Le novità riguardano soprattutto la durata del Green Pass (da 12 a 9 mesi) e l’uso dei tamponi, in particolare gli antigenici, che non saranno più validi per poter accedere ai luoghi della socialità, come ristoranti, bar, cinema, musei, teatri e neppure negli stadi. Restano un’alternativa al vaccino, invece, per andare al lavoro in ufficio o in azienda, e su mezzi pubblici, treni ad alta velocità o aerei. L’entrata in vigore del Super Green Pass è prevista dal 6 dicembre fino al 15 gennaio, ma le misure potranno essere prorogate.
La mascherina sempre se non c’è distanziamento
Il Green Pass o il Super Green Pass non cancellano la necessità di indossare la mascherina tutte le volte che viene meno il distanziamento, anche all’aperto, perché i vaccini non escludono la possibilità di infettarsi.
Terza dose a 5 mesi
Dopo il via libera dell’Aifa e del Comitato tecnico scientifico, è arrivata la circolare del ministero della Salute, che dal 24 novembre prevede la possibilità di somministrare la terza dose a 5 mesi dalla seconda, invece che a 6. Perché? «Perché i dati che arrivano da Israele, dove la campagna vaccinale è iniziata prima e in modo massiccio, ci indicano che la copertura vaccinale scende: a 6 mesi il decadimento dell’efficacia anticorpale è molto importante, quindi prevedere la dose booster a 5 mesi è di fatto un’azione preventiva rispetto al rischio di infettarsi» spiega Ciccozzi.
Super Green Pass per cinema, musei, stadio ed eventi
Austria e Germania hanno aperto la strada al lockdown selettivo e soprattutto alla regola delle “2G”, ossia accesso ovunque a chi è vaccinato o guarito, mentre ci sono restrizioni per i non immunizzati. In Italia si è scelto il Super Green Pass, fin dalla zona bianca, che premia i vaccinati e sfavorisce chi ricorre ai tamponi. Ecco, quindi, che per accedere ai luoghi della socialità come cinema, teatri, musei, ma anche stadi viene richiesto il lasciapassare, rilasciato solo a chi è vaccinato o guarito. Lo stesso vale per gli eventi e i ristoranti al chiuso. Anche in zona arancione le ulteriori limitazioni saranno valide solo per chi non è vaccinato. Il Green Pass “base” sarà però obbligatorio dal 6 dicembre anche per gli alberghi, gli spogliatoi per l’attività sportiva.
I tamponi, quindi, non saranno più validi. «Il motivo sta ancora una volta nei dati: il tampone antigenico valido 48 ore dà il 30% di falsi negativi. Non ha senso prevederlo per il Green Pass. Oltretutto dà una falsa sicurezza a chi lo ha fatto, che pensa di essere negativo e rischia ancora di più di infettare gli altri. Per questo il requisito deve rimanere la vaccinazione completa (o la guarigione)» conferma l’epidemiologo.
Non cambieranno, invece, le regole in zona rossa, con limiti a spostamenti e chiusure che scatteranno per tutti, anche se vaccinati.
Non cambia la validità dei tamponi
Non cambia, invece, la durata della validità per i tamponi stessi, che si ipotizzava di far scendere a 48 ore per i molecolari e a 24 per i test rapidi antigenici. Da quanto si apre emerso, la questione è stata rimandata. «Cionostante va detto che il molecolare ti dà la fotografia del momento, ma non esclude che, una volta fatto, ci si possa infettare e dunque nelle ore successive si può trasmettere il virus. Andrebbe ripetuto giornalmente, ma non è una strada percorribile sia per organizzativi che economici – spiega Ciccozzi – I molecolari costano molto e richiedono di essere processati in laboratori specializzati, mentre i test rapidi, come detto, sono meno affidabili».
I tamponi valgono ancora per lavoro e trasporti
Resta, però, la possibilità del tampone per lavorare e per i treni e aerei. Arriva, però, l’obbligo di Green pass con vaccino o tampone, dunque nella forma “base”, anche per accedere ai mezzi del trasporto pubblico locale urbano e regionale. «In questo caso si sono valutati due aspetti: per quanto riguarda il lavoro, viene salvaguardato il diritto a poter lavorare e avere uno stipendio con cui mantenersi. Nel caso dei trasporti sarà da vedere come risolvere l’aspetto logistico, cioè come effettuare i controlli sul campo, a tutti i passeggeri dei mezzi pubblici come bus o metro» chiarisce l’esperto del Campus Biomedico. Insomma, l’esempio del lockdown selettivo dell’Austria, durato appena una settimana, ha dimostrato le difficoltà pratiche di questa opzione.
