Per i ragazzi di terza media è un momento importante: il 25 gennaio è l’ultimo giorno per iscriversi alle superiori, ma un sondaggio del sito Skuola.net dice che 1 su 2 non ha ancora deciso e che 2 su 3 temono di non trovare lavoro dopo il diploma. A complicare la scelta ha contribuito il Covid, ma alla base c’è soprattutto un mix di pregiudizi e di attività di orientamento poco efficaci. E le conseguenze si pagano: «Molti giovani poi cambiano istituto o lasciano gli studi, tanto che il 14,5% dei nostri adolescenti non termina la scuola dell’obbligo, che è prevista fino a 16 anni d’età» dice Alessandro Giuliani, direttore della rivista online Tecnica della scuola. «Al tempo stesso, le imprese non riescono a reperire diplomati con le competenze giuste».

Ci sono tanti (troppi?) liceali

Negli ultimi anni si sono registrati una costante crescita del numero dei liceali e un calo degli iscritti agli istituti tecnici e ai professionali. Secondo i dati del ministero dell’Istruzione, l’anno scorso il 56,3% degli studenti di terza media, quindi oltre la metà, ha optato per il liceo, con zone – come il Lazio – dove si è sfiorato il 70%.

«Quando parliamo di scuole superiori abbiamo in mente gerarchie rigide: al top mettiamo i licei, seguono i tecnici, i professionali, infine l’istruzione e formazione professionale regionale triennale» dice Emmanuele Massagli, presidente di Adapt (Associazione per gli studi internazionali e comparati sul diritto del lavoro e sulle relazioni industriali). «Da genitori di solito vogliamo che nostro figlio vada a fare un lavoro intellettuale. Fatichiamo ad accettare che possieda la cosiddetta “intelligenza delle mani” e a promuovere questo suo talento».

«Le famiglie restano arroccate su tanti pregiudizi e la stessa scuola fa poco per abbatterli. Fin dalla seconda media bisognerebbe aiutare i ragazzi a riflettere sulle loro attitudini e vocazioni» spiega Martino Bernardi, coordinatore del gruppo di lavoro che ha elaborato Eduscopio della Fondazione Agnelli (vedi sotto). «Se si mostrassero loro, con casi concreti, tutti i lavori che si possono fare dopo un certo percorso di studi, i ragazzi scoprirebbero professioni che li entusiasmano».

Sul liceo e l’università vanno poi chiariti 2 punti. «Il primo» continua Bernardi «è che i licei sono molto cambiati. Oggi offrono tanti indirizzi e alcuni, penso allo scientifico tecnologico, possono attrarre ragazzi e ragazze che fino a qualche anno fa avrebbero optato per un istituto tecnico tecnologico. Il secondo punto è che avere una laurea è ancora premiante sul mercato del lavoro. Quindi, se il proprio figlio ha gli strumenti e le motivazioni per fare un serio investimento sul proprio capitale umano, questo investimento andrebbe fatto scegliendo il percorso di studi superiore che meglio lo possa preparare all’università».

Ma per chi vorrebbe trovare presto un impiego? «Secondo la nostra ultima ricerca, realizzata in fase pre Covid, negli istituti tecnici (economici e tecnologici) e professionali (servizi e industria/artigianato) l’indice di occupazione ha confermato il trend positivo degli ultimi anni. La crescita riguarda sostanzialmente tutti gli indirizzi di studio nelle regioni del Nord e del Centro. Il Sud ha situazioni più differenziate, ma ci sono segnali incoraggianti nelle città principali, da Napoli a Bari, a Palermo».

Va (ri)scoperto l’apprendistato

Quando si cerca un modello positivo per l’occupazione giovanile si guarda alla Germania. «Come hanno rilevato vari studi di istituzioni internazionali, un elemento che spiega il successo del caso tedesco è l’apprendistato, che là è molto diffuso» dice Massagli. «Anche in Italia, in realtà, lo era fino agli anni ’70, poi con la progressiva licealizzazione è stato un po’ accantonato e ora lo si sta rivalutando. Io consiglio, nella scelta della scuola superiore, di informarsi anche se promuova contratti d’apprendistato. Sono su base volontaria: lo studente frequenta per circa il 65% le lezioni a scuola, poi in azienda fa ore sia di formazione sia di vero e proprio lavoro e per queste viene retribuito. È l’elemento che aiuta l’occupabilità dei giovani: la nostra scuola è tutta formazione frontale teorica; con l’apprendistato si formano invece una serie competenze, per esempio il rispetto degli orari e dell’autorità, che risultano poi utili in ogni contesto lavorativo».

