Gli smartphone e i social sono nel mirino delle autorità per i loro effetti sui giovani e sul benessere mentale di bambini e ragazzi. Se la città di New York ha fatto causa ai principali social, da TikTok a Facebook senza dimenticare Snapchat e YouTube, accusandoli di manipolare in modo deliberato i giovani per creare dipendenza e minare la loro salute mentale, in Italia il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, annuncia il divieto di uso di smartphone a scuola, sia alle elementari che alle media, anche per motivi di studio.
Divieto di smartphone, anche per studiare
Niente più smartphone in classe. Il divieto è stato anticipato in una intervista del Ministro Valditara rilasciata al quotidiano Il Foglio e riguarderà gli alunni delle elementari e gli studenti delle medie. Lo stesso tipo di limitazione dovrebbe essere applicata alla scuola dell’infanzia anche se a scopo didattico. Secondo il titolare dell’Istruzione, infatti, smartphone e tablet possono creare tensioni con i docenti che possono anche sfociare in comportamenti violenti.
Gli smartphone e i comportamenti violenti dei giovani
Come si legge nell’intervista, «Nelle prossime linee guida del Ministero, vi sarà un passo in più: il cellulare verrà di fatto vietato alle scuole dell’infanzia, alle elementari e alle medie anche per scopi didattici. E alle elementari e alle medie verrà suggerito di evitare l’uso del tablet. Sia per questioni di didattica, naturalmente, sia perché spesso l’utilizzo in proprio di smartphone e tablet diventa nel rapporto tra studenti e docenti un elemento di tensione, che in alcuni casi porta anche all’aggressione del personale scolastico. Meno distrazioni, più responsabilità, più delega».
Le nuove linee guida sull’uso dei device
A confermare la nuova linea del Ministero sull’uso di smartphone e tablet a scuola è anche una nota dello stesso dicastero, nella quale si precisa che le Linee guida sull’educazione alla cittadinanza, in via di elaborazione, conterranno anche un’indicazione specifica che riguarda i devices ed esattamente che «È opportuno evitare l’utilizzo dello smartphone (cellulare) nelle scuole d’infanzia, primarie e secondarie di primo grado». Quanto agli scopi didattici, invece, si ipotizza di consentire il solo impiego del tablet nelle scuole primarie qualora sia di supporto all’attività in classe.
Più rispetto per i docenti e genitori meno invadenti
D’altro canto il Ministro ritiene che occorra riportano maggiore concentrazione nelle aule e, nello stesso tempo, aumentare il rispetto dovuto agli insegnanti. Per questo Valditara ha sottolineato l’importanza di una responsabilizzazione degli studenti, sia quando si tratta del rendimento scolastico, sia in caso di danneggiamenti alle strutture pubbliche, come accaduto in occasione delle occupazioni dei licei. Non da ultimo, il titolare dell’Istruzione ha rivolto un richiamo anche ai genitori che a volte, nel tentativo di difendere i figli, hanno finito con il delegittimare il lavoro dei docenti. come accaduto con il caso recente del Liceo Tasso a Roma.
La precedente circolare sugli smartphone in classe
In qualche modo, dunque, si conferma una linea già indicata in passato dallo stesso Ministro Valditara. In una circolare di dicembre del 2022, infatti, era stato indicato il divieto di utilizzare il cellulare durante le lezioni. In quel caso, però, l’utilizzo di dispositivi digitali in classe era consentito «solo con il consenso del docente, per finalità inclusive, didattiche e formative». «L’interesse delle studentesse e degli studenti, che noi dobbiamo tutelare, è stare in classe per imparare – commentava il Ministro Giuseppe Valditara -. Distrarsi con i cellulari non permette di seguire le lezioni in modo proficuo ed è inoltre una mancanza di rispetto verso la figura del docente, a cui è prioritario restituire autorevolezza. L’interesse comune che intendo perseguire è quello per una scuola seria, che rimetta al centro l’apprendimento e l’impegno».
Niente sanzioni
«Con la circolare – concludeva però il titolare dell’Istruzione – non introduciamo sanzioni disciplinari, ci richiamiamo al senso di responsabilità». Le sanzioni, quindi, sono rimaste materia di competenza delle singole scuole, con la facoltà di introdurle nei loro regolamenti a seconda delle esigenze e dei contesti anche territoriali. Per questo alcuni istituti si erano già mossi in autonomia, vietando completamente l’uso del cellulare una volta entrati, quando gli studenti devono necessariamente riporre i device, per poi riprenderli al termine delle lezioni.
Divieto di smartphone in classe già in molti istituti
A Latina, per esempio, al Liceo Scientifico Majorana si era sfiorata la rissa tra i ragazzi, spalleggiati dai genitori, e il preside, che aveva imposto la consegna dei telefoni all’inizio delle lezioni. All’Itis Nullo Baldini di Ravenna il preside Antonio Grimaldi aveva firmato una circolare in cui si legge che «L’intento è quello di garantire agli studenti la migliore e proficua attenzione nel corso delle attività didattiche, nonché di favorirne la socializzazione e di combattere le ormai sempre più diffuse dipendenze da smartphone». Una decisione analoga era stata presa anche dal Liceo paritario Malpighi di Bologna, dove anche oggi non è possibile accendere (né tenere con sé) il cellulare neppure durante la pausa per la ricreazione. L’intento è sempre quello di ottenere la massima concentrazione durante la mattinata di lezioni: «Con questa proposta gli chiediamo di guardarsi in faccia, di stare concentrati su quel che fanno e di lavorare insieme» spiega la dirigente scolastica Elena Ugolini, ex sottosegretaria all’Istruzione con il governo Monti. Ma cosa prevede la legge?
