I responsabili di atti persecutori semplici – lo stalking, nelle forme non aggravate – non potranno più cavarsela automaticamente o quasi, semplicemente pagando un risarcimento e riparando in questo modo alle conseguenze provocate. Il decreto fiscale, convertito nei giorni scorsi, ha posto rimedio a una smagliatura legislativa finita al centro delle polemiche: il reato non rientra più tra quelli che si “cancellano” (che si estinguono, tecnicamente) se l’imputato offre una somma di denaro alla vittima e il giudice dà il placet, indipendentemente dalla volontà della persona offesa, una donna nella maggioranza dei casi. Resta ferma, per chi subisce avances ripetute e abbordaggi non graditi, la facoltà di ritirare la querela, per libera scelta, senza subire decisioni altrui. Per le condotte di stalking più pesanti, per cui il problema non si era posto, nulla era cambiato e nulla cambia.
Marcia indietro dopo critiche e polemiche
La marcia indietro è arrivata dopo settimane di critiche, prese di posizione, promesse, rimpalli di responsabilità, distinguo. Il caso era esploso nelle sedi istituzionali e sui media a inizio ottobre, in seguito alla pubblicizzazione di una decisione del tribunale di Torino. L’uomo finito alla sbarra nel capoluogo piemontese, accusato di aver seguito e braccato una ragazza per un mese, aveva messo a disposizione della perseguitata 1.500 euro. Lei quei soldi non li voleva, decisa ad arrivare fino in fondo. Il giudice, invece, aveva deciso diversamente, applicando le nuove norme sulla giustizia ripartiva in vigore da agosto. Aveva “graziato” l’imputato, dichiarando estinto il reato.
La soddisfazione delle sindacaliste
Soddisfazione è stata espressa, sui social e via twitter, dalle sindacaliste che per prime avevano posto la questione, in tempi non sospetti, con largo anticipo rispetto alla sentenza torinese e al montare delle critiche e del clamore. “Finalmente – hanno dichiarato Loredana Taddei, responsabile nazionale Politiche di genere della Cgil, Liliana Ocmin, responsabile del Coordinamento nazionale donne Cisl, e Alessandra Menelao, responsabile nazionale dei Centri di ascolto della Uil – è stata eliminata la gravissima stortura dell’estinzione del reato per via pecuniaria, introdotta nella riforma del sistema penale. La violenza contro le donne – altra considerazione – è uno dei reati più oscuri e difficili da combattere, che richiede molta attenzione nelle misure che si intraprendono, nelle norme che si emanano e nelle parole che si dicono. Bene, dunque, per la correzione veloce del grave errore”.
L’avvocato delle donne plaude alla riforma
Anche Anna Ronfani, avvocato e vicepresidente di Telefono rosa di Torino, plaude alla modifica legislativa pro vittime: “L’esclusione del reato di stalking dalla generale possibilità di estinguere un reato procedibile a querela, per mezzo di condotte riparatorie di contenuto economico e indipendentemente dalla volontà della persona offesa, è un’apprezzabile correzione di un precedente errore del legislatore. In pratica, è una giusta riforma della riforma. Il reato di stalking – spiega – a seconda delle modalità con cui è compiuto può essere procedibile d’ufficio o a querela della persona offesa non rimettibile o a querela rimettibile solo dinnanzi all’Autorità giudiziaria. In quest’ultimo caso (l’unico che poteva essere interessato alla riforma contestata, ora corretta) è assolutamente giusto che soltanto la persona offesa possa decidere se vi sono le condizioni per estinguere il reato: il legislatore ha ora riconosciuto che questo deve eventualmente avvenire mediante un atto di volontà della persona offesa, non certo con un’imposizione, per di più di incontrollabile contenuto economico, che essa debba subire”.
“L’impunità non può essere comprata”
Grazie alla correzione approvata, continua l’avvocato Ronfani, “si è ripristinato un principio: non vi sono casi ’lievi’ di stalking in cui l’impunità possa essere acquistata a prezzo più o meno vile. La persona offesa ha il diritto di non vedere mercificata la propria sofferenza senza potersi opporre. Infine, cosa che sembra anche più importante, è giusto denunciare le situazioni persecutorie non per aspirare a un più o meno modesto risarcimento, ma per promuovere un cambiamento relazionale e comportamentale, che dal caso singolo si estenda a tutta la collettività”.
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