La molla non è uguale per tutti. Può essere il risparmio, la vena ecologista, il puro divertimento. A spingere me a scoprire lo swap, la moderna arte del baratto, è stato il bisogno di viaggiare in un periodo in cui, invece, ero costretta a tagliare le spese. Così mi sono ricordata dello “scambio casa”. Me ne aveva parlato una collega che sfruttava le pause scolastiche dei figli per portarli 2 mesi in Gran Bretagna o negli Stati Uniti senza spendere in affitto: i ragazzi vedevano altri mondi e imparavano l’inglese, lei mescolava lavoro da remoto e vacanza, tutti guadagnavano amicizie. Se a volte non ci si incontra di persona, altre invece ci si ospita reciprocamente in momenti diversi dell’anno, spazi permettendo.
Adesso scambi anche la casa
È quello che è successo a me con il mio primo “scambio non simultaneo” con Franziska a Berlino. Pubblicato l’annuncio della mia casa milanese, ho cercato tedeschi che indicassero l’Italia tra le loro mete e mi sono proposta. Franziska mi ha offerto una stanza con bagno nella sua grande casa in attesa di venire più avanti a Milano. Morale: nella mia settimana berlinese ho trovato anche una nuova amica. Molti altri italiani stanno scoprendo quest’esperienza e Home Exchange, 150.000 abbonati nel mondo, ha registrato a Pasqua il 344% in più di pernottamenti rispetto all’anno scorso. «Gli affitti brevi causano carenza di alloggi e prezzi alti, questa formula invece è alla portata di tutti e non impatta sul territorio» precisa il cofondatore Emmanuel Arnauld. Puoi pagare un abbonamento annuo (115 euro su Homelink, 160 su Home Exchange) o provare gratuitamente su un gruppo di Facebook, come Host o Sister (per donne che cercano un tetto dalle “sorelle” ovunque nel mondo).
Vanno forte app e party
Case a parte, il baratto è tornato d’attualità insieme alla sua definizione inglese: swapping. Ci si scambia di tutto: dai vestiti ai libri, dalle piante ai mobili, a volte pure lezioni di yoga o inglese. Si usano app come Swapush, creata dall’omonima start-up e scaricata da 10.000 persone in Italia, o si partecipa a iniziative benefiche come quella appena proposta, il 15 e 16 aprile, dal Gruppo acquisto solidale Gaspare di Milano, il cui motto è “Riordina, Rivestiti, Risparmia e soprattutto RIUTILIZZA” (@il_tuoarmadio su Instagram). Anche l’Università di Milano-Bicocca qualche tempo fa ha organizzato il Musa4Swap, swap party nato all’interno di un lavoro più ampio di educazione finanziaria per incentivare la cultura del riuso e riciclo (Musa sta per Multilayered Urban Sustainability Action ed è finanziata dal ministero dell’Università e della Ricerca all’interno del PNNR).
Perché lo swap è tornato di moda
«Abbiamo osservato tre fenomeni che favoriscono lo scambio in questo momento storico» spiega Emanuela Rinaldi, professoressa associata in Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’ateneo milanese, che ha ideato l’iniziativa. «Intanto, la crisi economica avvicina sempre più persone a una scelta che facilita il risparmio. Poi i più giovani, dalla Generazione Z di metà anni ’90 alla Alpha dei nati dopo il 2010, sono molto attenti all’ambiente e all’economia circolare, tema che promuovo fra l’altro anche nel prossimo Summer Camp gratuito per le adolescenti nell’ambito di Obiettivo Effe (Empowerment al femminile per un futuro più equo). Infine, la socialità: gli swap party divertono e fanno nascere nuove amicizie tra chi condivide la stessa filosofia, cosa che non succede andando per negozi».
Chi sono i fan dello swap
Serena Luglio, 45enne di Varese, ha barattato oggetti con le amiche fin da piccola – «ho avuto un’educazione anticonsumistica, potevo scegliere un solo regalo alla volta» – e negli anni, con lei, sono cresciuti anche gli scambi, fino all’idea di creare Swapush (@swapush). Oggi i suoi eventi sono richiestissimi, oltre che una forma di shopping con un imperativo verde: nulla deve andare in discarica. «Il 20 aprile ne organizziamo uno molto grande a Torino, per festeggiare la Giornata della Terra del 22» dice. Le swapper più fedeli, circa 300 in varie città, si adoperano anche per immagazzinare e distribuire i capi scambiati sulla app, ottimizzando il numero di spedizioni. Il loro identikit? «Persone di ogni età e filosofia, da chi cerca risparmio e circolarità a chi va senza vergogna a caccia dell’affare, correndo come una furia quando iniziano i party» ride Serena. «Sono momenti di divertimento. Ne ho fatti anche in outlet come Vicolungo e organizzati a tema libri, piante o accessori per lo sport. Li stiamo proponendo inoltre alle grandi aziende, che dal 2023 devono avere un bilancio di sostenibilità e compiere azioni green. Che, a loro volta, hanno altri effetti positivi: l’engagement e il contatto tra dipendenti che, avendo ruoli diversi, non si conoscono».
Lezioni di yoga in cambio di corsi di inglese
C’è chi ha praticato anche lo scambio di competenze. «Ho vissuto molto all’estero e ho spesso trovato persone che, per risparmiare, mi hanno chiesto lezioni di yoga in cambio di altro: massaggi, pedicure o manicure. Io stessa l’ho proposto su Facebook a un mio contatto, vedendo che aveva messo in vendita un piccolo elettrodomestico che mi serviva» racconta Laura Stefani, insegnante di yoga. «Produce una soddisfazione profonda, che va oltre la gratificazione di non spendere. Dare e ricevere qualcosa senza toccare il denaro è liberatorio: hai la sensazione di poter vivere ed essere autosufficiente a prescindere dai soldi». Del resto, il baratto è pratica antica. «L’hanno studiata da antropologi come il sociologo francese Marcel Mauss che, nella prima metà del ’900, analizzò la pratica in una comunità delle Isole Trobriand, in Papua Nuova Guinea» conclude Emanuela Rinaldi. Si barattavano collane di conchiglie rosse e braccialetti di conchiglie bianche: le prime potevano essere scambiate solo con i secondi, e viceversa, creando una rotazione continua e restando a ogni persona solo per un periodo limitato di tempo. L’anima tribale dell’economia circolare.