Siamo quelle del caffettino veloce al mattino fuori scuola. Del controllo remoto dei figli negli uffici. Siamo quelle delle chat di classe, delle panchine al parco. Le orchestrali della sinfonia serale cena-compiti-asciugatrice, le illuse che ambiscono almeno a una serie Netflix dopo le 22 ma poi crollano guardando le Winx. Quelle che tolgono lo slime dai soffitti, tollerano puzzette, rimuovono pidocchi, si separano con dolore ma poi tornano a sorridere. Siamo le mamme italiane: affannate, generose, partecipative, alla perenne ricerca di quell’irrazionale molla che macina, compone, elabora il nostro concetto personale di felicità. Paola Maraone e Alessandra Di Pietro hanno più di 40 anni e un totale di 5 figli e 3 mariti (tra ex e attuali): giornaliste, stufe di descrivere madri hygge rilassate o feroci tigri asiatiche, hanno deciso di addentrarsi in prima persona sul tema dando alle stampe Mammamia! (Baldini+Castoldi), 88 storie di vita quotidiana per crescere famiglie più serene.
Crediamo nella genitorialità positiva
Considerato il recente boom di manuali per genitori tra il self help e l’autofiction, il piano delle autrici è ambizioso, ma l’obiettivo è nobile: aiutarci a capire perché, al netto delle fatiche, sotto sotto a noi madri italiane ribolle una mistura di orgoglio e felicità. Altrimenti come si spiega l’istinto kamikaze di offrirci in quantità industriale ai nostri figli nei primi anni di vita (vedi alla voce cure intensive), per renderli autonomi da noi quando saranno più grandi? O l’arte zen di gestire il costante Big Bang familiare appena si apre la porta di casa, reprimendo la voglia di scappare per uno spritz? Molte di noi non lo sanno ma già applicano quel “positive parenting”, la genitorialità positiva che trasforma i fallimenti in successi, i piccoli gesti in grandi trionfi, esaltata nel libro da Paola Maraone.
Una che, tanto per capirci, mentre lavorava, cucinava, dirigeva 3 figli tra i 4 e i 13 anni e passava 1.460 notti di sonno interrotto, ha trovato una fascia oraria tra le 6 e le 7 del mattino per laurearsi in Psicologia. Traguardo che le ha permesso anche di sfatare alcuni stereotipi e miti sulla madre, a iniziare (lei?) proprio dal multitasking. «Le donne che ci ispirano non sono quelle perfette che riescono a fare tutto, tantomeno le elicottero, le coccodrillo, le spazzaneve, le pavone o le avatar: questi modelli rappresentano una nevrosi futura per i figli» dice Paola. «Il nostro faro sono le eccentriche che hanno sfidato le convenzioni, le Serena Williams, le Malala, le Frida Khalo, le Levi Montalcini: donne bravissime a inseguire la loro unica passione, ma così così in altri campi. Donne che non si sono fermate a piangere sui risultati mediocri o sulle loro sfighe ma hanno messo in tutto cuore e buona volontà».
Distilliamo Ace: autonomia, condivisione, empatia
Se le Levi Montalcini sono un faro, le mamme italiane hanno una corrispondenza più casereccia che le rappresenta: la polpetta. Un’illuminazione arrivata in cucina mentre Alessandra Di Pietro, siciliana trapiantata a Roma, impastava macinato per la cena insieme ai suoi 2 figli, di 12 e 15 anni. «Ho pensato che nelle nostre storie ci stavamo mettendo un po’ di esperienza, di errori, di presunzione, di risate, di coccole, di rimproveri, persino di magia» racconta. «E proprio come per le polpette, avevamo entrambe la nostra ricetta personale. È un’immagine coerente con quella della mamma italiana: non ne esiste una uguale all’altra, così come nessuna detiene un’unica verità o una sola certezza. Alla fine, se siamo “quanto basta” un po’ su tutto non potremmo fare danni poi così grandi». Il metodo polpetta ha ovviamente la sua centralità nel cibo, nella cura, nell’accudimento. E, come il succo Ace, ti invita a spremere in famiglia 3 concetti: autonomia, condivisione, empatia.
«Tanta “robba” direbbero i nostri preadolescenti: siamo ambiziose, è vero, ma provateci. Sarà più facile di quanto sembri» scrivono le autrici. Che si addentrano in prima persona sui tanti “ismi” in cui tutti i genitori di oggi inciampano: il sessismo (tra compagni), il femminismo (nelle favole), il daltonismo (dei padri riguardo ai calzini), il favoritisimo (di un fratello a discapito di una sorella), il condivisismo (non siamo gli unici educatori della prole), il cyberbullismo (poteva mancare?). Arrivando a confessare anche i propri fallimenti, come i tic del figlio detto il “Lungo” che Alessandra non riusciva proprio ad accettare, e che l’hanno costretta a una severa autoanalisi. O l’escamotage per sopravvivere alle notti insonni trovato da Paola. «Mica lo scrivi che sono arrivata a offrire una ricompensa al grande se di notte si alza per rimette a letto la piccola?». Tranquilla, Paola: ci abbiamo provato tutte.