Automazione industriale e opportunità di lavoro

Il settore dell’automazione industriale offre sempre più opportunità di impiego. Il volume realizzato da Assolombarda con Confindustria Canavese Il futuro della formazione lo dice chiaramente: oggi solo il 3% dei giovani italiani di età inferiore ai 25 anni alterna percorsi strutturati di studio e di lavoro, mentre la media europea è al 19,9% e al 36,3% in Germania. Le scuole con la vocazione più pratica e laboratoriale sono i tecnici, i professionali quinquennali e ancor più i corsi professionali triennali organizzati su base regionale.

«Nella nostra scuola, come mostrano gli ultimi dati, 4 ragazzi su 5 al termine del percorso hanno un posto di lavoro» spiega Cristina Ghiringhello, direttrice di Confindustria Canavese e direttrice generale di Ciac, consorzio di formazione professionale del Canavese. «I corsi si programmano sulla base delle caratteristiche e delle esigenze del territorio, nel nostro caso c’è una forte sinergia con le imprese anche a livello di docenza e abbiamo laboratori con tecnologie molto avanzate. Il problema è che in Italia gli istituti tecnici e ancor più i percorsi professionali hanno poco appeal dal punto di vista sociale. Sulla formazione professionale in particolare pesano vari stereotipi. Si pensa che sia solo per gli studenti con i voti più bassi e provenienti dalle famiglie meno abbienti. E resta un’immagine fossilizzata: i ragazzi vanno a fare i cuochi o i meccanici, le ragazze le estetiste e le parrucchiere. In realtà qualifiche molto richieste, come quelle legate all’automazione industriale, con l’attuale digitalizzazione dei processi di lavoro non pongono barriere di genere».

Occorre abituarsi alla formazione continua

Scegliere questo tipo di corsi non preclude il conseguimento di una laurea. «Al termine del terzo anno si ottiene una qualifica professionale valida a livello nazionale. Si può fare un quarto anno per il diploma e un quinto anno ponte per accedere all’università» dice Cristina Ghiringhello. Il messaggio ai ragazzi è che continuare a studiare si può, in qualche caso si deve:

«Siamo in un’epoca di formazione continua: durante tutta la vita lavorativa bisogna aggiornarsi» ricorda Alessandro Giuliani. «La stessa Pubblica amministrazione è più esigente di un tempo. Per esempio, per diventare operatore scolastico, cioè fare il bidello, bisogna avere terminato almeno il terzo anno di superiori». E in un mondo in così rapida evoluzione il discorso non finisce qui. Avverte Martino Bernardi: «Molti lavori che i 14enni di oggi faranno da adulti probabilmente non sono ancora stati inventati».

I SITI PER INFORMAZIONI ED ISCRIZIONI

Chi ha figli in terza media ha tempo fino alle ore 20 del 25 gennaio per iscriverli alla scuola secondaria di secondo grado. Lo si fa online sul portale www.istruzione.it/iscrizionionline/. Si indica l’istituto scelto (e l’indirizzo) e in alternativa altri 2 istituti. Se una scuola riceve troppe domande di iscrizione, darà la precedenza in base a criteri decisi dal Consiglio d’istituto, per esempio la distanza tra la sua sede e la residenza del ragazzo.

Ecco 3 strumenti per capire cosa offrono gli istituti:

• Sul sito del ministero dell’Istruzione https://cercalatuascuola.istruzione.it/ o con la relativa app “Scuola in chiaro” si consultano i numeri, i servizi,
gli spazi, l’offerta formativa dei diversi istituti.
• Molte scuole propongono sui loro siti open day virtuali.
• Il portale Eduscopio della Fondazione Agnelli (eduscopio.it) mostra quali scuole preparano meglio agli studi universitari o al lavoro dopo il diploma (ha raccolto i dati di 1.275.000 diplomati in 7.400 indirizzi di studio nelle scuole secondarie di secondo grado statali e paritarie).