La storia di Mariachiara Montera, content creator, è stata scritta da Giorgia Nardelli, giornalista
Sono una di quelle dal ciclo abbondante, anzi, strabordante. Ogni mese mi tocca vivere per 5 giorni con il terrore di sporcarmi se mi siedo, il disagio se faccio sport, il triste rito dei mutandoni foderati di assorbenti prima di andare a dormire. Quando ho sentito parlare per la prima volta di slip mestruali, un anno e mezzo fa, quell’idea è rimasta a galleggiarmi nella testa. Poi un’amica che li ha provati mi dice: «Ma sai che funzionano davvero?». E così è iniziato tutto: 3 modelli per flusso super e 3 per flusso regolare, totale 80 euro. Ordinati online.
Arrivano le “super mutande”
Dopo qualche giorno le mie “super mutande” sono arrivate in una confezione talmente brutta che le avrei dato fuoco. Il contenuto, però, non mi ha deluso. Sembrano slip normali, con la vita leggermente più alta e uno strato un po’ più spesso in un’area che va ben oltre quella del classico assorbente, sia davanti sia dietro. Il bello è che non lasciano intravedere nulla sotto i pantaloni, sono comodi, e non sono neanche male da vedere.
Il modello che ho scelto, rigorosamente nero, assomiglia a quegli slip “signora mia” un po’ contenitivi ma di buona qualità. L’ho indossato senza imbarazzo persino prima di mettermi a dormire con il mio fidanzato, con il vantaggio di non costringermi a restare ferma come una mummia fino al mattino. E in effetti ha fatto bene il suo lavoro, ha resistito tutta la notte. Le mie mutande promettono prestazioni pari a quelle di 2-4 assorbenti, e a occhio non mentono: di giorno le ho tenute per 6 ore, 8 nei momenti meno impegnativi del ciclo, e non ho mai provato quella sensazione fastidiosa di umidità. A questo punto sono curiosa di capire come funzionano.
Il parere della ginecologa
Per saperne di più chiamo la ginecologa Manuela Farris, consigliere della Società italiana di contraccezione, che spesso sui giornali si occupa di mestruazioni e dintorni. Mi conferma che il potere assorbente è dovuto all’ampia zona multistrato, composta di tessuti diversi e in grado di intrappolare i liquidi. «Ma in commercio ci sono diversi prodotti, non possiamo sapere se tutti garantiscono le perfomance dichiarate, meglio fidarsi del passaparola» mi consiglia.
E ha ragione, perché un’altra mia amica che ha comprato un brand diverso dal mio ha buttato tutto dopo il secondo lavaggio. «Il giudizio complessivo è positivo, ma un punto debole ce l’hanno: a meno che non siano al 100% di cotone, non sappiamo se alla prova d’uso i tessuti esterni possano provocare delle reazioni da contatto» mi dice. «Non ci sono studi o review su larga scala, come per le coppette. E guai a pulirli con candeggina o saponi antibatterici, potrebbero trattenerne tracce e provocare irritazioni».
E la promessa di evitare i cattivi odori? «Credibile» decreta. «Esistono tessuti che hanno queste proprietà». Fino a oggi le mie mutande hanno affrontato 2 cicli e il test è andato bene. Per una che finora si era trovata bene solo con “le ali” sono stati una rivelazione. Ora che la maggior parte di noi fa una vita da reclusa, poi, sono perfette, perché fai tutto nel bagno di casa: le cambi, le sciacqui subito con acqua fredda e poi le butti in lavatrice o continui a mano. Per asciugarsi ci mettono un po’, ma con cinque slip riesci ad alternarli. Immagino che cambiarle nel bagno di un ufficio sarebbe molto più scomodo ma non impossibile. Se la mia vita tornasse a quella di 2 anni fa, quando passavo la giornata a far la spola tra Milano e Torino in treno, non so se sarebbero la soluzione giusta.
Quanto costano gli slip mestruali
Va detto che questo tipo di biancheria intima è un piccolo investimento, e per valerlo deve durare almeno 1 anno, meglio 2, come scritto in confezione. Una coulotte del marchio più noto costa intorno ai 40 euro, io con 80 ne ho comprate 6 sfruttando lo sconto di benvenuto, ma è più o meno la spesa di assorbenti per 12 mesi.
