Ridurre la plastica del 30% entro il 2030: è l’obiettivo, ambizioso, della direttiva europea cosiddetta “Salvamare” o antiplastica. Si tratta della SUP, Single Use Plastic, che mira a eliminare i prodotti monouso realizzati in plastica. I primi passi, però, inizieranno a luglio, quando le indicazioni europee dovranno essere recepite da tutti gli Stati membri dell’Ue, Italia compresa.
L’Italia è pronta?
Tradotto in termini concreti, significa che dal 3 luglio dovranno sparire dagli scaffali dei supermercati e punti vendita tutti quei prodotti usa e getta in plastica. Una lista lunghissima, perché si parla di posate, piatti e bicchieri monouso, ma anche di cannucce, palette per le tazzine di caffè, bastoncini per i palloncini, contenitori per polistirolo e contenitori per bevande fino a tre litri (compresi tappi e coperchi), borse di plastica, bastoncini per palloncini, fino ad arrivare a salviettine monouso o assorbenti igienici plastificati, oltre ad articoli per la pesca, come reti e simili. Secondo quanto prescritto da Bruxelles sarà tutto vietato. Ma l’Italia è pronta? In realtà sulla questione è in corso un braccio di ferro, che potrebbe finire con un compromesso.
L’Italia produce (e ricicla) molta plastica
Dal 3 luglio la direttiva SUP dovrà, dunque, essere recepita da tutti i Paesi europei. Significa uno stop alla vendita di prodotti in plastica monouso, compresi quelli in plastica biodegradabile se hanno parti in plastica, anche solo una pellicola. Significa bandire una lunga lista di oggetti e prodotti, che vanno da quelli per l’igiene (assorbenti e salviettine monouso) a quelli il cui uso è aumentato dall’inizio della pandemia, come tamponi, guanti in plastica, stoviglie, bicchieri e posate usa e getta, ecc., a meno che non siano in plastica lavabile e riutilizzabile: «Questo rappresenta un problema, perché la direttiva Ue riguarda moltissimi articoli, compresi di bastoncini utilizzati per la pulizia delle orecchie o i tamponi anti-Covid, oltre a piatti, bicchieri, posate, compresi quelli di carta, ma rivestiti di un sottile strato di plastica per renderli più impermeabili, che invece sono equiparati alla plastica vera e propria. Questo avrà ripercussioni pesanti sull’industria italiana, che è un’eccellenza in questo campo, anche nel riciclo, che pure ci vede in vetta alla classifica dei paesi europei più virtuosi» spiega Giorgio Quagliuolo, presidente di COREPLA e della Federazione Gomma e Plastica.
Il problema delle bioplastiche
Una delle maggiori perplessità sulla direttiva riguarda il bando anche alle bioplastiche, cioè quelle biodegradabili o a basa biologica (per esempio fatte di mais, tapioca, patate, mater-Bi o Canapa), secondo la definizione della European Bioplastics. Per la Commissione europea si tratta comunque di materie plastiche a tutti gli effetti e quindi sono anch’esse sottoposte, senza deroghe, alle restrizioni previste dalla Direttiva SUP.
Ad essere contrari a questa indicazione, però, non sono solo gli operatori del comparto delle plastiche e bioplastiche (come Assobioplastiche), ma anche Legambiente. Il presidente del movimento, Stefano Ciafani, sottolineando come l’Italia si distingua a livello internazionale per la produzione di plastiche compostabili, raccolta differenziata dell’umido domestico e filiera industriale del compostaggio, chiede una deroga per i prodotti biodegradabili e compostabili, che «possono essere una valida alternativa laddove non sia possibile eliminare i prodotti monouso» spiega all’Ansa.
Al momento l’unica alternativa alla plastica nei prodotti usa e getta è invece rappresentata dalla carta: «Ma è evidente che le prestazioni non sono le stesse» spiega Quagliuolo. Legambiente propone quindi un‘etichettatura specifica, indicando la compostabilità dei prodotti in bioplastica e le informazioni sul corretto smaltimento, e propone un’eccezione anche per gli articoli a base di carta con sottili rivestimenti in bioplastica compostabile.
L’Italia si oppone: cosa succederà?
Intanto il tempo stringe, perché la direttiva dovrà essere recepita in meno di un mese. Ad essere contrario, però, è anche il ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, che l’ha definita assurda aggiungendo «Questo a noi non può andar bene. L’Europa ha dato una definizione di plastica stranissima, solo quella riciclabile. Tutte le altre, anche se sono biodegradabili o sono additivate di qualcosa, non vanno bene».
Plastica monouso e biopalstiche non spariranno subito
Quello che è in corso in questi giorni è una sorta di braccio di ferro tra Roma e Bruxelles. Ma come andrà a finire? Spariranno dagli scaffali i prodotti in plastica monouso o in bioplastica dal 3 luglio? Secondo fonti vicine al ministero della Transizione ecologica la soluzione potrebbe essere un compromesso: l’Italia potrebbe recepire la direttiva Salvamare, ma in modo non del tutto conforme, quindi con alcune deroghe. Questo potrebbe comportare l’apertura di una procedura di infrazione, che da un lato permetterà di usare bioplastiche o prodotti alternativi (come il bambù o il legno, per esempio, per i bastoncini per tamponi e simili) e nello stesso tempo salvaguarderà migliaia di posti di lavoro del comparto plastica: «Il settore si sta sicuramente adeguando, si va verso la sostituzione di materiali più inquinanti per proteggere l’ambiente, ma serve ancora tempo» conclude Quagliuolo.