Gli ultimi dati Invalsi pubblicati lo scorso luglio avevano già rilevato il problema: la scuola media, e di conseguenza quella superiore, è il periodo in cui molti studenti italiani ad accumulare lacune nell’apprendimento. Lo conferma il nuovo rapporto stilato da Barbara Romano e Andrea Gavosto per Fondazione Agnelli (si può leggere qui) sullo stato di salute della scuola media, a dieci anni di distanza dalla prima ricerca, pubblicata nel 2011, che già rilevava un declino degli apprendimenti dalle primarie alla secondaria di primo grado e un’esplosione delle disuguaglianze nei risultati in base all’origine socio-culturale degli studenti. All’origine della crisi c’era anche una peculiare situazione di disagio del corpo docente, che riguardava diverse dimensioni: età, formazione, standard professionali, reclutamento, motivazioni e carriera. Ma com’è la situazione dieci anni dopo?
Nella scuola media si aggravano le diseguaglianze tra gli studenti…
Il rapporto evidenzia come, a distanza di 10 anni, la qualità degli apprendimenti degli allievi di secondaria di primo grado resta critica, inferiore non solo a gran parte degli altri Paesi avanzati, ma anche ai livelli che ci si poteva attendere sulla base dei risultati alla primaria dove invece, come già evidenziavano gli Invalsi del 2021, gli studenti italiani sono al passo con gli studenti di tutto al mondo. Tuttavia, al termine delle elementari la situazione cambia drasticamente, e le diseguaglianze che già erano emerse negli anni precedenti si aggravano, a cominciare dal ben noto divario tra Nord e Sud.
Se infatti al termine della primaria gli allievi nei diversi territori fanno registrare risultati simili, dopo i tre anni di scuola media il Sud resta indietro: 17 punti in meno per l’area che comprende Abruzzo, Molise, Campania, Puglia e 27 punti in meno per l’area che comprende Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia. A differenza di 10 anni fa, si manifestano anche i divari di apprendimento che penalizzano gli studenti di origine straniera rispetto ai loro pari con genitori italiani. Rimangono stabili rispetto alla primaria sono le differenze di genere, con le ragazze indietro rispetto ai ragazzi in matematica e scienza: nel corso del tempo le distanze si sono ridotte, ma soltanto per via di un consistente peggioramento dei maschi.
… ma c’è un problema anche con il corpo docente
L’altra faccia della medaglia riguarda poi i docenti. Il rapporto di Fondazione Agnelli rileva infatti come, nonostante le numerose assunzioni in ruolo della legge della Buona Scuola del 2015 e il recente aumento dei pensionamenti, non si è verificato in questi ultimi anni il ringiovanimento dei docenti che si auspicava: l’età media dei professori era poco più di 52 anni nel 2011, mentre ora è di poco inferiore. Mentre 1 docente su 6 ha 60 anni e oltre, coloro che vanno in cattedra prima di 30 anni sono solo 1 su 100.
Nell’anno scolastico 2020-21 i docenti della secondaria di primo grado – a tempo indeterminato e determinato – erano 202.000, circa il 13% in più del 2011 (nello stesso periodo la popolazione studentesca alle medie è scesa del 3%). Poiché il numero di docenti di ruolo è rimasto quasi invariato (144.000 mila nel 2011, l’anno scorso poco più di 142.000), l’incremento si deve interamente alla crescita dei docenti precari: gli incarichi annuali o “fino al termine delle attività didattiche” erano circa 35.000 (19%), l’anno scorso quasi 60.000 (30%). In particolare, nell’a.s. 2020-21 era drammatica la percentuale di precari nel sostegno (60% del totale del sostegno). Un altro tasto dolente riguarda poi la cosiddetta “giostra degli insegnanti”, cui la scuola media è particolarmente soggetta: da un anno all’altro soltanto il 67% dei docenti rimane nella stessa scuola (83% nella primaria, 75% nelle superiori, dati dell’a.s. 2017-18), con le prevedibili conseguenze negative per la qualità didattica.
I problemi di didattica e aggiornamento
Sul fronte della preparazione, infine, i dati rilevati sono quantomeno curiosi: mella scuola media, infatti, 8 docenti su 10 si sentono ben preparati nei contenuti disciplinari, mentre solo 4 su 10 si sentono adeguati nella didattica della propria materia e nella pratica d’aula. Sorprendentemente, però, soltanto l’11% pensa di avere bisogno di ulteriore formazione didattica. «Pensiamo che oggi per la scuola ci sia una sola priorità, che riassume tutte le altre: fare crescere gli apprendimenti dei ragazzi» spiega Gavosto, «Il riscatto degli apprendimenti è allora ovviamente fondamentale nella scuola media, dove esplodono divari e disuguaglianze. Le politiche di cui si parla nel Piano nazionale ripresa resilienza [il piano varato dal governo dopo l’emergenza Covid, ndr] vanno per forza declinate nel grado scolastico più in difficoltà: in particolare, l’orientamento, la formazione e il reclutamento dei docenti, la didattica, proprio le aree di intervento che abbiamo indicato».