Il mar Baltico come orizzonte, ettari di verde a placare lo sguardo, casette minuscole dai mille colori. Benvenuti a SuperSheIsland. Anzi, benvenute: perché l’accesso a questo atollo dell’arcipelago di Helsinki, in Finlandia, è riservato alle donne. L’isola, ideata dall’americana Kristina Roth, aprirà a giugno e sarà “un luogo per ricaricare le batterie”. Il progetto fa discutere ma non è l’unico del genere. A Milano un team di specialiste ha da poco inaugurato Buongiorno dottoressa, il primo studio medico diretto da camici rosa e dedicato solo a ragazze e signore. Una sorta di harem della medicina, in cui pazienti donne si affidano a professioniste donne, senza mediazione o presenza maschile. A giugno, in Svezia, sarà invece organizzato il primo concerto “only for women”, promosso dopo l’escalation di violenze sessuali (24 in 5 giorni) avvenute durante il Bråvalla, il più importante festival di musica locale a fine anno. L’incremento di queste oasi al femminile fa pensare. Se da una parte sembrano un piccolo passo indietro verso la disuguaglianza tra i sessi, dall’altra potrebbero invece essere una sottile forma di autosegregazione che permette alle donne di sentirsi più libere di esprimersi in tanti campi: dalla scuola all’ufficio, fino alla palestra dove allenarsi.
Qui si viaggia in scompartimenti riservati
A Toronto, in Canada, ci sono i pink taxy guidati da autiste solo per clienti del gentil sesso. A Dubai e Tokyo alcuni vagoni della metropolitana sono riservati alle donne, con tanto di avviso fucsia appeso ai finestrini. E anche nelle città europee non è così raro trovare parcheggi di cortesia colorati di rosa. Questi luoghi “demaschilizzati” dovrebbero servire a rassicurarci, a facilitarci la vita. «Personalmente, penso siano la dichiarazione di un fallimento» dice la scrittrice Lidia Ravera. «Da sempre i soggetti della Storia sono 2, il maschile e il femminile: la sfida è farli convivere, non separare o dividere». Fino a oggi, nessuno studio ha evidenziato una diminuzione degli episodi di molestie nelle città che hanno adottato la soluzione. In un sondaggio della Thomson Reuters Foundation, però, il 70% delle 6.000 intervistate ha ammesso che userebbe questi mezzi. «Possono essere comodi, certo, ma non garantiscono quello che succederà una volta fuori dai vagoni riservati. Tornare a pensare che abbiamo bisogno nuovamente di luoghi protetti come le comunità femministe degli anni ’70 sarebbe una regressione» riflette Ravera. «Allora serviva “chiudersi” per fare autocoscienza ed empowering e lottare per la parità. Oggi bisogna continuare la stessa battaglia dialogando con gli uomini e scegliendo nuovi obiettivi, come l’uguaglianza salariale. La logica del “solo per donne” potrebbe essere una trappola».
Qui si studia solo in classi femminili
Nelle scuole femminili anglosassoni la media dei voti è più alta del 20%. A dirlo è l’università della California, che ha paragonato le pagelle di 6.000 alunni negli Usa e in Gran Bretagna. In questi Paesi le aule omogenee sono una realtà, così come in Germania, mentre da noi sono un ricordo abbandonato negli anni ’60 a favore delle classi miste. Quando sono in aula da sole le ragazze dunque brillano di più? «Prenderei questi dati con le pinze» avverte Benedetto Vertecchi, professore di Pedagogia sperimentale per oltre 30 anni. «Le rilevazioni sono effettuate negli istituti privati, costosi e frequentati da figlie di genitori culturalmente più preparati: i risultati migliori derivano anche da questi fattori familiari e di reddito. Secondo le classifiche dell’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, le bambine sono comunque più preparate dei coetanei fino alle superiori. Il gap nelle materie scientifiche, che si rileva tra maschio e femmina dopo una certa età, non si colma separando gli studenti per genere, ma correggendo gli atteggiamenti e i pregiudizi sociali».
Qui ci si cura con la medicina rosa
Quando entrano in uno studio medico, da chi vogliono essere visitate le donne? Secondo l’ambulatorio Buongiorno dottoressa la risposta è: da una donna. Anche se non sono disponibili ricerche che confermino questa percezione. «Di sicuro le pazienti chiedono preparazione, concretezza e precisione, caratteristiche che non hanno sesso» nota Giovannella Baggio, presidente del Centro studi nazionale su salute e medicina di genere. «Così come non esistono lavori che dimostrino una maggiore bravura delle specialiste. Certo, le donne sono più empatiche, come magari i colleghi maschi sono più analitici, ma si tratta di generalizzazioni. Secondo uno studio pubblicato sulla rivista americana Proceedings of the national academy of sciences, è proprio la diversità di genere, e l’unione dei 2 approcci, a migliorare le ricerche mediche e scientifiche». Le stesse che invece confermano la necessità di una medicina di genere specifica per le donne. «I sintomi delle malattie sono diversi per donne e uomini ed è ora anche di testare farmaci diversi» dice Baggio. «La Società americana di cardiologia ha già differenziato le linee guida per trattare ictus e infarto nei 2 sessi e ha dimostrato che diagnosi e cure sono più efficaci».
Qui ci si diverte lontano dai maschi
In attesa di poter approdare sull’isola vietata agli uomini (da giugno in Finlandia), si può sempre pensare a un giro del mondo solo per donne organizzato dal tour operator Around the world tours: è aperto a viaggiatrici di ogni età e fa il tutto esaurito. Così come le palestre del marchio Curves, fitness club al femminile presente in 76 Paesi. Le runners, invece, si danno appuntamento alle tante Women’s marathon in programma da Chicago a Palma di Maiorca. Ma da quando le donne si divertono solo se non ci sono uomini nei paraggi? «Da quando vogliono prendersi dei momenti di pausa» dice Graziella Priulla, sociologa e autrice del saggio Viaggio nel Paese degli stereotipi (Villaggio Maori). «In questi ambienti non c’è ideologia, non c’è nessuna battaglia femminista da combattere, ma solo la voglia di stare con persone simili. Da sempre noi donne agiamo, anche inconsciamente, per piacere a un uomo e ne siamo giudicate: le zone franche dove passare le vacanze liberano il nostro corpo da questo peso».
La lotta di potere arriva in tv
Un mondo di sole donne o, al contrario, dominato dagli uomini? Anche la televisione ama immaginare futuri scenari “distopici”. Dal 26 aprile parte su TimVision la seconda stagione di The Handmaid’s Tale, la serie tratta dal romanzo di Margaret Atwood Il racconto dell’ancella: premiatissima ai Golden Globe, porta in scena un futuro in cui le donne sono proprietà di un regime che le usa solo per procreare. Entro la fine dell’anno Netflix produrrà il telefilm ispirato a Ragazze elettriche, il romanzo cult di Naomi Alderman amato dall’ex presidente Obama, che pronostica una società violenta guidata dalle donne. Cast e regista sono ancora top secret.