Uno degli episodi più recenti risale a poche settimane fa: a Milano una bambina di neppure due anni è letteralmente scomparsa da casa, insieme alla madre. Il padre della piccola capisce subito che c’è qualcosa di anomalo, perché in casa non ci sono né il passaporto della figlia né vestiti e oggetti dai quali solitamente non si separava. La verità arriva dopo poco: la compagna, cittadina tedesca che da anni viveva in Italia col partner, era tornata in Germania portando con sé la figlia. Non solo: come nel peggiore dei copioni gli faceva sapere, tramite messaggio, che non si sarebbe più fatta viva e che qualsiasi comunicazione sarebbe passata dal suo legale.
Fenomeno in crescita tra le coppie miste
Casi del genere sono in forte aumento, come conferma l’avvocato Marisa Marraffino, specializzata in Diritto minorile: «Capitano sempre più spesso, soprattutto nelle coppie con i genitori di nazionalità differente e in particolare con alcuni Paesi come la Germania, che per esempio a Milano conta su una comunità molto forte e coesa. Una volta che si arriva alla separazione, uno dei due sceglie di tornare nel Paese d’origine portando con sé il figlio o i figli, ma senza consultare l’altro o anche di fronte alla sua contrarietà. Questo è grave, non solo perché viola il diritto alla bigenitorialità, ma anche e soprattutto i diritti dei figli, che invece sono i soggetti maggiormente da tutelare».
Le battaglie giudiziarie sulla pelle dei figli
Sul caso milanese per ora è aperto un fascicolo, dopo la denuncia del padre per «sottrazione internazionale di minore». Un caso che ricorda quello del piccolo Eitan, il bambino di 5 anni unico sopravvissuto alla strage della funivia del Mottarone. Ma la realtà è che si tratta di un fenomeno che aumenta e non occorre arrivare a tragedie familiari di tale portata per vedere genitori pronti a gesti altrettanto drammatici come quello del nonno del bambino. «Nella maggior parte dei casi, purtroppo, dietro a contese simili ci sono motivi economici, che si sommano ad attriti iniziali nella ormai ex coppia. Le cause diventano lunghe, anche due o tre anni: in attesa di un pronunciamento sull’affido dei figli, capita che uno dei due “fugga” col bimbo all’estero – racconta l’avvocato – L’aspetto più grave e assurdo è che spessissimo si tenta di minimizzare gli effetti negativi per i bambini, allontanati da uno dei due genitori, dicendo che si può esercitare la genitorialità tramite Skype, con semplici videochiamate ogni tanto. Tutto ciò è inaccettabile».
Quando si ricorre all’”avvocato dei bambini”
È in queste situazioni che spesso gli stessi avvocati chiedono l’intervento del “curatore speciale per i minori”: si tratta di un vero e proprio “avvocato dei bambini”, nominato dal giudice: «Si costituisce in udienza, cioè interviene nella causa insieme ai legali dei due genitori, per esempio scrivendo le memorie per conto dei minori, insomma facendo gli interessi dei figli, spesso trascurati a vantaggio di quelli degli adulti», spiega Marraffino, secondo cui in molti casi è l’unico modo per riportare al centro i bambini. «Purtroppo vediamo sempre più spesso separazioni conflittuali dove si ricorre alla nomina di un CTU, con consulenze tecniche anche sulla capacità genitoriale. Il problema è che troppo spesso si finisce col ribadire un principio ovvio e già previsto dalla legge del 2006 sull’affido condiviso: il diritto di un figlio a poter stare con entrambi i genitori. Per evitare situazioni ancor più traumatiche per i bambini, però, basterebbe più buon senso: anche noi avvocati insieme ai giudici e agli addetti ai lavori possiamo giocare un ruolo fondamentale, evitando di estremizzare le situazioni e facilitando dialogo e mediazione».
Cause lunghe e costose
Come spiegavamo nel caso di Eitan la sottrazione internazionale di minore è un reato che si configura quando un minore di 16 anni, con residenza abituale in uno Stato, viene trasferito in un altro Paese senza il consenso dell’altro genitore, in pieno possesso della patria potestà. In caso di separazioni conflittuali nelle quali madre o padre decidono di allontanarsi col figlio all’estero, di fatto si apre una lunga e costosa battaglia giudiziaria: «Sono casi nei quali è giusto che intervenga il tribunale e riporti il bambino in Italia, ma ciò che deve cambiare è la cultura. È assurdo pensare di sostituire la figura di un genitore con una piattaforma telematica o una telefonata, questo è egoismo da parte del genitore e purtroppo spesso alcune battaglie sono portate avanti quando ci si sente economicamente forti. Ci sono cause di separazione che possono arrivare a costare anche 50mila euro: è inconcepibile» dice l’avvocato.
La sensazione è che a volte anche gli stessi legali non incentivino quanto potrebbero una soluzione consensuale, a favore invece di cause che si protraggono a lungo nei Tribunali, ma che diventano anche più difficili da gestire per tutti e più dolorose per i figli: «È chiaro e giusto che di fronte all’inconciliabilità sia il giudice a decidere per l’affido, ma bisognerebbe piuttosto incentivare il dialogo tra le parti anche con percorsi di mediazione familiare, in modo da arrivare a separazioni il più possibile consensuali. La via giudiziaria dovrebbe essere l’eccezione per il bene dei minori: un bambino piccolo, ma anche fino ai 10/12 anni non è in grado di autodeterminarsi, non si può chiedere a lui con chi vuole stare, come invece accade. Non a caso l’ascolto del minore si fa dai 12 anni in su. È importante, quindi, far passare questo concetto: va cambiato l’approccio, basandosi su quanto già previsto dalla legge del 2006 sull’affido condiviso, che sancisce in modo granitico i diritti dei figli» aggiunge l’esperta.