Tra circolari d’istituto in continuo aggiornamento, consegna dei banchi monoposto ancora in corso, 50.000 cattedre vacanti e le preoccupazioni persino del Presidente Sergio Mattarella, la scuola prova a riaprire i battenti. Per la maggior parte degli 8 milioni di studenti italiani e dei 2 milioni di personale scolastico si rientra in aula il 14 settembre (alcuni hanno già iniziato il 1° con i corsi di recupero), per altri si aspetterà il 22, dopo il voto delle elezioni regionali e del referendum.
Per il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina «stiamo scrivendo la storia», ma un’indagine di Save The Children racconta come i genitori stiano vivendo tra dubbi e incertezze: il 37% teme orari incompatibili col lavoro, il 51% ha paura dei rischi legati al distanziamento fisico, 18% ritiene che il proprio figlio abbia lacune dovute al confinamento.
Abbiamo chiesto a 5 esperti di aiutarci a fare chiarezza e, allo stesso tempo, di guardare avanti, per capire come la scuola può migliorare. E imparare a valorizzare le didattiche d’emergenza sperimentate nei mesi del lockdown.
«Serve una formazione unica per i docenti sulla didattica digitale, la risorsa in caso di nuovi stop»
Andrea Gavosto, direttore di Fondazione Agnelli: «Rispetto al periodo pre-Covid, la scuola è di certo diventata un tema centrale per le famiglie, che ne hanno capito meglio il valore proprio quando è venuta a mancare. Purtroppo, il timore che qualcosa si sia perso per strada è reale: in Italia non possiamo ancora quantificarlo, perché sono saltati i test Invalsi di maggio, che invece negli Stati Uniti e in Gran Bretagna sono stati effettuati. E il risultato non consola: il 30% degli studenti ha avuto un calo nell’apprendimento della lingua madre e ben il 50% in matematica. L’Oms ha parlato di una “catastrofe educativa”, ed è stata calcolato che ci sarà una perdita del 10% dei Pil nazionali quando queste generazioni entreranno nel mercato del lavoro. Guardando a oggi, ciò che potremo aspettarci sarà una ripartenza scolastica con possibili chiusure temporanee. Il ministero ha puntato sulla riapertura in presenza, ma ciò che andrebbe potenziato è la formazione unica dei docenti sulla Ddi, la Didattica digitale integrata, l’ex Dad. Che non si può ancora una volta improvvisare perché ha regole precise: lezioni di massimo 20 minuti, intervalli regolari, spazi di lavoro autonomi e di gruppo, giochi per stimolare l’attenzione, tutoring individuali. Inoltre, in caso di nuova emergenza, si potrebbe imitare la Germania: concentrare l’insegnamento sulle materie principali come italiano, matematica, inglese, scienze. E lasciare le scuole aperte dalle 7 del mattino alle 7 di sera: questo sgraverebbe le famiglie e aiuterebbe la ripartenza del Paese».
«La scuola non è solo un edificio: è una comunità che ha bisogno di ripensare i suoi spazi»
Lorella Carimali, docente di matematica e fisica, finalista al Global Teacher Prize e autrice di L’equazione della libertà (Rizzoli): «Insegno matematica da 30 anni, sono docente in un liceo milanese e sono convinta che la materia di cui sono innamorata sia la chiave per la rinascita personale e collettiva. Ho fatto parte della Commissione Bianchi, un team di 18 esperti chiamati dal ministro dell’Istruzione per ripensare la ripartenza della scuola. In particolare, con l’architetto Giulio Ceppi abbiamo lavorato a un progetto di spazi “matematici” e scientifici pensati come biblioteche, realizzati in edilizia leggera nei cortili degli istituti o degli asili, e aperti alla comunità anche nei fine settimana. Luoghi che diventino riconoscibili per tutti, proprio come lo è una biblioteca, e dove per esempio i più piccoli trovino arredi con forme da comporre e i più grandi mettano in pratica il metodo sperimentale e la progettazione. Ripensare lo spazio degli istituti, oggi, è prioritario non solo in termini di distanziamento fisico. La scuola non sono soltanto ragazzi e ragazzi, la scuola è una comunità intera. Sa cosa faccio quando entro per la prima volta in una classe? Mi metto subito a cercare il “noi”. In meno di un anno lo trovo».
