La scuola che diventa campo di battaglia (elettorale) Palermo, gennaio 2019: un gruppo di studenti dell’Istituto Tecnico Industriale ‘Vittorio Emanuele III’ di Palermo prepara un power point sulla Giornata della Memoria e paragona il Decreto Sicurezza alle leggi razziali emanate da Mussolini nel 1938. Maggio 2019: la loro docente di Italiano, Rosa Maria dell’Aira viene sospesa dall’insegnamento per due settimane con dimezzamento dello stipendio per non aver esercitato una adeguata sorveglianza sul lavoro dei suoi studenti.
Scordia (Catania), 20 maggio 2019: Giusi Cristaudo, maestra di terza elementare, viene sospesa per due giorni per avere dato uno scappellotto a un suo scolaro. Fatto riprovevolissimo che lei definisce però un gesto fatto con affetto. La madre del bambino rincara la dose dell’accusa: la maestra in classe legge ‘Il diario di Anna Frank’ e plagia gli alunni “accostandoli a nozioni comuniste”. In men che non si dica la storia transita dalle chat di Whtasapp delle mamme ai post di Facebook dei politici locali e diventa di pubblico dominio.
Maggio 2019: alcuni studenti di quarta e quinta del Liceo Artistico ‘Russoli’ di Pisa realizzano per una galleria d’arte contemporanea un collage che raffigura il volto del vicepremier Salvini usando come tessere centinaia di immagini di naufragi e di migranti. Il ministro sembra prenderla bene (twitta sardonico “evviva l’arte”, “evviva Pisa!”, #portichiusi, #mentiaperte) e lascia che a polemizzare siano i suoi fedelissimi: la sindaca di Cascina si indigna e la referente della Lega in Toscana chiede che l’opera dei ragazzi –definita da lei stessa su Facebook un “falso ideologico”- venga rimossa.
La scuola italiana in queste settimane è stata investita dall’asprezza dello scontro politico pre-elettorale che non risparmia nessun segmento del Paese.
Come era prevedibile, di fronte ai fatti di Palermo è cominciata una (tardiva) corsa ai ripari da parte delle istituzioni: alcuni ministri ed esponenti di partito si dichiarano desiderosi di incontrare la prof Dell’Aira, qualcuno la vorrebbe ospite in senato con i suoi studenti: forse hanno sottovalutato il fatto che i docenti italiani costituiscono un considerevole serbatoio di voti e alienarsi il loro consenso a una manciata di giorni dalle Europee (che saranno però anche un test sulla tenuta della maggioranza) è un passo falso; l’effetto boomerang può essere dietro l’angolo.
Per non dire dello scarico di responsabilità: da chi è partita la segnalazione? Come è arrivata ai piani alti dell’Ufficio Scolastico siciliano? Quale poi, nello specifico, il reato contestato all’insegnante palermitana? Vilipendio alle istituzioni? Macché: si parla di una non ben precisata ‘mancata vigilanza’ sul lavoro degli alunni. Peccato che il capo d’accusa suoni pretestuoso: il dovere che spetta ai docenti è quello di vigilare sull’incolumità fisica dei loro studenti. E a Palermo il Giorno della Memoria nessuno si è fatto male.
I docenti non ci stanno
Inutile dire che la reazione degli insegnanti, da Nord a Sud, non si è fatta attendere. I social traboccano da giorni di indignazione e di amaro sarcasmo, è stata avviata una raccolta firme contro il provvedimento (a oggi 260 mila), sono partite lettere di protesta all’indirizzo di Uffici scolastici provinciali e regionali e del MIUR, non sono mancate lenzuola appese alle finestre di case, scuole e facoltà universitarie come usa la ‘resistenza’ di queste settimane. Ed è arrivata anche un’iniziativa proattiva partita dal Liceo ‘Anco Marzio’ di Ostia: il Teacher Pride. Il 21 maggio alle 11 nelle classi di chi intendeva aderire è stata sospesa l’attività didattica ordinaria per dare spazio alla lettura degli articoli 21 e 33 della Costituzione Italiana, quelli relativi alla libertà di espressione e alla libertà d’insegnamento nelle scuole di ogni ordine e grado. Qualcuno ha voluto anche proiettare sulla lim la ricerca incriminata dei ragazzi palermitani.
Le reazioni degli studenti
In pochissimi non conoscevano i fatti (è maggio e si studia per la fine incombente dell’anno scolastico). Ma tutti hanno seguito il Teacher Pride con attenzione, perfino con imbarazzato silenzio, facendo osservazioni e domande ben più degne della rissa politico-mediatica a cui loro malgrado devono assistere.
Qualcuno ha fatto notare che la ricerca è partita da ragazzi siciliani e quindi tocca un nervo per loro più scoperto che per i coetanei di altre regioni: loro gli sbarchi li vedono, gli hotspot li conoscono, le carrette del mare sanno cosa sono e non solo per averle viste più o meno distrattamente in qualche telegiornale.
Annuiscono alla lettura della Costituzione: oggi per una volta è chiaro a tutti cosa sia quella materia ‘nuova’ che da quest’anno si chiama “Competenze di cittadinanza”.
E soprattutto hanno voglia di dire la loro. Giovanni, 14 anni, è alla fine del suo primo anno di liceo: “Ma come si è venuti a conoscenza della ricerca scolastica?”. La domanda sembra ingenua ma non lo è: Giovanni ha intuito che i social, a Palermo come a Catania, hanno fatto maldestramente la loro parte.
Vittorio, 18 anni, voterà per la prima volta e tra un mese affronterà gli esami di maturità: “Ho la sensazione che in questa vicenda non si parli solo di scuola, ma del mondo in cui vivrò e lavorerò”.
È il mondo in cui il confronto tra ieri e oggi non può essere stigmatizzato: glielo ripetiamo tutti i giorni per anni. Sono giovani, eppure capiscono perfettamente che l’interfaccia della libertà d’insegnamento è la libertà di apprendere. A Palermo quindi non è andato in onda solo un grottesco spettacolo relativo all’omessa vigilanza degli studenti, ma si è chiesto a coloro che di professione fanno gli educatori di vigilare sulle idee di chi deve crescere.