Superare un tumore al seno è già difficile. Spesso, anche una volta guarite, rimangono i segni della malattia, sia fisici che psicologici e altrettanto spesso i primi rappresentano un ostacolo anche per il benessere mentale delle donne che hanno superato una prova così importante. Ma ad aiutarle possono essere i tatuaggi medicali: consistono in una ripigmentazione della pelle che permette di ritrovare il suo colore originale. Pressoché ovunque sono a totale discrezione e a carico delle pazienti, che si rivolgono a centri privati. Dalla Regione Lazio, però, è arrivata un’iniziativa accolta con entusiasmo: un fondo speciale pensato per le donne che hanno subito una mastectomia e che vogliono coprirne i segni.
Cos’è il tatuaggio medicale
«È un tatuaggio del tutto analogo a quelli comuni, eseguiti a scopi artistici ed estetici sul corpo. La vera differenza è che richiede pigmentazioni e attenzioni particolari, dato che nella maggior parte dei casi è richiesto da donne che hanno seguito cure oncologiche o trattamenti che possono aver provocato effetti collaterali sulla pelle» spiega Bettina Minaldo, dermopigmentatrice esperta del Centro Sant’Agostino di Milano. Sono generalmente di tre tipi: a scopo correttivo, per esempio su cicatrici, vitiligine o altre macchie della pelle; medicale, per ricostruire l’areola e il capezzolo nei casi di tumore alla mammella che abbiano danneggiato questa parte del seno, come nelle mastectomie; tricologici, quando invece si effettuano sul cuoio capelluto, nei casi in cui si siano persi i capelli in seguito a una patologia.
Che inchiostri si usano?
«Premesso che in Italia le norme sui pigmenti utilizzati nei tatuaggi, di ogni tipo, sono tra le più severe d’Europa, l’inchiostro che viene utilizzato per i tatuaggi medicali è differente: è semipermanente e non permanente, perché ha un peso molecolare diverso, impiega molecole più leggere e con gli anni svanisce all’80% – spiega l’esperta – Tutti i pigmenti, comunque, sono approvati dall’Istituto Superiore di Sanità e dall’Arpav di Torino, che è l’ente incaricato per il controllo».
Chi li effettua
Uno dei limiti della norma che regola questo settore in Italia è che non esiste una figura specifica per il tatuatore: «Non c’è un Albo, che invece sarebbe necessario e che noi professionisti chiediamo da tempo, insieme all’istituzione di un corso di studi universitario che formi esperti dermopigmentatori: per poter lavorare correttamente, infatti, occorrono conoscenze specifiche dei pigmenti e della pelle, tanto che si collabora con i medici dermatologi» spiega Minaldo, che ha conseguito un master di dermopigmentazione tricologica all’Institute of Elena Pavlova a San Pietroburgo, un master di dermopigmentazione medicale e senologia al CRO di Aviano e collabora, tra gli altri, con l’ospedale di Pordenone. Per poter procedere con un tatuaggio medicale in genere viene richiesta la certificazione di un dermatologo per evitare, ad esempio, di coprire una vitiligine ancora attiva e che può progredire, oppure di un oncologo per poter intervenire solo quando i cicli di chemioterapia siano terminati.
Chi chiede i tatuaggi medicali
Le richieste stanno aumentando anche perché cresce la sensibilità nei confronti del benessere personale, soprattutto psicologico in chi ha avuto un tumore, in particolare al seno, che comporta in alcuni casi la ricerca di un nuovo equilibrio, specie dopo interventi di mastectomia. «Le pazienti oncologiche sono sicuramente le più numerose e gli interventi più richiesti riguardano la ricostruzione, pigmentata, della zona dell’areola e del capezzolo. Ma sono richiesti tatuaggi anche in chi soffre di vitiligine, per ricreare la texture naturale nelle macchie lasciate da questa patologia – spiega Minaldo – In genere si tratta di persone con un’età media tra i 45 e i 60 anni. Ci sono comunque anche uomini che chiedono i tatuaggi medicali, specie in caso di interventi al capezzolo per difetti congeniti».
Quanto costano e chi li paga
Un tatuaggio medicale non richiede in genere sedute lunghe, ma molto dipende dal tipo di intervento e dalla superficie che si deve andare a ripigmentare: «Solitamente è un procedimento veloce, richiede un’ora/un’ora e un quarto, ma dipende anche dall’estensione del tatuaggio e dal tipo di pelle, che può avere sfumature molto diverse tra loro. Il costo in media può variare da 150 a 250 euro a seduta» spiega la dermopigmentatrice.
L’iniziativa del Lazio: fondi per i tatuaggi medicali
Proprio per aiutare anche economicamente chi ha bisogno di un tatuaggio medicale la Regione Lazio ha approvato un finanziamento speciale, pensato per le donne che hanno avuto un tumore al seno e in particolare per chi ha subito una mastectomia. Grazie alla collaborazione con le associazioni vicine alle donne malate oncologiche è stata messa a punto una legge regionale in 12 articoli che copre le lacune del settore. «Al fine di sostenere le donne che si sono sottoposte ad intervento di asportazione e ricostruzione dell’areola mammaria e di alleviarne il disagio psicologico – si legge nell’articolo 9 – la Giunta regionale disciplina, con deliberazione, i requisiti e i criteri di priorità per l’accesso a contributi per consentire i tatuaggi per la correzione di difetti della cute in detta area, nonché i requisiti per realizzare tali tatuaggi, secondo la normativa vigente». «Molte donne possono ricorrere alla ricostruzione del seno dopo l’intervento di asportazione parziale o totale, ma per molte altre questa non è una strada percorribile, per diverse ragioni. E’ per loro che abbiamo pensato questa norma. Vogliamo dare loro la possibilità di avere un tatuaggio medicale ed estetico, alcuni dei quali sono molto estesi, ma molto belli» spiega la consigliera regionale Sara Battisti. Al momento sono stati decisi fondi per 180mila euro all’anno per tre anni (2021-2023) per i tatuaggi medicali per le donne che hanno subito mastectomia e 50mila euro all’anno per le campagne di comunicazione.
«È senz’altro un’iniziativa valida, che andrebbe estesa a livello nazionale, perché manca una regolamentazione uguale in tutto il territorio e sono pochi i progetti simili. Tra questi ci sono gli esempi di Veneto e Friuli Venezia Giulia, dove i tatuaggi medicali hanno ottenuto il riconoscimento di Lea, i livelli elementari di assistenza sanitaria, per le pazienti oncologiche, pur trattandosi di interventi estetici e non prettamente sanitari» conclude Minaldo.