Sono 3.667 i ragazzi presi in carico dai servizi che si occupano di dipendenza da internet. Si tratta di 102 centri su tutto il territorio italiano, che sono stati mappati dal Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell’Istituto Superiore di Sanità. Secondo la fotografia che ne emerge, si tratta soprattutto di giovani tra i 15 e 18 anni, in prevalenza maschi (75%). A chiedere aiuto, però, sono soprattutto i genitori.
Il primo passo, per risolvere il problema della dipendenza da internet e dai social, è tramite un colloquio con gli esperti nel 96% dei casi, mentre nel 58% si procede con un test standard o con percorsi personalizzati (51%). Poi si avvia un percorso di sostegno psicologico al paziente (93%), psicoterapia individuale (91%) e l’intervento di sostegno psicologico ai familiari (82%), senza tralasciare l’intervento psicoeducativo individuale (73%) e la psicoterapia familiare (68%).
Ma le dipendenze non riguardano solo i giovani né solo i social. Molti interventi, infatti, hanno a che fare con il gioco d’azzardo (69%) e lo shopping compulsivo (20%), o il sex addiction (20%). Il “fascino” della rete, infatti, non esclude neppure gli adulti.
La dipendenza da internet negli over 50
«Gli adulti non esistono più, ci si ritrova a innamorarsi a 50 anni, a chattare sui social e a stare attaccati per ore allo smartphone, proprio come (e forse più) degli adolescenti, per questo ho coniato la definizione di cinquantagers per i 50enni che si comportano come teenagers». A dirlo è Enrica Tesio, blogger e scrittrice over 40, che ogni giorno dal suo osservatorio speciale su internet “studia” i nuovi adulti di 40 e 50 anni, dicendo: «Oggi sono più dipendenti loro dalla Rete, dai social e dallo smartphone dei loro figli». L’autrice di Tiasmo, blog ironico sull’amore, e di libri come Quando nasce un lettore. Fenomenologia di una dipendenza (ed. Colti), smentisce i risultati di una recente ricerca sulla dipendenza dei giovani dallo smartphone.
Chi è più dipendente?
Il 30% dei giovani tra i 10 e i 21 anni vive ormai in una situazione di isolamento, in un mondo parallelo a quello reale, che è quello virtuale dei social, attaccato allo smartphone, con le cuffiette nelle orecchie e lo sguardo (e la schiena) chino sullo schermo, a scrivere messaggi, inviare foto e guardare video. Secondo quando emerge dalla ricerca Mi ritiro in rete, realizzata dall’Associazione nazionale Di.Te. (Dipendenze Tecnologiche, gap, cyberbullismo) col portale Skuola.net, la maggior parte dei bambini e ragazzi ha sempre meno contatti e scambi con i genitori.
D’altro canto, però, proprio gli adulti contribuiscono a questo fenomeno, perché ne sono a loro volta “vittime”. «È proprio così, io stesso che ho 44 anni, mi sono reso conto che era arrivato il momento di staccarmi e sono in social detox da tre mesi. Mi ero stufato di vedere coetanei postare continuamente selfie con espressioni ridicole e a volte patetiche, qualunque cosa facessero o qualsiasi cibo mangiassero. Io credo che la vita sia meglio viverla che postarla. Allo stesso modo mi fa molta tristezza vedere bambini che sfogliano i social come fossero i libri di una volta» commenta Nicola Santini, giornalista e scrittore, esperto di social e bon ton.
I giovani e il vamping. E i genitori?
La vita virtuale acquista sempre più spazio, togliendone a quella reale. Secondo lo studio, quasi un terzo dei giovani (33%) trascorre sullo smartphone 3 o 4 ore al giorno, il 12,75% arriva a 5/6, il 15,8% anche oltre 6 ore. Il 14,5% lo usa per chattare o postare contenuti anche per 2/3 ore a notte, finendo vittima del cosiddetto vamping, ossia la difficoltà a dormire di notte e la conseguente scarsità di concentrazione di giorno. Un fenomeno che però interessa anche gli adulti, con il 77,7% di italiani online prima di dormire (Rapporto Agi-Censis), mentre il 61,7% usa i dispositivi anche a letto. I genitori, quindi, sono le prime vittime da dipendenza da social e internet?
Gli adulti non esistono
La risposta l’hanno data proprio Enrica Tesio e il cantautore torinese Mauro Mao Gurlino, che ha portato in scena uno spettacolo teatrale intitolato Gli adulti non esistono, tratto dalle riflessioni della scrittrice e blogger sugli “adultescenti” o “quarantadolescenti”: «Ci si trova a innamorarsi in questo secondo tempo della vita, ma senza più le certezze che si credeva di avere da giovani. È una riflessione su cosa significa essere adulti oggi, che mi ha portata a coniare la definizione di quarantadolescenti, persone che si comportano come adolescenti, anche nel rapporto con internet, con i social e con lo smartphone, diventandone dipendenti» spiega Enrica Tesio.
Quarantadolescenti e cinquantagers
«Io li ho chiamati così, sono uomini e donne di 40 e 50 anni, che ormai si comportano come (o peggio) dei teenagers e degli adolescenti. Basta osservare come vivono attaccati allo smartphone e abbiano trasferito le proprie relazioni online: spesso sono loro i veri stalkers, quelli che non sanno capire quando sia il momento di fermarsi, di accettare ad esempio la fine di una relazione. I social hanno permesso loro, magari, di tornare in contatto con vecchi amici di infanzia o di allacciare relazioni che poi non accettano finiscano. E così continuano a seguire gli ex e le ex in modo morboso, tramite tutti i canali social, tempestando di messaggi e restando followers» racconta Tesio.
D’altra parte, il rapporto Agi-Census fotografa la realtà: un quinto della popolazione adulta (oltre il 20%) dichiara di essere dipendente da internet e l’11,7% di andare in ansia senza una connessione internet. Per il 63% la prima attività dopo la sveglia è il controllo dei propri profili social, mentre il 34,1% lo fa anche a tavola.
Sexting e sentimenti virtuali
Quasi la totalità dei giovani, secondo la ricerca Di.Te., non si pente di aver scambiato con il partner o con un conoscente foto intime: questo avviene sia tra i giovanissimi (6% tra i 13 e i 15 anni) sia tra i ventenni (41,7% tra i 19 e i 21 anni). Ammettono di fare abitualmente sexting in un quinto dei casi, oltre i 21 anni. E gli adulti? «I social sono una macchina di sentimenti che non esistono anche per genitori e adulti in genere: spesso nascono storie virtuali tra persone che poi, quando le conosci, vorresti chiedere indietro i Giga dell’abbonamento internet perché ti senti truffato, perché non corrispondono al profilo millantato. Oppure si creano antipatie ingiustificate, perché quando conosci davvero una persona non la trovi così irritante come appariva sui social. Non ultimo, tolgono tempo e possibilità ai rapporti reali, quelli con amici in carne e ossa, per i quali poi magari non trovi dieci minuti per un caffè perché devi chattare con sconosciuti sul web». Parole che trovano conferma anche nella ricerca sui ragazzi: il 13,28% sostiene che gli amici veri siano quelli frequentati online, il 5,91% afferma di non avere legami profondi reali.