«Va limitato l’isolamento nei più piccoli: si rischia l’impoverimento educativo»
Giorgio Tamburlini, pediatra, presidente del Centro per la Salute del Bambino: «Oggi ci sono evidenze scientifiche che dicono che i bambini piccoli si ammalano meno e hanno rischi più bassi di contrarre l’infezione da Covid, soprattutto nella fascia nido-materna. Per questo motivo, bisognerebbe tenere maggiormente in conto i danni collaterali causati dalle possibili nuove chiusure e quarantene previste dai protocolli di sicurezza delle Asl. Sappiamo che i mesi di lockdown non hanno colpito solo i bimbi fragili, quelli con bisogni educativi speciali o in situazioni sociali e famigliari disagiate, ma in generale hanno causato regressioni e rallentamenti nella capacità di apprendimento, oltre alla perdita di relazioni importanti. È necessario attrezzarsi per ridurre il più possibile i nuovi isolamenti domestici, trovando luoghi come gli oratori, gli spazi delle onlus o dei privati, per accogliere i bambini allontanati da scuola, che così potrebbero continuare a studiare sotto la guida in remoto dell’insegnante e in presenza di un operatore che faciliti la loro comunicazione. In più, andrebbero rivisti i rapporti numerici troppo restrittivi tra gruppi di bambini ed educatrici negli asili nido, che hanno portato alla chiusura di centinaia di strutture private, impoverendo ancora di più l’offerta di questi servizi per le famiglie».
«Ci vogliono un’alleanza con il territorio e un nuovo patto collettivo»
Andrea Zucca, responsabile del progetto Scuola sconfinata di Fondazione Feltrinelli: «L’emergenza Covid ha reso sempre più evidente che occorre un’alleanza più ampia tra scuola e territorio, così come ha reso necessario l’intervento di tutta la comunità educante. Il progetto Scuola sconfinata parte da questi presupposti ed è stato presentato a giugno al sindaco di Milano Giuseppe Sala, per poi essere esportato in altre città italiane e confluire negli Stati Generali a novembre. Le proposte, sottoscritte da un gruppo di esperti del mondo scolastico, puntano a sfruttare quest’anno “costitutente” per sperimentare in concreto una nuova scuola in cui coinvolgere gli studenti nella progettazione educativa, rispettando le loro fragilità; ridurre il rapporto tra educandi ed educati; promuovere la compresenza tra docenti; potenziare le reti educative di quartiere; rinunciare al concetto di punizione e puntare a una didattica maieutica. Insomma, un’istituzione che guarda al futuro ma fa tesoro degli insegnamenti del passato: come disse il giurista Piero Calamandrei, “la scuola è l’organo centrale della democrazia”. E la chiave per ripensare il domani».
«Il lockdown ci ha fatto capire che la scuola è la casa di tutti i bambini. E può essere più smart»
Alex Corlazzoli, maestro, giornalista e autore, tra gli altri, di Tutti in classe (Einaudi): «La scuola è e resta una casa per tutti i bambini: un luogo dove non solo si impara ma dove trovi qualcuno che ti dedica del tempo, che ti ascolta, che si siede accanto a te, che ti consola quando piangi. Ora le aule sono tornate a vivere, in maniera nuova e diversa. Purtroppo è tornata anche la cattedra dove il maestro deve rigorosamente posizionarsi a 2 metri dall’alunno; la lezione frontale; il banco monoposto; l’ora di educazione motoria senza gioco. Chi insegna si è accorto da subito, durante il lockdown, che a rimetterci in termini di impoverimento culturale e sociale sono stati i bambini più fragili, quelli più in difficoltà. Sono loro ad aver vissuto in quei mesi di chiusura senza un libro in casa; spesso senza la Rete; qualche volta senza una famiglia che li sosteneva. La scuola sarà in grado di aiutarli e di non ricadere negli stessi errori? Resta la consolazione di aver imparato a rendere alcuni meccanismi più smart, cosa che sembrava impensabile fino a pochi mesi prima: finalmente i colloqui tra maestri e genitori saranno online, finalmente quando un bambino sarà ammalato potrà seguire le lezioni anche da casa».
A scuola con il Covid: le regole da rispettare
Sì alle mascherine, ma sopra i 6 anni e solo negli spazi comuni: seduti in aula si potranno togliere. No al certificato medico in caso di malattia. Via libera a 2,4 milioni di banchi monoposto, che saranno forniti a tutte le scuole nei prossimi mesi. Ogni classe avrà un dispenser di igienizzante e ogni genitore dovrà misurare la febbre al bambino/ragazzo a casa: se è superiore ai 37,5 gradi non si può andare in classe.
Sono solo alcune delle regole stabilite dalla Protezione Civile a cui dovremo subito abituarci. Tra le altre: ogni scuola dovrà nominare un responsabile Covid. In caso di febbre, l’alunno verrà isolato in una stanza apposita, con un operatore munito di mascherina, fino all’arrivo dei genitori. Che devono immediatamente informare il medico o il pediatra di base. Se risultasse positivo al test, la Asl traccerà i contatti delle ultime 48 ore, provvedendo a metterli in quarantena.