Niente più punizioni in classe alla scuola primaria, dalle ammonizioni e note sul registro alle espulsioni. A deciderlo è stata la Camera che, approvando la legge che reintroduce l’educazione civica nelle ore scolastiche, ha cancellato un Regio Decreto del 1928 che prevedeva forme di punizione in caso di comportamenti scorretti da parte degli alunni alle elementari, arrivando fino all’espulsione. La novità è contenuta in un emendamento alla legge, che ora passerà al Senato per il via libera definitivo.
La notizia è stata accolta con favore dai presidi e dirigenti scolastici, che rassicurano: “Non si tratta di un ‘liberi tutti’. Era una norma superflua di cui ci si era dimenticati per anni e che nessuno ha pressoché mai applicato. Era giusto abrogare il Regio Decreto. Casomai il problema è un altro: mettere in atto una piena collaborazione con le famiglie, perché alcuni comportamenti gravi possono verificarsi anche già a 9 o 10 anni e occorre intervenire insieme” spiega Paolino Marotta, presidente dell’ANDiS, l’Associazione Nazionale Dirigenti Scolastici.
Meno punizioni, più educazione
“In tanti anni non ho mai visto fare ricorso alle punizioni previste dal Regio Decreto, anche perché si trattava di una norma nata in un contesto storico differente. Prevedeva interventi punitivi, mentre da tempo l’orientamento è quello di mettere in atto azioni educative e rieducative. Non stiamo parlando del Codice della Strada e di automobilisti adulti, ma di bambini e ragazzi molto giovani” spiega Marotta, che aggiunge: “Come accaduto negli ultimi anni, si potrà sempre contare sui regolamenti d’istituto, messi a punto dai consigli d’istituto, che possono prevedere forme di intervento in caso di comportamenti inadeguati. Resterà anche la possibilità di riprendere oralmente gli alunni, scrivere note sul diario o convocare i genitori”.
Insomma, i tempi delle punizioni corporali sono passati da molto: le immagini dei maestri che davano bacchettate sulle mani o facevano inginocchiare sui ceci sono archiviate. Oggi per affrontare problemi di comportamenti nelle aule delle scuole primarie si ricorre più spesso all’intervento di esperti, come psicologi che seguono percorsi di inclusione e accoglienza nei confronti dei soggetti con maggiori difficoltà. È quanto accade, ad esempio, in alcune scuole della Liguria e non solo.
Se la scuola punisce meno, restano i genitori
Ma cancellare il possibile ricorso a provvedimenti disciplinari non lascerà un vuoto? “In linea teorica l’abolizione del Regio Decreto è corretta, si trattava di una legge superata anche perché le norme attuali che riguardano i bambini prevedono che fino a 14 anni, se un ragazzino compie un atto illecito con dolo o colpa, a risponderne siano i genitori” spiega Alessandro Giuliani, direttore de La Tecnica della Scuola. “Il problema è come intervenire nel caso di famiglie assenti o manchevoli, che già alle medie iniziano a non presentarsi ai colloqui o lasciano ragazzini di 12 o 13 anni a se stessi. O quelli di famiglie oppositive, che non solo non collaborano con la scuola, ma ne contestano decisioni e ruolo: i casi sono in aumento, specie nelle zone periferiche o laddove è più alta la presenza di stranieri che non hanno la cultura della compartecipazione con la scuola. In questi casi la scuola si priva di qualsiasi strumento, se non i regolamenti interni per i casi più difficili
I genitori temono la totale impunità
Nonostante le rassicurazioni, resta una certa preoccupazione soprattutto da parte dei genitori: “Fermo restando che i genitori hanno una grossa responsabilità nell’educazione dei figli, perché sono la prima agenzia educativa – seguita dalla scuola -, abbiamo qualche perplessità” dice Rosaria D’Anna, presidente dell’AGE, Associazione italiana Genitori. “Dal 2010 stiamo assistendo a un riassetto generale dei regolamenti che riguardano la condotta a scuola, nel senso che aumenta il carico per le famiglie: quello che vorremmo è che ciascuno facesse la propria parte. Non vorremmo che l’abolizione delle sanzioni facesse passare il concetto che d’ora in poi ci sarà la totale impunità rispetto a piccoli episodi: piccoli perché riguardano i bambini, anche se la cronaca dice che i casi di bullismo sono sempre più frequenti fin dalla scuola primaria”. Il riferimento polemico è anche all’abolizione della norma che prevedeva la non ammissione alla classe successiva per chi aveva un “voto di comportamento” (ex “voto in condotta” inferiore a 6/10), firmata dall’ex ministro dell’Istruzione, Fedeli, ad aprile del 2017 nell’ambito del decreto che rendeva operativa la legge 107/2015.
