«Ci vogliono le palle per fare gli amanti». sentenzia così il padre musicista e donnaiolo di Modesto Fracasso (Pietro Sermonti), protagonista di Terapia di coppia per amanti, il nuovo film di Alessio Maria Federici tratto dall’omonimo romanzo di Diego De Silva. Modesto, nome che denota profilo basso ma umorismo altissimo, sta vivendo una grave crisi di coppia con Viviana (Ambra Angiolini) che no, non è sua moglie, ma la sua amante. Modesto e Viviana sono sposati, non tra loro, e la relazione che portano avanti da due anni è in un tale stallo da dover richiedere l’aiuto di un terapeuta (Sergio Rubini). D’altronde sono andati in crisi il matrimonio, la famiglia tradizionale, va in crisi il lavoro, va in crisi l’economia, era tempo che andassero in crisi anche loro: gli amanti. Ma perché? Perché dovrebbe vacillare un rapporto senza responsabilità fatto di passione, baci rubati, di palpitazioni e mai e poi mai di noia? Semplicemente perché ha ragione il padre di Modesto: ci vogliono le palle per fare gli amanti. La grammatica italiana lo spiega bene. Amante è un participio presente e chi ha una relazione extraconiugale è obbligato a pensare al qui e ora, non esiste futuro, non esiste progetto.

Gli amanti sono tutti un po’ adolescenti

altro participio presente, passano il tempo a scriversi messaggi, concordare le telefonate, litigare anche per le piccole cose, i ritardi, le disattenzioni, stanno in bagno ore a prepararsi ma anche a cercare oasi di pace dalla famiglia che non li capisce. Ed è liberatorio, perché pensare al presente significa vedersi ogni volta come se fosse la prima, anche se è nel solito motel. Solo che a un certo punto dal “che bello sarebbe se le cose rimanessero così” (leggi: così sorprendenti, leggere, facili come adesso) improvvisamente si passa al “che angoscia se le cose rimanessero così” (leggi: senza evoluzione, nascoste, ferme). Cominciano allora i problemi, i mille addii, perché gli amanti sono molto bravi a lasciarsi, sono professionisti delle fughe e dei passi indietro che sono solo rincorse per riprendersi ancora e ancora. Se la grammatica non bastasse, ci vengono in aiuto anche le scienze filosofiche per spiegare il circolo vizioso a cui è destinato questo tipo di rapporto.

Viviana (Ambra Angiolini) e Modesto (Pietro Sermonti) in una scena di Terapia di coppia per amanti.

Viviana (Ambra Angiolini) e Modesto (Pietro Sermonti) in una scena di Terapia di coppia per amanti. Il loro psicoterapeuta è interpretato da Sergio Rubini

«Anche gli amanti sono soggetti alla legge della dialettica hegeliana»

spiega Vittoria Baruffaldi, scrittrice e professoressa di filosofia: «Tutti presi a mandare faccine su WhatsApp, credono di sfidare il sistema dove si sono infilati, invece non fanno che annegarci dentro. Avevano una tesi (moglie/marito), sono incappati in un’antitesi (l’altro/a) e avranno una sintesi, che li coglierà impreparati. La sintesi è solo il punto di partenza per una nuova tesi (coppia fortuita di amanti): arriverà l’antitesi, la molla implacabile del divenire. L’amante vorrà qualcosa di più, o di meno, telefonerà alle 4 del mattino a casa o non risponderà per una settimana perché non avete trovato una valida scusa per evitare il compleanno della suocera. L’amore è così, una cosa che diviene». Modesto e Viviana, vengono raccontati, con umorismo e intelligenza, esattamente in quel passaggio delicato in cui il presente non basta più e le sedute di analisi divengono un modo per trovare risposte sul loro futuro.

«Forse hanno ragione loro: la terapia di coppia è più adatta agli amanti che a due già sposati»

azzarda Ester Viola, avvocato e autrice per Einaudi di L’amore è eterno finché non risponde. Secondo le statistiche, raramente un marito e una moglie che iniziano la terapia si salvano dall’avvocato. Soprattutto perché le richieste agli psicanalisti sono sproporzionate. Cosa piacerebbe agli ex innamorati? Una stregoneria che gli restituisca i due che conoscevano, quelli dei primi 3 mesi insieme. Le coppie in crisi non vogliono la salvezza, vorrebbero la felicità. In questo senso la terapia diventa quasi un’anticamera necessaria, un modo di darsi pace, di togliersi anche l’ultimo dubbio e ammettere: le abbiamo provate tutte, per questo amore. Non ha funzionato nemmeno il medico».

«Avete ucciso il timore e i piccoli dubbi dell’amore felice non possono più nascere. È quello l’unico problema di un matrimonio»

rimprovera lo scrittore Stendhal a un amico sposato. Invece, di dubbi amorosi gli amanti si nutrono ogni giorno, è il loro pane. «La renderò abbastanza felice?» si chiede Modesto. «Mi penserà anche quando dorme accanto alla moglie? Ma soprattutto perché non è sempre con me?» si dispera Viviana. Potremmo essere compagni invece che amanti? Ci basta solo questo presente? Insieme a loro anche gli spettatori si fanno delle domande. E se per una volta non avessero ragione le amiche che dicono: «Tanto non lascerà mai la moglie»? Se questi due fossero anime gemelle che si sono trovate fuori tempo massimo, a giochi fatti, famiglie già costituite? Se non fossero una coppia di amanti ma una coppia e basta? Allora sì che sarebbe un bel lieto fine, verrebbe da rispondere. Una cosa da film certo, perché ci vogliono le palle per fare gli amanti, ma ce ne vogliono molte di più per scegliere di costruire un futuro felice.

I libri da leggere

Il film di Alessio Maria Maria Federici è tratto dal libro di Diego De Silva Terapia di coppia per amanti, pubblicato da Einaudi. Per la stessa casa editrice l’autore napoletano, che del film firma anche la scenegggiatura, è ora in libreria con Divorziare con stile. Protagonista del nuovo romanzo è l’avvocato Vincenzo Malinconico, sublime nell’analizzare i problemi, inetto nell’affrontarli.