La campanella suona alle 17.30, ma già alle 16 il viavai è continuo: gli studenti ripassano insieme sui libri, mentre in aula magna si susseguono iniziative e incontri. Lingue e volti all’Istituto Giorgi di Milano hanno tante sfumature diverse, eppure si respira un forte senso di appartenenza e di democrazia. L’uguaglianza, qui, non è una parola vuota. Siamo alla periferia sud di Milano. A un passo dai Navigli e dalla movida, si trova la scuola serale più grande d’Italia, nata oltre 5 decenni fa: 990 iscritti di tutte le nazionalità, dai 16 ai 65 anni, divisi in 5 indirizzi, dal tecnico al liceo scientifico. Portano sui banchi le loro storie uniche e diverse: c’è chi ha rischiato la vita sui barconi, c’è la 30enne cinese che sogna di iscriversi a Economia e l’operaio brianzolo che si regala il diploma per i 50 anni. «Tutti sono in cerca di riscatto, di un’altra possibilità. E chiunque, nessuno escluso, ha una grande determinazione» spiega la dirigente Angela Izzuti, una vita da prof e ora alla guida della scuola con un team di 84 insegnanti. «La maggior parte degli studenti lavora per mantenersi e incastra turni e permessi per venire a lezione. Eppure non mancano mai, si preparano con serietà ed entusiasmo. Basta guardarli per capire che possiedono quella che un tempo si chiamava fame: la voglia di farcela».
La voglia di dare il meglio brilla negli occhi di Aloù
Ha 38 anni, arriva dal Mali e frequenta il corso di Meccanica. «Nel mio Paese lavoravo nel commercio, poi sono iniziati gli scontri etnici e le carestie. Ho perso tutto e 12 anni fa sono venuto in Italia» racconta durante il laboratorio di Macchine utensili. Mentre parla non stacca mai le mani dal tornio, l’insegnante dice che è uno dei più portati. «Per fortuna ho trovato presto un impiego come operaio. Il problema era la lingua: ho 2 figlie, volevo che crescessero parlando italiano, ma io per primo masticavo poche parole. Così mi sono iscritto in terza media in un altro istituto e non mi sono più fermato. Devo diplomarmi per migliorare il curriculum, cerco una promozione per poter offrire il massimo alla mia famiglia». Ci spostiamo nelle aule di Amministrazione, finanza e marketing, la vecchia Ragioneria. Stefano Restelli, 26 anni, è appena uscito da una lezione dedicata al business plan. «Di giorno faccio il barman nell’attività di famiglia, ma sogno di creare una start up, un’impresa tutta mia. All’inizio i miei genitori temevano che fosse solo un colpo di testa e che poi mollassi tutto. Invece sto dimostrando a loro e a me stesso che nella vita non è tutto già deciso, che si può lasciare la strada che gli altri hanno tracciato per te e trovarne una migliore».
«Le criticità non mancano ma lo scopo è portare tutti al diploma, senza scorciatoie. Li aiutiamo con tutor e piani individuali»
Mentre il buio cala sulla scuola, fuori la gente conclude la sua giornata. Dentro, invece, si inizia. Oltre alle lezioni ordinarie, il Giorgi propone corsi e full immersion per colmare le lacune. Perché, aggiunge la dirigente, lo scopo è portare tutti al diploma ma senza scorciatoie: «Il percorso è identico a quello delle scuole diurne, e le criticità certo non mancano: gli stranieri faticano con l’italiano, gli adulti con le interrogazioni. Servono piani di studio personalizzati, contatti diretti con le aziende che offrono prima stage e poi contratti veri, e tutor che facciano appassionare allo studio ragazzi che l’hanno sempre detestato. Così combattiamo anche il tasso di abbandono: qui chi si iscrive finisce sempre il percorso». Come spera di fare Sara Ashraf, 21enne nata in Egitto: «Prima frequentavo l’istituto turistico ed ero sempre etichettata come “la svogliata”. Qui non mi sento giudicata, c’è un’atmosfera famigliare che mi aiuta a lasciar fuori paura e timidezza. All’inizio, per esempio, i prof mi interrogavano solo su argomenti a mia scelta per sbloccarmi e ora sono orgogliosa dei voti. Frequento il terzo anno e quasi quasi poi mi iscrivo all’università».
Un futuro migliore, tra questi banchi, torna a essere possibile anche per tanti adulti
Come quelli che avevano abbandonato gli studi da ragazzi perché in casa serviva uno stipendio in più. Silverio, 38enne che viene dal Brasile, è operaio in una ditta nel milanese in cassa integrazione. «Frequento il corso di Meccanica e meccanotronica per specializzarmi: un domani il lavoro sarà sempre più automatizzato e voglio farmi trovare pronto. L’anno scorso non ho frequentato perché è nata la mia seconda figlia e non riuscivo a incastrare i turni e le sue esigenze, ma ora la maturità non mi scappa». E se gli fai i complimenti, si ritrae intimidito. «Faticare e dare il meglio è un dovere di tutti» dice. Sono le 22.30, le lezioni stanno finendo, ma le luci rimangono accese in un laboratorio. Raul sta testando con un compagno un prototipo che presenterà all’esame di Stato. «Da giovane non avevo voglia di studiare e adesso mi regalo il diploma per i miei 50 anni. Non è stato facile prepararsi per le verifiche, memorizzare formule e date. Eppure ce l’ho fatta, sono uno studente e adesso mi sento anche un uomo migliore».