Su Instagram viene spettacolarizzato il divorzio: migliaia di coppie postano la foto insieme all’ex mentre firmano i documenti della separazione con l’hashtag #divorceselfie e in America si parla già di tendenza “happy divorce”. Tutto vero? Non proprio. Dopo tanta rabbia, rancore e dolore si può cominciare una nuova vita e tornare a essere sereni, mantenendo, o meglio, ritrovando, buoni rapporti con l’ex compagno. Se me l’avessero detto quando mi sono separata da mio marito (nonché padre di mia figlia, che all’epoca aveva 17 mesi) sarei scoppiata a ridere, di un riso amaro naturalmente. In quel periodo, ricordo, mi svegliavo la mattina e il mio primo pensiero era: «Sono triste». Il secondo: «Non tornerò mai a stare bene, mai più».
Le donne cercano aiuto
Secondo uno studio della Kingston University (Gb), che per ben 20 anni ha analizzato l’impatto del divorzio su oltre 10.000 persone tra i16ei60anni,le donne dopo una separazione sono molto più contente degli uomini. Tra le ragioni: sono disposte a cercare l’aiuto di un terapeuta o di un counselor, possono contare su una rete “informale” di relazioni e amicizie, hanno più senso pratico degli uomini nel riorganizzarsi la vita e la priorità assoluta per loro, secondo lo studio, è la ricerca del benessere psicofisico.
Un esercito di infelici
In Italia i divorzi nel 2015 (ultimi dati Istat disponibili) sono stati 82.469. Le separazioni invece 91.706, con un aumento del 2,7 per cento rispetto al 2014: un esercito di infelici che si trovano a dover ridisegnare la propria vita, spesso in condizioni pratico-finanziarie non favorevoli. E poi, chi si separa subisce una scossa emotiva devastante perché sente, a ragione, di aver fallito il progetto di vita più importante: nel mio caso il matrimonio, la famiglia, una bambina. La ciliegina sulla torta? Ci si sente giudicati e biasimati da tutti: amici, conoscenti, familiari, insegnanti. Le donne, che nella stragrande maggioranza dei casi (fino al 70%) prendono attivamente la decisione di separarsi, sono in genere travolte dal senso di colpa, come è successo a me.
L’importanza della mediazione familiare
«Posto che il senso di colpa non serve a nulla ma non è facile capirlo, il primo passo, anche se può sembrare banale, è tentarle davvero tutte per capire se la separazione sia davvero l’unica soluzione ai problemi della coppia» mi ricorda Gabriella Caiani, psicoterapeuta, counselor e docente di Mediazione familiare presso il centro milanese Eidos. «La mediazione familiare è un percorso impegnativo ma necessario per lasciarsi bene, o comunque meno peggio. Nel processo di separazione è bene focalizzarsi sul presente e sul futuro: rimuginare sugli errori del passato non è costruttivo. La mediazione è “quasi obbligatoria”, naturalmente, nel caso dal matrimonio siano nati dei figli: aiuta a distinguere coniugalità e genitorialità».
Al primo posto il bene dei figli
Chi decide di separarsi, in genere, all’inizio non tiene in considerazione un elemento importante: si diventa ex (marito e moglie) ma, se ci sono dei figli, il legame con l’altro genitore dura per tutta la vita. La prima fase dopo una separazione è piena di rabbia, di odio quasi: io del mio ex volevo cancellare tutto, persino il ricordo. Si illude chi pensa che il divorzio si possa affrontare con il sorriso. «All’inizio» sottolinea Caiani «le emozioni negative sono necessarie: senza di esse non potrebbe nemmeno aver luogo la separazione». Ma in seguito, per il bene di tutti è meglio cercare una base comune, fondata sul rispetto reciproco, per condividere la genitorialità.
«Dovete mettere al primo posto il bene dei figli. Questo pensiero tiene lontana l’aggressività e risveglia in voi il genitore responsabile» consiglia l’esperta. Nel migliore degli scenari possibili, succede davvero: dopo diversi mesi (in alcuni casi, anni) si depongono le armi e si rinuncia alla battaglia. Ciò che ai due ex, freschi di tribunale, sembrava vitale perde progressivamente di forza e importanza, diventa vacuo e insensato. Il mio non-più-marito continuava a ripetermi in tono intimidatorio: «Non voglio che tu faccia incontrare il tuo nuovo compagno a mia figlia!», pur sapendo che nessun giudice avrebbe mai avallato una simile pretesa (peraltro si è poi risposato e ha avuto un altro figlio). Un altro grande classico delle separazioni è: «Tu, in casa mia, non ci dovrai mai mettere piede!». Ma il tempo lenisce dolori e conflitti, e si comincia a guardare all’altro con indulgenza, se non – ebbene sì – con affetto.
Gli errori da non fare
Quando mi sono separata ero confusa; mi trovavo ogni giorno di fronte a scelte, legali, finanziarie, pratiche, senza capire quale fosse la cosa giusta da fare. «È normale sentirsi così» mi spiega Annalisa Corbo, psicoterapeuta ed esperta di psicodramma. «Ma, con l’aiuto di un esperto in mediazione familiare, si possono mettere a fuoco gli errori da non fare. Eccone alcuni: avere, nei confronti dell’ex, aspettative che vadano oltre agli accordi presi». Un classico esempio: se chiedevo al padre di mia figlia di scambiare il weekend in cui avrebbe dovuto stare con lei con quello successivo, la risposta era sempre: «No». E io ci rimanevo malissimo. Altri errori secondo la psicoterapeuta: «Impicciarsi nella vita privata dell’ex. E, se ci sono figli, una volta stipulati gli accordi di gestione, pretendere di avere voce in capitolo sui particolari dello stile educativo, come l’orario dei pasti: quando il bambino sta da lui, sarà lui a decidere cosa si mangia. I figli non sono carrarmatini del Risiko, cioè non sono pedine per ottenere un vantaggio personale né un’arma di ricatto».
Oggi qualcosa è cambiato
L’elenco potrebbe andare avanti a lungo, ma la cosa davvero importante da capire è una sola: se riusciamo ad accettare il nostro ex come genitore separato, tutto andrà (gradualmente) sempre meglio. Le nuove regole di cooperazione e rispetto richiedono un lungo lavoro, ma alla fine tanto sforzo paga; oggi considero il mio ex una persona di cui conosco i limiti ma anche i pregi e so di poter contare su di lui per le cose importanti. A noi non succede, ma ci sono separati e divorziati che dopo anni trascorrono il Natale assieme, con tutta la famiglia allargata. «Dipende, naturalmente, dagli equilibri della coppia», ricorda Caiani. «Se i confini sono chiari e se nessuno – compresi i bambini e i nuovi compagni – “subisce”, è possibile esplorare queste forme un po’ audaci di convivialità». A distanza di anni, e dopo un enorme (e reciproco) esercizio di pazienza, mi rendo conto di considerare ormai il mio ex come “uno di famiglia”: forse qualcosa di simile a un fratello, e credo sia lo stesso anche per lui. Per il figlio che ha avuto dalla sua seconda moglie, provo qualcosa che sta nell’area della tenerezza, del senso materno addirittura. E di lei, che dire? È come una cuginetta. Esagerato? No, e non credo nemmeno che siano sentimenti troppo strani: semplicemente, è che non abbiamo ancora inventato le parole per dirli.