Si presenta come un classico mal di schiena, con dolori localizzati nella parte bassa, e spesso viene confuso con una classica lombalgia di natura muscolare, ma in certi casi non lo è. Può trattarsi di una malattia infiammatoria cronica articolare, che necessita dell’intervento di un reumatologo. È il “falso” mal di schiena, che in gergo medico si chiama spondiloartrite assiale.
Spondiloartrite assiale e psoriasi
La caratteristica è che interessa soprattutto i giovani ma, se non è presa per tempo, può degenerare. Oltre al dolore cronico, può infatti condizionare la qualità della vita arrivando perfino a rendere difficile muovere e flettere la colonna. Adesso, però, arriva un nuovo farmaco che – in base allo studio effettuato – risulta estremamente efficace, non solo per i pazienti con spondiloartrite ma anche per chi soffre di psoriasi, malattia spesso collegata all’altra.
Cos’è il falso mal di schiena
Secondo i dati la spondiloartrite assiale riguarda 40mila giovani, in prevalenza maschi ma è frequente anche nelle ragazze, che lamentano mal di schiena in età precocissima: tra i 20 e i 30 anni, in ben 8 casi su 10. L’eventuale sovrappeso e la postura, però, non c’entrano. Chi ne soffre avverte dolore nella zona lombare, ma uno dei sintomi più tipici che deve destare allarme è la rigidità. Finora il problema era curato soprattutto con antinfiammatori, poco efficaci e non per tutti: «La spondiloartrite è una malattia molto invalidante: consiste in un mal di schiena diverso da quello classico, che è di natura muscolare, anche se all’inizio può sembrare simile. Il tratto distintivo è la rigidità della colonna e la difficoltà a ruotare il collo. In presenza di questi sintomi, occorre quindi chiedere una visita di un reumatologo» spiega Giovanni Adami, ricercatore in reumatologia presso l’Università di Verona.
Negli anni, infatti, la schiena perde flessibilità lungo tutta la sua estensione, dalla colonna cervicale fino alla zona lombo-sacrale. L’infiammazione può interessare anche altre articolazioni come anca, spalla, mani e piedi. Il dolore aumenta progressivamente, anche perché si può unire a forme di calcificazione che riducono la flessibilità della colonna stessa.
La schiena “colonna di bambù”
La colonna vertebrale di alcuni pazienti che soffrono di spondiloartrite assiale, se la malattia viene trascurata, può arrivare a somigliare a una colonna di bambù. «È la definizione che usiamo per indicare una schiena che non si muove più» spiega l’esperto. «Succede quando, osservando la radiografia della colonna, la stessa stessa appare come un bambù, con le parti molle calcificate che diventano tutt’uno con le ossa. In questi casi estremi, il ragazzo o la ragazza ha difficoltà a piegarsi e compiere i normali movimenti. Nei pazienti anziani non diagnosticati per tempo, abbiamo anche visto persone che non riescono a girare la testa» spiega Adami, che aggiunge: «Adesso, però, abbiamo nuovi farmaci cosiddetti biologici, che hanno portato grandi benefici». Il riferimento, in particolare, è all’ixekizumab (un antagonista della IL-17A), di cui lo studio COAST-, appena pubblicato, ha appena mostrato i benefici nel breve e lungo periodo.
Il nuovo farmaco riduce la malattia
«Fino agli anni ’90 il trattamento per i casi di spondiloartrite era quasi nullo: ci si limitava agli infiammatori comuni, come l’ibuprofene, e in passato si ricorreva persino al busto per evitare che il blocco della schiena fosse associato anche a posture errate – spiega Adami – Grazie al nuovo farmaco, invece, non solo si evitano dolori atroci, ma si riduce sensibilmente la progressione della malattia». Lo studio COAST-Y mostra un miglioramento nelle condizioni dei pazienti trattati con ixekizumab del 40% sui sintomi e segni della malattia, già dopo 16 settimane e in misura ancora maggiore dopo un anno.
Lo studio ha dimostrato anche gli effetti sul lungo periodo, con terapie prolungate per due anni: in quasi il 90% dei casi si blocca o si rallenta al massimo la progressione della malattia, come dimostrato dalle radiografie. Inoltre si riduce sensibilmente il dolore: nel 47% dei casi resta basso, mentre nel 20% è in remissione. Sul 56% dei pazienti si osserva un miglioramento dei sintomi di almeno il 40%. Dati fondamentali alla luce della diffusione della malattia e in vista di diagnosi sempre più precoci.
7 anni per la diagnosi
In Italia sono 200mila le persone che soffrono di spondiloartrite, ma in media occorrono 7 anni dalla comparsa dei primi sintomi, prima di arrivare a una diagnosi corretta. «Il nuovo farmaco dà nuove speranze perché blocca sensibilmente la calcificazione della colonna vertebrale. Appartiene alla famiglia dei farmaci biologici, o per meglio dire biotecnologici: sono i cosiddetti monoclonali, specifici per ciascuna malattia» spiega il ricercatore.
Il legame con la psoriasi
«Oltre a ciò si è dimostrata l’efficacia in chi soffre anche di psoriasi, perché gli studi hanno mostrato la scomparsa della malattia della pelle in quasi il 100% dei pazienti» aggiunge il ricercatore. La psoriasi, infatti, va curata perché può provocare una forma di artrite, la cosiddetta artrite psoriasica, che a volte può portare a sua volta mal di schiena, ma soprattutto può essere associata a varie forme di spondiloartriti, che interessano appunto le articolazioni come la colonna vertebrale: «In questi casi il farmaco in questione permette di ottenere risultati difficilmente raggiungibili con qualunque altra terapia» conclude Adami.