Occorrono percorsi educativi precoci
“Insomma, per il ragazzino che mette in atto comportamenti non corretti dovrebbe comunque essere previsto un provvedimento educativo condiviso tra scuola e famiglia. Per questo noi da tempo insistiamo sul fatto che dovrebbero essere realizzati percorsi educativi fin dall’inizio della scuola primaria”.
E nel caso di famiglie difficili? “Il problema riguarda proprio i casi di genitori meno attenti, per i quali c’è da auspicare che entrino in gioco anche altri attori, come i servizi sociali. Non va dimenticato che in alcune scuole bambini di quinta elementare vanno a scuola con coltellini o sono stati protagonisti di colluttazioni con gravi lesioni ai compagni di banco. Come si gestiscono? Siamo tutti d’accordo che la punizione fine a se stessa non porta a nulla di buono e occorre un’azione educativa più efficace, ma una volta abolita la nota sul registro, che facciamo?” si chiede D’Anna.
Quali interventi restano alla scuola?
I presidi ritengono che i regolamenti di istituto possano permettere ai docenti di intervenire comunque in caso di comportamenti scorretti. “Non vorremmo che l’abolizione del Regio Decreto si limitasse ad un adempimento in meno di cui la scuola debba farsi carico, perché dopo la nota sul registro era previsto che si riunissse il consiglio di classe e deliberasse un provvedimento specifico per l’alunno in questione. È chiaro che noi invitiamo le famiglie a essere ancora più attente e a esercitare il loro ruolo educativo, ma per quelle che lo fanno già? Temo che al momento non ci siano strumenti adeguati per proteggere quella fascia più debole che non può contare su genitori presenti” conclude D’Anna.
I consigli di istituto potranno comunque mettere a punto singoli regolamenti, che prevedano anche sospensioni o espulsioni, come accaduto ad esempio in casi di bullismo recenti in scuole di ordine superiore. Resta la considerazione che si dovrà pensare a possibili interventi adeguati all’età degli alunni delle scuole primarie.
Il ruolo dell’educazione civica
La legge approvata dalla Camera prevede l’introduzione (o la reintroduzione) dell’insegnamento dell’educazione civica in tutte le scuole, primarie comprese. Sono previste 33 ore all’anno, una alla settimana, fin dal prossimo anno scolastico, con tanto di voto in pagella e valutazione finale. La norma ha un obiettivo chiaro: “sviluppa la conoscenza e la comprensione delle strutture e dei profili sociali, economici, giuridici, civici e ambientali della società. Iniziative di sensibilizzazione alla cittadinanza responsabile sono avviate dalla scuola dell’infanzia”.
“Se ne parlava da tempo e l’obiettivo, anche in Commissione dove siamo stati chiamati a intervenire, era quello di affrontare la deriva in corso nell’ambito della disciplina” dice Paolino Marotta, presidente dell’ANDiS. Ma potrà essere sufficiente per far crescere il senso civico nei più giovani? Marotta esprime qualche perplessità: “Il problema è che non si affrontano i disagi legati a bullismo, discriminazione o razzismo soltanto rafforzando un insegnamento e rendendolo obbligatorio. In questo modo si aumentano le responsabilità dei docenti e degli studenti, mentre occorre un maggiore coinvolgimento delle famiglie”.