Non si è ancora arrivati a un “sì” o a un “no” sulla Tav, l’infrastruttura più contestata e ingarbugliata dell’ultimo trentennio. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha rilanciato la palla, proponendo di ridiscutere il tutto con la Francia e l’Unione Europea. Nel frattempo spunta l’ipotesi di una “mini TAV”, variante del progetto – pare – appoggiata dalla Lega. Insomma, mentre si continua a dibattere sull’analisi costi-benefici dell’alta velocità ferroviaria Torino-Lione, noi non possiamo far altro che cercare di capire meglio, ricapitolando i punti chiave del progetto.

Cos’è e quando è nata

L’oggetto del contendere è il nuovo tratto ferroviario, per merci e passeggeri, ta Torino e Lione, attraverso il confine tra Italia e Francia. Si tratta di un tracciato che potrebbe far transitare treni passeggeri alla velocità massima di 220 km/h e treni merci a 120 km/h. Per i treni merci varrebbe soprattutto un altro fattore, oltre alla velocità: il nuovo tracciato sotto le Alpi sarebbe nettamente meno pendente rispetto all’attuale, rendendo più agevole ed economico il transito di lunghi e pensanti treni container.

L’idea ha visto la luce nei primi anni ’90, con la costituzione del comitato promotore dell’alta velocità sull’asse Trieste-Torino-Lione, i primi accordi tra i due Paesi e il sostegno ufficiale dell’Unione europea (arrivato nel 1994). Nel 2001 la prima proposta concreta di tracciato, nel 2012 l’accordo Italia-Francia con il progetto di cui si discute ancora oggi.

Dove passa il tunnel

Il cuore dell’infrastruttura è la sezione cosiddetta “transfrontaliera”, 65 chilometri a cavallo del confine Italia-Francia, per circa il 90% sotto terra e di competenza della società Telt (Tunnel Euralpin Lyon Turin, 50% francese e 50% di proprietà di Ferrovie dello Stato). L’elemento principale è il nuovo tunnel di base del Moncenisio, un tunnel a doppia canna lungo 57,5 km. All’esterno, le due stazioni di Saint-Jean de Maurienne in Francia e Susa/Bussoleno in Italia.

Quanto costa e chi la paga

Addentrarsi nel labirinto del costo complessivo della Torino-Lione è sconsigliabile: si rischia di perdersi tra stime dei “sì-Tav”, e controstime dei “no-Tav”, dei governi, dell’Unione europea. Concentriamoci sulla tratta centrale, la “sezione transfrontaliera”, appunto. Dovrebbe avere un costo di 8,6 miliardi di euro (stimato nell’accordo Francia-Italia del 2012).

L’Unione europea dovrebbe coprire il 40% di questa spesa, bloccando l’impegno finanziario della sola Italia a circa 2,9 miliardi, il 35% del totale. Attenzione: nel 2017 il Comitato interministeriale per la programmazione economica ha rivisto le cifre al rialzo, considerando costo delle materie prime e inflazione: si sale a 9,6 miliardi totali, 3,3 miliardi per l’Italia. La verità è una sola: il costo reale si saprà solo alla fine, a opera ultimata (se mai verrà ultimata).

Le proteste

Il vento del “no” alla Tav ha iniziato a soffiare da subito, giù dalle valli del Piemonte occidentale. La prima grande manifestazione contro l’opera risale al giugno 1995. Poi il clima si è scaldato parecchio quando, nei primi anni 2000, si ipotizzò il progetto di un tunnel a Venaus, in provincia di Torino. L’amianto nelle rocce mise in allarme la popolazione locale. L’allora governo Berlusconi tentò di avviare il cantiere, ma il movimento di opposizione No Tav si rafforzò.

Si giunse al dicembre 2005, quando 30mila persone manifestarono contro i lavori e si scagliarono contro il cantiere di Venaus, scontrandosi con polizia e carabinieri in tenuta antisommossa. I lavori si bloccarono. Altri scontri e violenze nel 2011, a Chimonte, in Val di Susa, che portarono a processo ben 47 manifestanti. E nel 2015, quando gli attivisti No Tav attaccarono ancora, sempre a Chiomonte. Quegli scontri si conclusero con un poliziotto ferito e condanne a 3 anni e sei mesi di carcere per sei manifestanti.

Come siamo messi oggi

Le forze di maggioranza del governo sono divise, ma intanto le frese macinano roccia e, secondo Telt, a dicembre 2018 il 15% dell’intera opera di scavo era compiuto. 25 chilometri di tunnel principale più quattro gallerie di emergenza. 530 persone lavorano nei cantieri, altre 250 circa ai servizi e alla parte ingegneristica. Però ora bisogna procedere, e in fretta, con lo scavo del tunnel di base sotto le montagne. Entro l’11 marzo bisogna giocoforza prendere una decisione, per permettere a Telt di pubblicare i bandi di gara necessari a procedere con i lavori. Altrimenti si perderebbero circa 300 degli 813 milioni di contributi europei previsti.

Nel frattempo è spuntato un aggiornamento all’analisi costi-benefici che aveva bocciato l’opera: uno stralcio del conteggio, che terrebbe conto dei soli costi sostenuti dall’Italia e non del costo complessivo. Sarebbe comunque negativo, questo saldo. Ed ecco l’ipotesi di una “mini Tav”, un tracciato rivisto in parte. Non si toccherebbe il tunnel, ma la tratta italiana in superficie da Avigliana fino allo scalo merci di Orbassano, eliminandola e procedendo dritti verso Torino. Cosa che, però, scontenterebbe il governatore del Piemonte Sergio Chiamparino e la Torino industriale favorevole alla Tav.

Il vero problema resta politico: da un lato c’è il Movimento 5 Stelle, il quale non vuole rinunciare a quel “no” all’opera che sposa da sempre; dall’altro la Lega (come anche il PD), favorevole al compromesso e a un referendum sulla Tav per giungere a una decisione definitiva.