La scuola italiana è sempre la stessa. Non migliora mai e non prepara adeguatamente i ragazzi al futuro. Dovrebbe avere una visione più internazionale, usare maggiormente la tecnologia, dotarsi di un piano di studi al passo con i cambiamenti. E’ questo il parere dei genitori italiani sul sistema d’istruzione del nostro Paese. La fotografia arriva dalla “Varkey Foundation”, l’ente benefico per l’istruzione globale, che ha intervistato oltre 27.000 genitori di 29 Stati, producendo il report più completo mai condotto fino ad oggi sugli atteggiamenti dei genitori di tutto il mondo in relazione all’istruzione dei propri figli ed al loro futuro.
La scuola italiana nel giudizio dei genitori
Il quadro che ne esce sull’Italia è a tinte fosche. Solo un genitore italiano su cinque (21%) ritiene che gli standard educativi della scuola siano migliorati negli ultimi dieci anni. È il quarto valore più basso, insieme al Giappone (21%), dopo Russia, Sudafrica (20%), Germania (19%) e Francia (8%). C’è di più: oltre la metà (56%) dei genitori ritiene che gli standard educativi, nello stesso periodo, siano peggiorati.
Mamme e papà bocciano le aule e gli insegnanti italiani: solo il 34% ritiene che la qualità delle scuole pubbliche in Italia sia buona, risultato complessivamente in linea con la classifica dell’indagine PISA che vede l’Italia al 34esimo posto su 70 nazioni. Il 31% considera la qualità dei nostri istituti scarsa o molto scarsa: la cifra più eleata tra le cinque maggiori economie dell’Ue.
I genitori sono decisamente preoccupati per il futuro dei loro figli al punto che il 43% ritiene che la scuola non li prepari adeguatamente al mondo del 2030 e oltre il 72% afferma che una prospettiva internazionale di più ampio respiro sarebbe uno dei tre migliori metodi che le scuole potrebbero adottare per preparare meglio i ragazzi.
Perché la nostra scuola non funziona?
Di fronte a questi dati dobbiamo porci qualche interrogativo: come mai mamme e papà hanno perso fiducia nei nostri insegnanti? Perché la scuola non rappresenta più un’istituzione alla quale affidare i propri figli senza pensieri? Cosa non ha funzionato in questi anni nel nostro sistema d’istruzione?
La notizia arrivata dal Friuli ci aiuta a comprendere perché i nostri genitori guardino con diffidenza ai docenti: tre candidati su quattro al concorso per la scuola dell’infanzia non sono stati ammessi all’orale a causa degli errori ortografici negli scritti: “per evitare che tutto fuoriesce”, sono sparite le “acca”, le doppie, la concordanza tra soggetto e verbo e la consecutio. Non solo. I futuri maestri nei loro temi hanno sostituito i “perché” con i “xché” e abbreviato i “comunque” con le tre consonanti “cmq”.
Ad aumentare l’immagine negativa della classe docente sono i tanti maltrattamenti subiti dai bambini. L’ultimo caso di una lunga serie si è registrato alla scuola statale dell’Infanzia “Trilussa” di via Turati a Pomezia, in provincia di Roma, dove tre maestre sono state arrestate dai Carabinieri su mandato della procura di Velletri con l’accusa di aver sottoposto alcuni bambini, di età compresa tra i 3 e i 5 anni, a reiterati atti di violenza fisica, morale e psicologica, umiliandoli, con vessazioni e insulti di vario genere, di fronte all’intera classe. I fatti di violenza si sono registrati soprattutto nelle scuole dell’infanzia ma hanno coinvolto anche primarie, scuole medie e superiori dove qualche professore attraverso lo strumento della chat ha abusato di ragazze minorenni.
I maestri devono fare anche gli educatori
Siamo di fronte ad una crisi della professionalità di maestri e professori. In questa fase complessa della società dove i bambini e i ragazzi sono sollecitati da diversi fattori esterni alla famiglia (Internet ad esempio), mamme e papà chiedono ai docenti di non essere solo preparati (e non sempre lo sono), ma anche di saper fare gli educatori. Non basta più avere in tasca una laurea in lettere o in matematica per poter insegnare in una scuola secondaria di primo o secondo grado.
Negli ultimi anni gli italiani che hanno figli hanno riposto le loro speranze nella “Buona Scuola” ma sono rimasti delusi. D’altro canto la riforma targata Giannini-Fedeli ha introdotto qualche novità significativa ma non ha toccato i nodi cruciali della scuola: le medie, che restano l’anello debole del sistema; la revisione dei cicli; la formazione degli insegnanti e il ricambio generazionale.
I nostri insegnanti sono i più vecchi d’Europa
Partiamo da quest’ultimo dato: i nostri insegnanti sono i più vecchi d’Europa, con il 57,2% di ultracinquantenni, a fronte di una media europea del 36%. È significativa e preoccupante la crescita esponenziale dei docenti ultra 60enni, che hanno raggiunto il 18% contro la media Ue di appena il 9%. Nelle scuole dell’infanzia dove avvengono la maggior parte dei maltrattamenti lavorano maestre che da oltre quarant’anni si dedicano ai bambini. Spesso si tratta di persone prive di qualsiasi sostegno e di qualsiasi aggiornamento.
E’ chiaro che nella scuola dell’infanzia servono risorse umane giovani sia dal punto di vista fisico che psicologico. Come può una 62enne rincorrere un bambino di tre anni? La nostra scuola non ha bisogno di nonni e mamme ma di professionisti. I genitori chiedono una scuola nuova, moderna: il 65% auspica una maggiore attenzione alla preparazione dei figli nell’utilizzo di tecnologie nuove ed emergenti; il 53% una maggiore enfasi su nuovi tipi di carriere, impieghi e competenze necessarie in vista del futuro; il 46% maggiore preparazione su competenze non convenzionali o “soft” che saranno indispensabili in futuro.
Saremo capaci di costruire una scuola diversa? Credo che questo cantiere debba essere aperto al più presto e con la partecipazione critica di mamme e papà.