Obbligo vaccinale: per chi
Come accaduto per le prime due dosi, anche per la terza scatta l’obbligo vaccinale per il personale sanitario (infermieri e medici) e per gli operatori sanitari. Si è decisa, inoltre, l’estensione anche per altre categorie – dal 15/12 – cioè personale amministrativo, insegnanti e personale scolastico, militari, forze di polizia, soccorso pubblico. «L’obbligo per le categorie dei sanitari e per coloro che operano, a vario titolo, nelle Rsa è dettato da motivi evidenti: l’obiettivo è impedire che si possano infettare persone fragili. Per gli altri lavoratori il principio è quello di fermare il più possibile la circolazione del virus. Nel caso degli insegnanti, poi, non bisogna dimenticare che i bambini e i giovanissimi sono un veicolo proprio di circolazione e, pur sapendo che nella maggioranza dei casi non si ammalano in forme gravi, non conosciamo ancora gli effetti sul lungo periodo della malattia, cioè il Long Covid. Inoltre possono essere asintomatici, ma trasmettere il virus ai genitori (magari non vaccinati) e ai nonni che sono comunque da proteggere» spiega l’esperto.
Vaccino per i bambini 5-11 anni: forse dal 29 novembre
Quanto al vaccino per i più giovani, la politica è divisa sull’obbligo di Green Pass per gli under 12. L’autorizzazione da parte dell’Ema, l’agenzia europea del farmaco, all’immunizzazione per i bambini tra i 5 e gli 11 anni dovrebbe arrivare il 29 novembre, come confermato dal sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, che però ha escluso l’obbligo vaccinale per i bambini. Perché immunizzarli? «Da un punto di vista epidemiologico è un passaggio obbligato se si vuole fermare la circolazione del virus, lo si è fatto anche in passato con altri tipi di vaccini per malattie differenti. Sono allo studio, inoltre, gli effetti del Long Covid anche sui più piccoli. Negli Usa, ad esempio, si è visto che 1 bambino su 7 è soggetto a problematiche come malessere generale o nebbie cognitive associate al decorso post Covid. Perché non proteggere anche loro, dunque?» conclude l’esperto.
Restrizioni per i viaggiatori esteri
Rimane, tuttavia , l’esigenza invocata dai Governatori regionali di controllare i confini, soprattutto per le migliaia di lavoratori transfrontalieri, come a Trieste con la Slovenia (dove c’è un tasso di positività del 50% della popolazione) o tra Liguria e Francia. Le restrizioni in questo caso servirebbero a scongiurare la circolazione del virus, come conferma Ciccozzi: «Un tampone è utile per evitare un aumento di contagi come avvenuto in Friuli. Trovo impensabile che non si richieda un test a chi proviene da aree a rischio, come lo stesso Regno Unito, mentre questo finora non è accaduto: chiunque poteva rientrare in Italia senza alcun controllo. Serve anche una sorveglianza aeroportuale e marittima, in tutti i porti d’ingresso in Italia, almeno con un tampone».
La variante Delta Plus non è più contagiosa
L’Oms stima che, in mancanza di provvedimenti restrittivi, in Europa a marzo 2022 si possano contare 2,2 milioni di vittime, dopo che nelle ultime settimane si sono registrati 4.200 decessi al giorno. Ma quanto conta, nel rialzo dei contagi, la variante Delta Plus? «Su questo va fatta chiarezza: la Delta Plus non è più contagiosa, lo abbiamo appena confermato con una nostra pubblicazione sul Journal of Medical Virology: è una sotto-variante di una famiglia di varianti che è la Delta. Casomai va ricordato che questa sottomutazione “buca” i test antigenici, ossia non viene rilevata e dà falsi negativi, ma questo vale in genere per tutte le varianti. Quello che non cambia, invece, è la protezione data dai vaccini, anche se va ricordato anche che la mascherina rimane indispensabile al chiuso e, all’aperto, ogni volta che non sono garantite le distanze di sicurezza. Si tratta di un virus a trasmisssione aerea, come sappiamo, quindi anche se si fa shopping all’aperto in strada affollate, o anche allo stadio andrebbe sempre indossata anche perché nel 23% dei casi anche i vaccinati possono essere contagiati e contagiare» spiega Ciccozzi.
Non a caso il decreto prevede che in zona bianca resti non obbligatoria la mascherina all’aperto, che invece è necessaria all’aperto e al chiuso in zona gialla, arancione e rossa. Va sempre portata con sé e indossata in caso di potenziali assembramenti o affollamenti. Non saranno fatte eccezioni per i vaccinati o guariti dal Covid