Apprendere la gioia da chi non riesce più a scendere i 30 scalini che separano la sua casa dal mondo. Sembra una follia, invece è l’idea rivoluzionaria racchiusa in un saggio in libreria dal 6 settembre. Si intitola Scegliere di essere felici. Cosa ho imparato dai superanziani (Solferino) e lo ha scritto John Leland, giornalista di punta del New York Times che ha trascorso 12 mesi con 6 over 80. «Negli Stati Uniti è la fascia d’età che sta crescendo più di tutte» spiega. «Ho 60 anni e quando sono nato le persone che arrivavano a questo traguardo erano meno di 1 milione, ora sono 6. Così ho voluto saperne di più. Per scegliere i protagonisti ho frequentato centri per anziani, case di riposo, gruppi di lettura. Non cercavo un centenario che corresse la maratona, ma gente normale che mi raccontasse la terza età. I miei senior hanno fatto di più: mi hanno insegnato a vivere meglio. Quando li ho conosciuti stavo raccogliendo i cocci del mio matrimonio e loro sono diventati dei mentori. Se incontri qualcuno che ha girato per il mondo intero, ti fai raccontare la bellezza dell’universo, no? Ecco, loro hanno vissuto il lungo viaggio dell’esistenza e possono svelarci ogni dettaglio».
Ci presenta i suoi maestri?
Certo. C’è Fred Jones, un playboy che ormai fatica a muoversi per colpa di una cancrena da diabete. Helen Moses, invece, ha trovato il secondo amore della sua vita in una casa di riposo. Jonas Mekas ha 95 anni e ancora dirige film e scrive libri. Ruth Willig è una signora indipendente e arrabbiata perché ha dovuto lasciare il suo appartamento, che è stato trasformato in un residence di lusso. John Sorensen ha perso il suo compagno di vita e desidera solo lasciare questa Terra. Infine, ecco Ping Wong: un’immigrata che arriva da Hong Kong e va avanti nonostante lutti e difficoltà.
Dica la verità, chi è il suo preferito?
Devo parecchio a tutti. A turno, ognuno mi ha insegnato una lezione fondamentale. Ho amato il senso di gratitudine di Fred, la resilienza di Ping, la capacità di Helen di prendersi cura dei suoi cari. Poi la favorita resta mia mamma Dorothy, che ha spento 89 candeline e lotta con dignità.
Le lezioni di questi senior possono valere anche qui in Italia?
Le loro esperienze sono così profonde da essere universali. In America il libro è uscito qualche mese fa e quando incontro i lettori mi confessano che hanno rivisto la loro madre o lo zio in uno dei personaggi. Credo che anche gli italiani li ameranno. In Occidente tendiamo a mettere da parte gli over 80 perché non sono produttivi: in verità, lo facciamo perché la vecchiaia spaventa. Eppure nel loro cuore ci sono valori che renderebbero il mondo un posto migliore.
Cosa possiamo imparare?
La lezione più importante è che non conta se un problema sia grande o piccolo, ma come tu lo affronti. Va risolto con resilienza, pensando che fa parte del cammino. Legata a questa c’è un’altra verità: se crediamo che la felicità arriverà quando risolveremo tutti i problemi, saremo ricchi e in salute, allora non saremo mai felici. La gioia non è nemmeno qualcosa che possiamo aspettare, ma un sentimento da trovare in noi. Insomma, se vuoi essere felice pensa come un vecchio. Gli esperti la chiamano “ottimizzazione selettiva”: la serenità è quello che hai ora non in un ipotetico futuro che, per gli anziani, potrebbe non arrivare mai. Io l’ho ribattezzata “etica del presente”: vuoi che le cose vadano bene? Falle andare bene subito.
Gli anziani però stanno diventando un peso notevole sul fronte delle pensioni e della spesa sanitaria.
Il problema non sono soltanto loro: non dimentichiamoci il calo delle nascite, perché se ci fossero nuovi lavoratori a pagare le pensioni… Soffermarsi sul costo della terza età è riduttivo, pensiamo al contributo che questa fascia ha dato e ancora offre. Se ricevi saggezza ma perdi qualche euro in tasse, ci guadagni.
Per ogni 80enne in forma, poi, ce n’è uno che ha seri problemi di salute. I malati di Alzheimer, solo per fare un esempio, sono 47 milioni.
La demenza non è inevitabile e non tutte le forme di questa patologia sono gravi: in molte persone il declino cognitivo è sopportabile. La Fondazione inglese per la salute mentale ha studiato la qualità della vita di questi pazienti e poi ha parlato con i loro caregiver. La conclusione? La percezione dei primi è più positiva, a conferma che i senior affrontano le disabilità con più oggettività dei loro cari, non si fanno definire dalla malattia, vanno oltre. E anche chi soffre di demenza può trasmetterci una lezione di forza e dignità. Proviamo comunque a parlare con loro, ad ascoltarli: farli sentire protagonisti giova alla mente.
Come si fa, in concreto, ad “andare a scuola” dai senior?
Il primo passo è prendersi del tempo per ascoltarli. Il secondo è non guardarli come un problema da risolvere, ma come esperti dell’esistenza che ci aiutano a stare meglio.
Lei è riuscito davvero a mettere in pratica le lezioni dei suoi maestri?
Sì. Per esempio, ho cercato ogni giorno di essere grato per qualcosa, anche piccola, come fa Fred. Sono stato creativo sul lavoro come Jonas, ponendomi nuovi traguardi. Mi sono ripetuto il mantra di Ping, ovvero che gli incidenti di percorso non devono fermarmi. Ho abbracciato ogni momento come se fosse l’ultimo, ispirato da John, e sono stato utile a parenti e amici, copiando Helen e Ruth.
Pensi ai senior italiani famosi: chi sceglierebbe come guida?
Direi Giorgio Armani, che a 84 anni dirige un impero guidato da creatività e idee. Ma basta rivolgersi al nonno che non sentiamo da troppi giorni: le sue risposte ci sorprenderanno e cambieranno il nostro modo di pensare.
I numeri
6,6 milioni gli italiani che si trovano nella fascia d’età tra i 65 e i 74 anni. 4,8 milioni gli abitanti del Belpaese che hanno più di 75 anni. 2 milioni gli over 84, di cui le donne sono il 68%. 38% gli ultra70enni che hanno difficoltà a prendere le medicine, preparare i pasti, fare la spesa e gestire i propri risparmi. 83% gli anziani che credono che la terza età sia un periodo felice, in cui è possibile innamorarsi ancora. 8 su 10 i senior che approfittano della pensione per dedicarsi a viaggi e hobby, mentre 1 su 4 vorrebbe riprendere gli studi (Fonti: Istat, Rapporto Osservasalute, Astraricerche).