Cosa dice la legge del 2007
La legge che detta le indicazioni è una direttiva ministeriale del 2007 (la 104 del 30 novembre), dunque un po’ datata, ma che rimane il punto di riferimento. Nel testo si legge che “Dall’elenco dei doveri generali enunciati dall’articolo 3 del D.P.R. n. 249/1998 si evince la sussistenza di un dovere specifico, per ciascuno studente, di non utilizzare il telefono cellulare, o altri dispositivi elettronici, durante lo svolgimento delle attività didattiche“. Questo perché ragazzi e bambini a scuola hanno il dovere “di assolvere assiduamente agli impegni di studio anche durante gli orari di lezione (comma 1); – di tenere comportamenti rispettosi degli altri (comma 2), nonché corretti e coerenti con i principi di cui all’art. 1 (comma 3); – di osservare le disposizioni organizzative dettate dai regolamenti di istituto (comma 4)”.
Per i trasgressori sono previste sanzioni disciplinari, che però sono differenti da istituto a istituto. In nome dell’autonomia scolastica, infatti, ogni dirigente ha molto margine di intervento e regolamentazione specifica.
Presidi in ordine sparso
I dirigenti scolastici al momento si sono regolati autonomamente, procedendo in ordine sparso. Tra coloro che difendono l’utilità degli strumenti digitali, smartphone personale compreso, e coloro che invece li ritengono dannosi nel contesto scolastico, c’è anche chi invita a una riflessione. Antonello Giannelli, già Presidente dell’Associazione Nazionale Presidi, spiegava: «Su argomenti come questi è importante valutare più fattori. Innanzitutto, l’autonomia delle scuole: ogni istituto può decidere, nel proprio Regolamento, come affrontare questa e altre questioni. L’importante è che siano scelte comprese e condivise dall’utenza, ovvero studenti e famiglie. D’altra parte, lo smartphone è diventato quasi indispensabile e i ragazzi, ancor più degli adulti, se ne servono per connettersi con gli altri, informarsi e comunicare».
Per questo Giannelli rilanciava una provocazione: «Allora, forse, più che impedirne l’utilizzo, sarebbe il caso di fornire indicazioni su come farlo in modo corretto, rendendolo uno strumento di approfondimento e di studio. Non è un caso che il reintrodotto insegnamento dell’educazione civica parli espressamente di promozione dell’educazione digitale».
Smartphone: strumento didattico o di dipendenza?
«L’educazione digitale si può fare, ma senza smartphone personali – rispondeva Ugolini – Lo si fa con dotazioni didattiche e sicuramente con strumenti e in luoghi adatti all’apprendimento. Noi abbiamo iniziato con un progetto pilota in una classe, lo scorso anno, dove è stato vietato l’uso dello smartphone e abbiamo visto che i ragazzi erano molto più concentrati durante le lezioni e avevano relazioni migliori durante l’intervallo. Tenere i dispositivi sotto il banco o nello zaino, infatti, inevitabilmente distrae e porta a voler controllare notifiche o stati social. Gli studi delle neuroscienze hanno dimostrato l’effetto di dipendenza e distrazione che i device hanno quotidianamente. Noi abbiamo deciso di estendere il progetto pilota a tutta la scuola e anche agli insegnanti, che non usano i propri device a lezione e non devono neppure essere costretti a fare i carabinieri nel controllare gli studenti. Si tratta di un patto con i ragazzi e con i docenti. D’altro canto abbiamo anche visto sperimentazioni analoghe negli Usa».
Cosa accade all’estero
All’estero le norme sono altrettanto diversificate. Ad esempio, negli Usa ogni Stato legifera autonomamente. «Nella Silicon Valley ha fatto scalpore la notizia che i figli dei patron di Google e Apple vadano in scuole montessoriane dove non è ammesso l’uso di smartphone o tablet, e questo dovrebbe far riflettere», ricorda Ugolini. Di recente anche in Virginia ha fatto discutere la decisione di “restringere” l’uso del cellulare: lo si può portare a scuola e anche in classe, senza lasciarlo negli armadietti lungo i corridoi, ma occorre tenerlo spento o in modalità offline, dentro lo zaino, ma non sul banco, come invece accadeva fino allo scorso anno scolastico. Questo perché la sola vista del cellulare, anche se non in uso, distrarrebbe gli studenti. Al suono della campanella, però, si può accendere e si può telefonare o chattare, lungo i corridoi o in mensa. Ma come regolarsi con la privacy?
Attenzione alla privacy
Esiste, in effetti, anche il tema della privacy perché poter usare il cellulare anche solo nei corridoi o durante le “pause” potrebbe indurre a scattare selfie o foto, in cui potrebbero comparire altri ragazzi, magari finendo a loro insaputa sui social. In Italia le regole a questo proposito sono chiare: anche nelle scuole nelle quali lo smartphone viene utilizzato in alcune lezioni, come strumento didattico, esiste il divieto di scattare foto o registrare lezioni, per poi postarle online o sui social. Per questo ogni scuola prevede la sottoscrizione dell’autorizzazione alla pubblicazione di materiale video, nell’ambito delle attività didattiche e sui canali dell’istituto.