Chiedo conferma a Greta Nicolini, responsabile comunicazione di WeWorld, l’onlus che con il collettivo Onde Rosa sta portando avanti la campagna per abbassare l’Iva sugli assorbenti igienici: lei è una che di conti ne ha fatti parecchi. Mi spiega che il mercato degli usa e getta è di circa 515 milioni di euro e interessa 15 milioni di italiane. «Nella legge di Bilancio 2020 abbiamo ottenuto di abbassare al 5% l’Iva sui lavabili e sulle coppette, il prossimo passo è allargare a tamponi e assorbenti monouso, beni di primissima necessità. Costerebbe all’Erario 72 milioni di euro. Ma sarebbe un bel risparmio per le donne». In quel caso gli slip mestruali non sarebbero così convenienti per le tasche ma resterebbero utili per l’ambiente. Oltre che una gran comodità.
In Italia siamo indietro, tra tabù e battaglie per la tampon tax
Certo è che in Italia siamo indietro. Le mutande mestruali negli Usa sono nate nel 2015, qui non le trovi ancora da nessuna parte. Le ho viste solo online, su siti stranieri o di importazione. Interpello Paola Maria Torrioni, che insegna Sociologia dei processi culturali all’Università di Torino, e concorda con le mie sensazioni. Parliamo del senso di vergogna che ancora pesa su intere generazioni di donne, che parlano delle “proprie cose” a bassa voce, e a scuola sono sempre andate a cambiarsi in bagno tenendo l’assorbente nascosto come fosse il corpo di un reato.
Io ero una di quelle, per me le mestruazioni sono state questo per anni: fastidiose, dolorose e imbarazzanti. «Basta guardarsi attorno, quanti distributori automatici di assorbenti vedi?» mi chiede. «Nessuno. Sì, adesso se ne parla, ma soprattutto sui siti o sui social “di donne”, come se tutto quello che riguarda il corpo femminile dovessimo gestirlo solo nella sorellanza. Invece mutande, coppette e la battaglia sulla tampon tax sono piccole conquiste che ci servono per emanciparci anche sui grandi temi». Per me è stato così, ho acquisito maggiore libertà quando ho capito che potevo sperimentare soluzioni diverse per sentirmi a mio agio con il mio ciclo mestruale.
Coppette mestruali e costumi da bagno per il ciclo
Ho iniziato con le coppette, comprate un anno e mezzo fa in un supermercato di Londra: un disastro, mi sporcavo in continuazione, sfilarle era una tragedia, ma hanno segnato l’inizio di un percorso che si chiude adesso con gli slip assorbenti. Sicuramente non vanno bene per tutte, sono certa che a qualcuno potrà pesare lavarli, ma la svolta è proprio questa, conoscere il proprio corpo, il proprio flusso, sapere quello che vogliamo e poter scegliere ciò che ci fa sentire più a nostro agio.
Il mercato delle alternative è ancora indietro, coprono solo l’1% del venduto, ma vale la pena lavorarci, visto che nella sua vita una donna consuma circa 12.000 assorbenti, tutti da smaltire. Online ho letto di costumi da bagno per il ciclo, negli Usa li vendono già. Parlarne mi fa ridere, ma quest’anno che il mare sembra un miraggio, se proprio il giorno in cui ci vado dovessi avere il ciclo, vorrò averne in borsa almeno un paio.
Il primo distributore di assorbenti gratuiti è arrivato in questi giorni al dipartimento di Matematica dell’Università di Padova. Lo possono usare le studentesse e le dipendenti dell’ateneo
Oggi pannolini e assorbenti si riciclano
Il destino di pannolini e assorbenti non è per forza la discarica. Da 1 tonnellata di questi materiali si recuperano 160 kg di cellulosa, 80 di plastica, 80 di polimero super assorbente.
Lo sanno bene a Verona, dove è partito il primo programma di raccolta per il recupero e il riciclo. Il progetto nasce da un accordo tra Comune e Fater, azienda produttrice dei principali prodotti assorbenti per persona: otto cassonetti di raccolta “intelligenti” sono stati distribuiti in altrettanti punti strategici della città. Da qui i rifiuti vengono portati e lavorati a Treviso, dove c’è il primo impianto industriale per il riciclo di materiali assorbenti usati. Se tutto funziona, nei prossimi anni i nuovi cassonetti si moltiplicheranno e nel 2025 si arriverà a riciclare un assorbente su cinque, inclusi quelli femminili.