I contagi non riguardano solo bambini e ragazzi, ma anche gli insegnanti. La scuola, già sotto pressione per la gestione non sempre semplice delle quarantene, dell’auto-sorveglianza e dei tamponi necessari per il rientro in classe dopo le assenze, deve fare anche i conti con insegnanti che sono a loro volta assenti per Covid o positivi. C’è chi, come la preside di un istituto della provincia di Genova, ha dovuto persino fare ricorso ai genitori, che per qualche giorno indossano i panni dei docenti, per lo più professoresse e maestre.
Quanti insegnanti mancano?
Come riferito dal ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, al momento il ricorso alla Didattica a distanza è stato minimo, pari al 6,6%, mentre la Ddi (didattica digitale integrata) ha coinvolto solo il 13,1% degli studenti, il che significa che complessivamente ci sono 64.368 classi in modalità a distanza o mista, pari al 19% del totale. Numeri che hanno lasciato perplessi non solo i dirigenti scolastici, ma anche i sindacati, con la FLC CGIL che li definisce “generici e poco trasparenti, quando trasparenza vorrebbe che si sapesse quante sono le classi in presenza totale, quante quelle in dad, quante quelle con didattica mista, quanti i lavoratori assenti per ogni scuola, quanti i supplenti nominati, quante le classi e le scuole costrette a ridurre l’orario per mancanza di docenti”. Il problema, infatti, riguarda anche gli insegnanti assenti e difficilmente sostituibili dai supplenti.
«I sindacati indicano assenze pari al 20% in media, con punte del 30% di docenti o contagiati o in quarantena per contatti stretti. Il problema riguarda soprattutto le scuole superiori, dove questa situazione sta comportando riduzioni di orario» spiega Alessandro Giuliani, direttore de La Tecnica della Scuola.
Perché non si trovano supplenti?
«Un conto è se manca un insegnante alla scuola dell’infanzia o alla primaria, dove è più semplice (ma non sempre) trovare una sostituzione, anche attraverso la Mad, la messa a disposizione. Altro conto è se si parla delle superiori: il procedimento vorrebbe che, per sostituire un docente ammalato o in quarantena, si debba fare ricorso in prima battuta alle graduatorie di istituto, che però sono ampliamente esaurite, specie per alcune materie: è il caso di quelle più tecniche, scientifiche come matematica (di cui la carenza di insegnanti è nota e cronica da tempo) o anche di sostegno – spiega ancora Giuliani – Il passo successivo è ricorrere alla Mad, la messa a disposizione, ma anche in questo caso non sempre si riesce a risolvere il problema». Spesso, infatti, i possibili supplenti sono contattati il giorno prima, cioè quando il docente titolare comunica l’esito di un tampone o il provvedimento di quarantena per contatto con positivo. A quel punto non è detto che, con un preavviso così scarso e soprattutto con la prospettiva di una supplenza molto breve, l’eventuale sostituto accetti l’incarico. Bisogna tenere presente, infatti, che le quarantene adesso sono molto più brevi: un conto è accettare un incarico di più mesi, di un mese o almeno di quindici giorni, altro è una supplenza di 3, 4 o 5 giorni» osserva il direttore de La Tecnica della Scuola.
Cosa succede se mancano i docenti?
Il risultato è che sta accadendo sempre più spesso che le scuole siano costrette a soluzioni di “emergenza”: «Sulla base delle segnalazioni che ci stanno arrivando, molti istituti stanno proseguendo l’anno con una didattica di fatto ridotta, cioè o con ingressi posticipati degli studenti in caso di assenze degli insegnanti nelle prime ore, oppure con uscite anticipate, se le lezioni “buche” sono alla fine della mattinata» spiega Giuliani. Questo non fa che aumentare le difficoltà dei ragazzi e delle famiglie.
Dove sono finiti gli “insegnanti Covid”?
Eppure lo scorso anno era stato annunciato il reclutamento di molti cosiddetti “insegnanti Covid”, da affiancare proprio in casi di assenze dei titolari di cattedra. Che fine hanno fatto? «Lo scorso anno erano 70mila, ma quest’anno sono stati ridotti a circa 15/20mila. Considerando che i plessi scolastici sono circa 40mila in Italia, parliamo di 1 docente Covid ogni 2 plessi. Facciamo l’esempio di un istituto che abbia 100 insegnanti: se ne mancano 20, pari appunto al 20%, con i due a disposizione non si riesce comunque a coprire l’esigenza. Al momento si arriva a 44mila persone, compreso però il personale ATA, cioè i collaboratori assunti per sanificare aule e laboratori, per esempio. Tra l’altro c’è un altro problema – prosegue Giuliani – Il loro contratto scadeva il 30 dicembre: con la legge di Bilancio si è riusciti a ottenere uno stanziamento di 400 milioni di euro per prorogare i termini, ma solo fino al 31 marzo. Cosa succederà poi?».
I genitori possono sostituire i professori?
In situazioni del genere è accaduto anche che una preside abbia deciso di chiedere aiuto ai genitori. Si tratta dell’iniziativa dell’istituto comprensivo di Bogliasco, Pieve e Sori (Genova) la cui dirigente ha pubblicato un “annuncio” sul registro elettronico della scuola, scrivendo: «Dateci una mano e occupate le cattedre fino a quando non rientreranno i titolari». L’appello non è caduto nel vuoto perché in poche ore molte mamme e papà del comprensorio, che raggruppa scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado, hanno risposto. La preside, Enrica Montobbio, ha comunicato i requisiti richiesti e sta vagliando le candidature: “Laurea magistrale (o triennale) in Scienze della formazione primaria o dell’infanzia, diploma di maturità magistrale o di scuola magistrale conseguito prima e dopo il 2003, laurea magistrale (o triennale) in materie umanistiche e scientifiche che diano accesso all’insegnamento o in pedagogia, sociologia e affini” per i più piccoli (asilo ed elementari), mentre per le medie è stata chiesta “una qualsiasi laurea magistrale o triennale che consenta l’accesso all’insegnamento, prescindendo dai 24 crediti formativi universitari per i concorsi”.
A rispondere sono stati diversi genitori al momento disoccupati. Certo, si tratta di una iniziativa di emergenza, come ammesso da qualche “aspirante insegnante” al Il Secolo XIX: «Non avrei mai fatto la professoressa, nemmeno per un giorno, perché credo che per certi lavori non ci debba essere approssimazione, ma questa è un’emergenza e c’è bisogno di tutti».