Venerdì 26 luglio una lettera partita dal ministero dei Trasporti conferma all’Unione Europea la volontà dell’Italia di portare a termine la costruzione della Tav, l’alta velocità Torino-Lione. Ma nella missiva manca la firma del ministro delle Infrastrutture dei Cinque Stelle Danilo Toninelli, che continua a dirsi contrario alla Tav, a differenza di Matteo Salvini e dello stesso Premier Giuseppe Conte.
Alla fine, insomma, la decisione è stata scaricata sul Parlamento. Con un voto in Senato, i primi di agosto, sulla mozione del Movimento 5 Stelle, da sempre contro. E con un “sì” quasi scontato a procedere con i lavori, perché il solo “no” sicuro è quello dei pentastellati. Una strada che libera il governo da un problema: quello dello scontro politico interno alla maggioranza sulla Tav. Perché il M5S non la vuole, e lo ha riconfermato. Mentre la Lega, alleata sempre più scomoda, è per il sì all’opera più contestata dell’ultimo trentennio.
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte è stato chiaro: «Alla luce dei nuovi finanziamenti comunitari, non realizzare il Tav costerebbe molto di più che completarlo. E dico questo pensando all’interesse nazionale, che è l’unica ed esclusiva stella polare che guida questo Governo». Il riferimento è alla disponibilità dell’Europa a metterci più soldi di quanto previsto. Così, l’ok ufficiale è già partito, ma il voto parlamentare permetterà (forse) al M5S di salvare la faccia palesando un “no” che, verosimilmente, non avrà effetti concreti.
Intanto, in Valle di Susa sono tornati ad agitarsi gli animi dei No Tav. Sabato una marcia di protesta è sfociata in violenza quando alcuni manifestanti hanno sfondato le barriere del cantiere a Chiomonte, costringendo la forze dell’ordine a rispondere con i lacrimogeni. Gli scontri nelle stradine attorno al cantiere e nei boschi, poi le denunce: 46 i manifestati identificati, molti di loro orbitano attorno a un centro sociale torinese, il “Askatasun”.
Mentre una debole luce si intravede in fondo al tunnel di questo travagliatissimo progetto, conviene ricapitolare qualche dettaglio dell’opera. Soprattutto alla luce dei nuovi finanziamenti comunitari, più generosi dei precedenti.
Cos’è la Tav e quando è nata
L’oggetto del contendere è il nuovo tratto ferroviario, per merci e passeggeri, tra Torino e Lione, attraverso il confine tra Italia e Francia. Si tratta di un tracciato che potrebbe far transitare treni passeggeri alla velocità massima di 220 km/h e treni merci a 120 km/h. Per i treni merci varrebbe soprattutto un altro fattore, oltre alla velocità: il nuovo tracciato sotto le Alpi sarebbe nettamente meno pendente rispetto all’attuale, rendendo più agevole ed economico il transito di lunghi e pesanti treni container.
L’idea ha visto la luce nei primi anni ’90, con la costituzione del comitato promotore dell’alta velocità sull’asse Trieste-Torino-Lione, i primi accordi tra i due Paesi e il sostegno ufficiale dell’Unione europea (arrivato nel 1994). Nel 2001 la prima proposta concreta di tracciato, nel 2012 l’accordo Italia-Francia con il progetto di cui si discute ancora oggi.
Dove passa il tunnel
Il cuore dell’infrastruttura è la sezione cosiddetta “transfrontaliera”, 65 chilometri a cavallo del confine Italia-Francia, per circa il 90% sotto terra e di competenza della società Telt (Tunnel Euralpin Lyon Turin, 50% francese e 50% di proprietà di Ferrovie dello Stato). L’elemento principale è il nuovo tunnel di base del Moncenisio, un tunnel a doppia canna lungo 57,5 km. All’esterno, le due stazioni di Saint-Jean de Maurienne in Francia e Susa/Bussoleno in Italia.
Quanto costa e chi la paga
Addentrarsi nel labirinto del costo complessivo della Torino-Lione è sconsigliabile: si rischia di perdersi tra stime dei “sì-Tav”, e controstime dei “no-Tav”, dei governi, dell’Unione europea. Concentriamoci sulla tratta centrale, la “sezione transfrontaliera”, appunto. Dovrebbe avere un costo di 8,6 miliardi di euro (stimato nell’accordo Francia-Italia del 2012).
L’Unione europea avrebbe dovuto inizialmente coprire il 40% di questa spesa, ma è proprio qui che l’Europa ha allargato le maniche, con la promessa di aumentare al 55% il finanziamento complessivo dell’opera e di arrivare al 50% di quello sulla tratta in territorio italiano. Soprattutto per questo, venerdì scorso è partito dal governo il “sì” ufficiale, indirizzato alla Agenzia esecutiva per l’innovazione e le reti della Commissione europea. C’è il placet della segreteria di Palazzo Chigi, ma su quella lettera non c’è la firma del ministro dei trasporti Danilo Toninelli, contrario all’opera. Ci sarà, invece, il passaggio parlamentare già spiegato sopra.
Le proteste
Quella lettera ha dato di nuovo il via alle proteste, ed è solo l’ultimo atto. Il vento del “no” alla Tav ha iniziato a soffiare da subito, giù dalle valli del Piemonte occidentale. La prima grande manifestazione contro l’opera risale al giugno 1995. Poi il clima si è scaldato parecchio quando, nei primi anni 2000, si ipotizzò il progetto di un tunnel a Venaus, in provincia di Torino. L’amianto nelle rocce mise in allarme la popolazione locale. L’allora governo Berlusconi tentò di avviare il cantiere, ma il movimento di opposizione No Tav si rafforzò.
Si giunse al dicembre 2005, quando 30mila persone manifestarono contro i lavori e si scagliarono contro il cantiere di Venaus, scontrandosi con polizia e carabinieri in tenuta antisommossa. I lavori si bloccarono. Altri scontri e violenze nel 2011, a Chiomonte, in Val di Susa, che portarono a processo ben 47 manifestanti. E nel 2015, quando gli attivisti No Tav attaccarono ancora, sempre a Chiomonte. Quegli scontri si conclusero con un poliziotto ferito e condanne a 3 anni e sei mesi di carcere per sei manifestanti.
Apertura dei bandi
Mentre le ruspe che operano sulle gallerie di contorno non si sono mai davvero fermate, adesso si entra nella fase concreta di apertura dei bandi: entro settembre ci sarà la gara vera per la realizzazione del tunnel sui lati francese e italiano. Sempre a fine estate si chiuderà la finestra per le candidature, poi selezione – entro fine anno – delle aziende che dovranno fare i lavori sul suolo italiano. Sperando di non vivere, nel frattempo, altri episodi di violenza.