«Il momento peggiore era la notte. Di giorno mi sentivo sempre sbagliato, difettoso, con le parole taglienti dello psicologo che mi risuonavano nella testa. Con il buio, poi, quel ronzio di sottofondo si trasformava in un urlo straziante e mi rimbombava nel cuore. Rimanevo sveglio per ore, solo la luce del mattino riusciva ad attenuare l’angoscia».
L’outing e la risposta dei genitori
Alessio si tortura le dita mentre ricorda. Aveva confessato ai genitori che a lui le ragazze non piacevano e «loro erano corsi ai ripari mandandomi da uno specialista». Da quelle notti sono passati 2 anni e oggi che ne ha 24 prova a lasciarsi tutto alle spalle. All’inizio mi aveva chiesto di usare un nome di fantasia, ma qualche giorno dopo mi ha richiamato: «Scriviamo quello vero, però senza il cognome: non sono ancora pronto. Sono rimasto per tanto tempo nascosto, emarginato. Ora voglio raccontare la verità per aiutare chi si trova nella mia situazione».
Cosa sono le terapie di conversione
La situazione a cui si riferisce Alessio sono le terapie di “conversione” o “riparazione” che mirano a cambiare l’identità di genere o l’orientamento sessuale di una persona. Secondo la Società Italiana di Andrologia, un omosessuale su 10 le subisce. Nel nostro Paese. Nel 2022. È l’altro lato, quello oscuro, nascosto, delle affollate e colorate celebrazioni per il mese del Pride.
Terapie di conversione: in Italia ancora praticate
Nate in America tra la fine dell’800 e gli inizi del ’900, quando la psicanalisi muoveva i primi passi, le terapie di conversione sono state bandite dalle Nazioni Unite e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2015 e molti Paesi, dal Canada alla Francia, hanno approvato norme che puniscono chi le pratica. Ma non l’Italia. Nel 2016 l’ex senatore Sergio Lo Giudice ha presentato un disegno di legge che si è perso nei meandri del Parlamento ed è stato dimenticato. O quasi. «Nel 2021 abbiamo lanciato una raccolta firme e siamo arrivati a 19.000 partecipanti, quindi abbiamo presentato una lettera al governo per riprendere quel testo» spiega Gianmarco Capogna, portavoce del movimento politico Possibile LGBTI+. «Da allora ci sono arrivate tante testimonianze di ragazzi coinvolti in fantomatici percorsi di correzione presso associazioni o istituti religiosi. Sono soprattutto maschi minorenni che vivono in provincia, spesso al Sud. Di solito le famiglie sono travolte dal loro coming out, non hanno gli strumenti per capirlo e quindi cercano di ripristinare quella che considerano la “normalità” ancora troppo incentrata sull’identità eterosessuale, che per i ragazzi si lega a quella del maschio virile».
La storia di Alessio: «Un lavaggio del cervello»
È successo anche ad Alessio. «I miei sono molto all’antica. Si sono trasferiti dalla Calabria al Nord quando io avevo 5 anni. Papà è un gran lavoratore, mamma fa la casalinga e vivono quasi isolati dal mondo. Io sono sempre stato “quello strano”: studiavo musica e arte, sognavo di trasferirmi in Asia, mentre loro mi davano regole ferree e mi mandavano a messa la domenica. Perciò, all’inizio, ho tenuto ben nascosti i miei pensieri sull’amore. Ma pochi giorni prima dell’esame di maturità mi sono confidato. Sono rimasti impietriti per ore, poi mi hanno detto che l’omosessualità era peggio di una malattia. E un mese dopo, mentre i miei amici festeggiavano il diploma a Ibiza, io ho iniziato il percorso di conversione con un terapeuta consigliato a mio padre da un conoscente della parrocchia». Alessio si ferma, rimane a lungo in silenzio, come sopraffatto dal ricordo di quel dolore. «Facevo una seduta alla settimana, in un appartamento, non ho mai capito se questo terapeuta fosse davvero uno psicologo. Scandagliava episodi della mia vita che, secondo lui, avevano deviato la mia identità etero. Diceva che essere gay mi causava solo sofferenze. Mi dava anche dei libri da leggere e mi spronava a corteggiare le ragazze. Più passava il tempo, più queste sedute mi sembravano un lavaggio del cervello: le sue frasi erano ossessive e io provavo vergogna per me stesso».
Le conseguenze delle terapie di conversione
L’espressione “lavaggio del cervello” ricorre spesso nelle testimonianze di chi ha subìto queste terapie: in passato si usava anche l’elettroshock, oggi si tratta soprattutto di trattamenti psicologici. Ma gli effetti sono devastanti. «Sono vere e proprie violenze, che emarginano chi le subisce. Le conseguenze? Depressione e anche istinti suicidi» sottolinea il dottor Michele Rizzo, andrologo alla Clinica dell’Università degli studi di Trieste e tesoriere della Società Italiana di Andrologia. «La società ha compiuto enormi passi avanti, è vero, ma il problema è più diffuso di quello che pensiamo».
