La scena più o meno è questa. Lei, io e Fabrizio al tavolino di un bar. Io che arrivo trafelata e sfatta, col sottofondo del cellulare che vibra messaggi con incessante borborigmo, lei che è già lì col rossetto intonso e un bicchiere di vino in mano. Ha una vita impegnativa quanto la mia, ma a una cert’ora stacca. A casa non l’aspetta il “secondo lavoro”. Niente cene da preparare, calzini da raccattare in giro, litigi da sedare, Netflix da condividere.
La (felice) vita di una single con un pet
Solo un divano comodo su cui spizzicare qualcosa di buono davanti alla sua serie preferita e il fedele Fabrizio. Il compagno ideale. Docile, affettuoso, coccolone, dinamico quanto basta, zero lamentoso. Uno che la guarda con occhi pieni di gratitudine, che gioisce quando rientra la sera, che non le tiene mai il muso e non le fa scenate di gelosia o commenti poco carini sul fisico e sul look. Uno che l’accetta così com’è, insomma, anzi di più, che la ama incondizionatamente. E che assiste paziente alle nostre chiacchierate in orario aperitivo senza fare un plissé: non sbuffa, non guarda impaziente l’orologio, non reclama di rientrare in tempo per guardare la Champions League. Un tesoro. Fabrizio è un Airedale Terrier. Media taglia, riccio naturale. Il fatto che si chiami Fabrizio, probabilmente, non è un caso. L’abitudine di affibbiare nomi umani a specie canine (o feline) è un trend in crescita da qualche anno in qua: Ugo, Tobia, Clotilde, Wanda, Silvano… E forse ha a che fare col fatto che sempre più spesso gli animali domestici prendono il posto di partner e fidanzati. Quindi tanto vale chiamarli come loro.
Essere single, in Italia, oggi
Il tanto paventato sorpasso dei single sugli ammogliati è ormai cosa assodata: hanno raggiunto quota 33,2% contro il 31,2% delle famiglie. Tra di loro: Millennial e inquieti Gen Z ancora in cerca dell’anima gemella, separati, vedovi. Tutti soli per scelta? Certo che no, ma di sicuro cauti nell’infilarsi in relazioni che, insieme alle gioie, possono portare complicazioni. Non solo di natura sentimentale, anche economica e logistica.
In un mondo del lavoro globalizzato e in affanno, con contratti precari e offerte da prendere al volo su diverse latitudini, gestire una storia seria e possibilmente stanziale non è cosa facile
L’amore non basta, occorrono organizzazione, spirito di sacrificio e dedizione alla causa. Cosa che spesso manca ai più giovani e si è esaurita tra i single di ritorno. Chi è reduce da matrimoni o convivenze finite male è meno disposto a mettersi in gioco e rinegoziare i propri spazi, molto meglio regalarsi una storiella ogni tanto, magari recuperata su un’app di incontri, da concludere senza impegno dopo il weekend. Un’esigenza equamente condivisa da uomini e donne.
Singletudine: non tutto è come appare
Ma non illudiamoci che sia questa la ricetta della felicità. Il mito del single bon vivant e spendaccione è un residuo dei favolosi ’80, anni di benessere economico e rampantismo, corroborato nei decenni successivi da leggendarie paladine della libertà, come le quattro di Sex & the city e l’impacciata Bridget Jones, sfigata sì, ma in fin dei conti piena di amici e fortunata in amore oltre ogni aspettativa. Nell’88 l’Eurispes realizzò una ricerca dal titolo I singles in Italia. Profilo socioculturale, per fotografare un fenomeno in crescita e una nuova categoria sociale – metropolitana, carrierista, narcisa, ad alta scolarizzazione, con reddito medio o medio-alto, stressata il giusto – che risultava assai appetibile per il mercato. Spendeva come nessun’altra per viaggi, uscite serali, consumi culturali e cura personale. Oggi i single sono quelli economicamente più svantaggiati: pagano fino al 50% in più per la casa, le vacanze, la spesa, le tasse. Eppure sono in costante aumento. Dal milione e mezzo dell’ultimo scorcio del ’900 siamo arrivati agli oltre 8 milioni e mezzo di oggi. E le previsioni ci dicono che la crescita non si arresta: entro il 2040 sfioreranno il 40% della popolazione.
Aumentano i single, aumentano i pet: perché?
Nel frattempo 32 milioni di animali domestici sono entrati nelle case degli italiani. Siamo al secondo posto in Europa, dopo l’Ungheria. Il che denota una forte fede animalista, ma anche un bisogno di compagnia da non sottovalutare. Davvero è più facile convivere con un cane o un gatto piuttosto che con un essere umano? È la provocazione che abbiamo lanciato nel numero di Donna Moderna ora in edicola. Per capire se non ci stia sfuggendo qualcosa. Se questa singletudine non sia il segnale di una preoccupante difficoltà di interazione e di una solitudine dilagante per cui occorre al più presto trovare una cura. La pet therapy è un’ottima cosa. Ma non è la soluzione.