Due adulti salvati da un bambino. Un bambino cresciuto troppo in fretta, come se ne vedono sempre più spesso nei film e nella vita reale. È successo a San Vito di Cadore, in provincia di Belluno, il 23 ottobre scorso. Dopo una drammatica lite, una coppia ha tentato il suicidio con una dose massiccia di antidepressivi. Uno dei figli, un ragazzino di 12 anni, vedendoli addormentati, ha capito e ha chiamato subito i carabinieri. Ora i genitori stanno bene. Ma il bambino? Quale prezzo psicologico dovrà pagare per un gesto onnipotente, stonato per la sua età, come strappare a una morte voluta la madre e il padre? Non è solo, il piccolo di San Vito di Cadore, a fare i conti con responsabilità troppo grandi. I bambini adulti, precocemente saggi e consapevoli, sono sempre meno rari. Hanno gli occhi gravi e tristi di Dakota Fanning, la minidiva più celebre di Hollywood, diventata famosa con la pellicola Mi chiamo Sam, dove una bambina si prende cura di un padre ritardato. «I genitori autoritari non esistono più» dice la psicologa Silvia Vegetti Finzi. «In compenso si moltiplicano madri e padri narcisisti, infantili e irresponsabili.
Questo crea una pericolosa inversione dei ruoli: i più piccoli diventano la spalla su cui piangere e l’appoggio per i più vecchi. Ci sono bambine di 3 anni che consolano la mamma quando litiga con il padre; altri costretti a fare da mediatori tra i due. È una crescita forzata, innaturale, che ruba ai ragazzini spensieratezza e capacità di sognare». Non è un caso, dunque, il successo editoriale di un volumetto pubblicato da Bompiani Aiuto, speranza e felicità, il divorzio spiegato ai miei genitori, uscito di recente in Italia, scritto da una bambina inglese, Libby Rees, di appena 9 anni. Il libro, già diventato un bestseller, è una collezione di consigli che una piccola adulta elargisce ad altri compagni di sventura, vittime della famiglia che scoppia. Il tono è quello di una persona matura, costretta a cavarsela con le proprie forze. «Cerca di ritagliarti ogni giorno dei momenti per te, in cui stare solo con te stesso» suggerisce nel suo manuale Libby, evidentemente oberata da impegni come una donna grande. Oppure: «Di buon mattino, cerca di guardarti allo specchio e grida a te stesso: sto meglio, sempre meglio, di giorno in giorno».
Se questi libri piacciono è perché la gente vi si riconosce. In America i ragazzini-adulti sono protagonisti di romanzi, come quello di Mitch Cullin Tideland (Fazi editore), dove un’undicenne, Jeliza-Rose, si rifugia in un universo fantastico per sopravvivere alla morte per droga della madre e del padre, musicista rock’n’roll fallito. Anche nella vita reale i figli di rockstar e attori, più degli altri, sono costretti a crescere in fretta. Come Zoe Kravitz, 17 anni, cocca del papà musicista Lenny, che l’ha avuta con l’attrice de I Robinson, Lisa Bonet. Zoe, malgrado sia adolescente, è già una brutta copia dei genitori, sempre con la sigaretta in bocca, un bicchiere pieno d’alcol, un party dietro l’altro. Frances Cobain, 14 anni, con il visetto tondo da mela, è l’altra faccia della medaglia. Figlia del cantante dei Nirvana, Kurt, morto suicida quando lei aveva solo 3 anni, e di Courtney Love, trasgressiva popsinger, esibisce una saggezza da vecchia signora. «Sono diversa dai miei genitori» si affanna a ripetere.
«Detesto la cupezza, amo il rosa e l’azzurro, vado al liceo. Courtney mi dà consigli, ma io faccio di testa mia». «Come molte ragazzine che diventano madri della propria madre» avverte Roberta Giommi, psicoterapeuta ed esperta dei problemi della coppia e della famiglia, che affronta il tema nel saggio Le donne amano la terra e il cielo (Frassinelli). «Ricordo una mia paziente, figlia di un’alcolista, che per lungo tempo ha cercato di nascondere al papà le mancanze della mamma. Rifaceva i letti, cucinava, trovava un passaggio se nessuno la veniva a prendere a scuola. Però ha sacrificato la sua infanzia, e la vita, a un certo punto, le ha chiesto il conto. È successo quando ha compiuto 40 anni e aveva già un marito e due figli. All’improvviso, ha avuto voglia di mandare tutto all’aria e di vivere quella leggerezza che da piccola le era stata negata. Ha ritrovato la serenità solo dopo una lunga psicoterapia e la riconciliazione con la figura materna».
È soprattutto dopo il divorzio dei genitori che molti bambini si lasciano l’infanzia alle spalle. Per sempre. «Quando una famiglia si rompe, il padre e la madre sono concentrati sul proprio dolore e non si accorgono che i figli sono i più vulnerabili» riflette Rosy Genduso, 58 anni, presidente dell’associazione Mamme separate di Como.
Proprio come accade al padre del film di Kim Rossi Stuart Anche libero va bene. Solo, abbandonato più volte dalla moglie, questo papà rende il figlio piccolo ingiustamente testimone della propria fragilità e inadeguatezza. «Anche io, senza volerlo, ho preteso dai miei bambini di 9 e 6 anni cose che non potevano darmi» ammette Rosy Genduso. «Chiedevo loro di aiutarmi nei lavori domestici, di essere comprensivi con me. Finché sono andata da uno psicologo. Lui mi ha mostrato un disegno fatto da mia figlia. Una barca. A bordo c’ero io piccola piccola, e lei e il fratello, grandi, che remavano. Insomma, erano loro che trasportavano me. Da allora, dico alle coppie in procinto di lasciarsi: fatevi aiutare da un mediatore famigliare, da un esperto, da un’associazione». Lo sbaglio più frequente è che un bambino prenda il posto del genitore assente. «Quando il mio ex marito se n’è andato» racconta Sara C., 41 anni, aiuto cuoca, iscritta all’associazione Mamme separate, «mia figlia è diventata il tutore del fratello più piccolo. Lo seguiva nei compiti, partecipava ai colloqui con i professori, sindacava persino nella scelta delle fidanzate. “Sei nata vecchia” le dicevo scherzando. Ma oggi so che non è vero. È per suo padre, per colpa degli adulti, che è diventata così».