Le associazioni che praticano le terapie di conversione
No, non sono cose che succedono solo nei film, come Boy erased, con Nicole Kidman e Russel Crowe, che ha fatto molto discutere quando è uscito nel 2018. Né accadono solo negli Usa, come mostra il documentario Pray Away, ora su Netflix, che racconta la storia di Exodus International, organizzazione cristiana americana impegnata a “liberare” le persone dall’omosessualità. L’ente statunitense ha chiuso nel 2013, dopo 30 anni di attività, chiedendo scusa «per tutto il dolore arrecato». Ma ce ne sono molti altri che continuano a proporre «percorsi di sostegno e guarigione», come l’americano Desert Stream e l’associazione internazionale Courage. Che, alla richiesta di un’intervista, ha risposto con una mail. «L’associazione offre soltanto un percorso spirituale per le persone che hanno attrazione verso lo stesso sesso, incoraggiandoli a vivere una vita di fede in linea con la proposta affettiva e antropologica che la Chiesa cattolica offre a tutti» scrive il responsabile italiano Alberto Corteggiani. «Non prevediamo nessun tipo di terapia, ma soltanto un’assistenza spirituale per mezzo della preghiera e dei sacramenti».
Il coach che aiuta a “sviluppare l’identità sessuale”
Accetta invece di raccontare la sua storia Luca Di Tolve, che da anni porta avanti un progetto di “sviluppo dell’identità sessuale” (www.lucaditolve.com). «L’ho vissuto sulla mia pelle: sono stato a lungo gay, ma poi ho capito che in quella condizione non mi sentivo bene e ho seguito il percorso americano Living Waters. Oggi sono un marito e un padre e sono diventato io stesso coach. Propongo un percorso di una settimana a persone che non si accettano. Partecipano soprattutto uomini tra i 20 e i 30 anni. Iniziamo con uno psicologo, che li aiuta a far emergere la mascolinità e a lavorare sull’autostima. Poi proseguiamo con dei gruppi di auto-aiuto, in cui ognuno si confronta con gli altri e trova una strada per sentirsi in sintonia con se stesso e con l’altro sesso». I corsi si svolgono in Italia e a Medjugorje, costano circa 300 euro e quando faccio notare che in diversi Stati le terapie di conversione sono vietate e anche da noi l’Ordine degli psicologi le ha condannate, Di Tolve risponde: «Non vogliamo convincere nessuno, chi viene lo fa di sua spontanea volontà per curare le ferite profonde del cuore. Poi, infatti, c’è chi torna omosessuale: noi sottolineiamo che per la Chiesa è un peccato, ma se è una sua scelta non possiamo fare nulla. La maggior parte dei partecipanti risolve i suoi turbamenti e riesce a far riaffiorare l’eterosessualità latente».
Terapie di conversione: le vittime non denunciano
Ma l’omosessualità non è un peccato né qualcosa da cui guarire, come ribadiscono tutte le società mediche e scientifiche. Ecco perché il fenomeno delle terapie di conversione non va sottovalutato. «Ora siamo in un limbo» nota Gianmarco Capogna del movimento politico Possibile LGBTI+. «Magari non assistiamo più a situazioni eclatanti, a ragazzini sottoposti a esorcismi o a terapie shock, ma di sicuro c’è un mondo dove il confine tra lecito e illecito è molto sottile. Le vittime non denunciano per vergogna e, senza un atto formale, anche l’Ordine degli psicologi non può radiare un suo iscritto. Serve presto una legge efficace». Più che giustizia, Alessio cerca tranquillità. «Non sono il tipo da battaglie politiche, voglio solo trovare il mio posto nel mondo. Ho lasciato il paesino dove vivevo con mamma e papà e mi sono trasferito a Milano. Faccio tre lavori diversi per mettere da parte i soldi e realizzare il sogno di andare in Asia. Ora mi sento accolto e capito, ho imparato ad accettarmi e a circondarmi di persone che amano il vero Alessio. I miei? L’ultima volta li ho sentiti a Natale, mi hanno accennato che magari qualche volta potremmo pranzare insieme. Ma io non sono cambiato. Loro saranno pronti a volermi bene così?».
1969
Il 28 giugno la polizia fa irruzione allo Stonewall Inn, locale di New York frequentato da omosessuali. Seguono
tre giorni di proteste, entrate nei libri di storia come “Moti di Stonewall” e considerate l’inizio del movimento LGBT+. Oggi il bar è un monumento nazionale.
1990
L’Organizzazione mondiale della Sanità elimina l’omosessualità dalla classificazione internazionale delle malattie.
2015
Le Nazioni Unite vietano le terapie di conversione, definendole «trattamenti indegni». Nel 2018 lo fa anche l’Unione Europea.