, il regime è spesso finito sotto accusa per le sue violazione dei diritti umani, come nel caso dell’uccisione del giornalista Jamal Khashoggi nell’ottobre del 2018.