Si deve comunicare al datore di lavoro se ci si è vaccinati? È possibile rifiutare il siero o si può rischiare un demansionamento o persino il licenziamento? A chi vanno comunicate le proprie condizioni di salute, se si è a rischio? Sono tutte domande che si sono moltiplicate da quando è iniziata la campagna vaccinale. Ha fatto discutere, infatti, la legge sul personale sanitario, che obbliga a vaccinarsi medici e infermieri che sono a contatto con i pazienti. Ma come funziona per tutti gli altri? Ecco le risposte dell’avvocato Marisa Marraffino.
La vaccinazione non è obbligatoria
Il presupposto è che vaccinarsi non è obbligatorio, anche se l’invito è a immunizzarsi per tutelare se stessi e la società, in modo da raggiungere l’immunità di gregge o di popolazione. Ma alla scelta personale si aggiunge anche un problema di privacy. Negli Stati Uniti il New York Times ha fatto discutere con un articolo di Kwame Anthony Appiah, secondo cui «il nostro stato di vaccinazione, che incide sulla nostra probabilità di contrarre e trasmettere un’infezione, non è un fatto privato legato alla nostra salute e la sua divulgazione non è questione di galateo, ma di riduzione dei rischi».
«L’Italia, però, ha una legislazione differente in materia di privacy e a questo proposito è intervenuto di recente il Garante per la Protezione dei dati personali, per fare chiarezza su alcuni punti, sui quali anche noi come avvocati siamo stati tempestati di domande. Un esempio è l’obbligo o meno di comunicare al datore di lavoro se ci si è vaccinati» spiega l’avvocato Marraffino.
Il “capo” può chiedere se ci si è vaccinati?
«No, non può perché sarebbero domande relative a dati sanitari, dunque strettamente personali» spiega l’avvocato.
Può essere obbligatorio vaccinarsi per lavorare?
«In linea di principio no. Il senso delle norme in materia di tutela dei dati sensibili prevede che sia solo “il medico competente (cioè aziendale, NdR), nella sua funzione di raccordo tra il sistema sanitario nazionale/locale e lo specifico contesto lavorativo” a poter “trattare i dati personali relativi alla vaccinazione dei dipendenti”, come ha chiarito lo stesso Garante della Privacy. Insomma, il datore di lavoro non può pretendere dai dipendenti che si sottopongano in modo obbligatorio a vaccinazione» spiega l’esperta.
Esistono, tuttavia, alcune eccezioni secondo il Garante della Privacy. È il medico competente “se del caso” a tenere conto delle condizioni di salute del lavoratore “in sede di valutazione dell’idoneità alla mansione specifica».
Si può cambiare mansione a chi non si vaccina?
«In base alla legge non si può, perché la vaccinazione non può essere motivo di discriminazione sul posto di lavoro – spiega Marraffino – Il lavoratore, però, devo comunicare al cosiddetto “medico competente” informazioni che possano essere poi ritenute rilevanti ai fini del lavoro che si svolge. Per esempio, nel caso di persone fragili che possano venire in contatto con soggetti non vaccinati, potrebbe esserci un problema di idoneità, ma si dovrà informare solo il medico e lui non potrà rivelare i dati, ma solo fornire indicazioni al datore, che siano strettamente connesse al lavoro».
Quando è obbligatorio mostrare la certificazione vaccinale?
Il quesito è stato posto con il via libera al Green Pass, che è necessario per l’accesso ad alcuni luoghi o eventi, come matrimoni, locali, teatri, ecc. Ma non è richiesto sul posto di lavoro. «Ad oggi gli unici soggetti ad obbligo vaccinale sono i sanitari, in base ad una legge specifica voluta dal Governo. In questo caso, medici e infermieri che rifiutino la vaccinazione è previsto che siano trasferiti con un cambio di mansione che sarà di tipo amministrativo, cioè non a contatto con i pazienti» spiega l’avvocato.
Si può licenziare chi non si vaccina?
«No, a meno che non si tratti appunto di sanitari. Ciò potrebbe avvenire se una persona si rifiutasse di ricevere il vaccino e non ci fossero mansioni adeguate, non a contatto con pazienti. In tutti gli altri ambiti, invece, possono solo esistere professioni per le quali è raccomandato o fortemente raccomandato: potrebbe essere il caso, ad esempio, dei sommelier che necessariamente devono togliere la mascherina. Ma non è previsto si arrivi al licenziamento se non si vaccinano» spiega l’esperta.
Quali dati sono comunicabili al proprio superiore?
«Non è obbligatorio comunicare alcun dato sanitario al proprio superiore o al datore di lavoro, neppure quelli relativi a malattie differenti dal Covid o dal vaccino. Si deve informare il solo medico competente che non potrà fornire né gli elenchi degli immunizzati né il tipo di malattia di cui eventualmente si soffre» spiega Marraffino.
Si può informare volontariamente il proprio datore di lavoro?
È possibile, ma in generale si sconsiglia di parlare delle proprie condizioni mediche sul posto di lavoro» spiega Marraffino. «Sono capitati casi di persone che postano informazioni private e in particolare sanitarie sui social, dove diventano di dominio pubblico. Può accadere che diventino motivo di discriminazione da parte di colleghi o che questi si rifiutino di lavorare con una persona non vaccinata, informando il datore di lavoro».